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venerdì, Aprile 26, 2024

La soia.

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venerdì, Aprile 26, 2024

La soia è un legume che soltanto da pochi anni è arrivato sulle nostro tavole ma che è estremamente popolare nei paesi dell’estremo Oriente. Latte, tofu e salse varie da specialità esotiche sono diventate in breve alimenti comuni e apprezzati, dalle proprietà nutritive interessanti, soprattutto per l’importante apporto proteico, con benefici per la salute legati a un consumo moderato e costante, grazie all’elevato contenuto di fitoestrogeni.

La domesticazione della soia, Glycine max, è avvenuta in Cina oltre 6000 anni fa, probabilmente a partire da Glycine soja, un legume selvatico originario del sudest del paese. Il successo deve essere stato notevole perché tra il 5000 e il 3000 A.C. la troviamo in Giappone, e intorno al 1000 A.C. in Corea, a completare la conquista di quei paesi dell’estremo oriente dove ancor oggi è uno degli alimenti più consumati, non soltanto in maniera diretta, ma anche e soprattutto sotto forma di derivati, dal latte al tofu a prodotti fermentati come tempeh e miso.

Le proprietà nutritive della soia

Partiamo dai fagioli di soia secchi: l’apporto calorico, per 100 grammi, è di 440 kcal. Le proteine, circa 36 grammi, sono decisamente migliori rispetto a quelle di altri alimenti vegetali, contengono tutti gli aminoacidi essenziali, sono ben digerite e assorbite in maniera efficiente. I carboidrati sono una trentina di grammi, in parte amido, in larga parte oligosaccaridi, soprattutto stachiosio, poco digeribili per noi umani ma alimento prelibato per molte delle specie che costituiscono il microbiota intestinale. Abbondanti anche i grassi, circa 20 grammi, con netto predominio di mono- e polinsaturi e un buon apporto di acidi grassi omega-3. Elevata la presenza di vitamine del gruppo B, di vitamina K e colina, apprezzabile la presenza di ferro — ben assorbito, secondo studi recenti — fosforo, magnesio, zinco, potassio e calcio.

Le percentuali dei vari nutrienti variano ovviamente nei diversi prodotti derivati, in funzione della lavorazione che può concentrare o diluire i vari componenti, modificandone le quantità presenti, la biodisponibilità e la digeribilità.

Il latte di soia si ottiene da fagioli tenuti a lungo in ammollo, macinati e filtrati. L’apporto calorico per 100 g è di circa 30 kcal, con 3 grammi proteine, due di grassi e un grammo circa per i carboidrati.

Il tofu si ottiene dal latte di soglia fatto cagliare per aggiunta di sali — tipico il nigari giapponese, ottenuto dall’acqua di mare — di aceto o di succo di limone: in una ventina di minuti si ottiene un caglio di consistenza gelatinosa ma soda, un poco più denso di un budino. Per  100 g di tofu fresco l’apporto calorico è di circa 80 kcal, con 8 g di proteine, 4 g di grassi e 2 g di carboidrati.

Altri derivati della soia molto popolari in oriente sono il tempeh, originario dell’Indonesia, che si ottiene da fagioli spezzati e fermentati con il fungo Rhizopus oligosporus, uno dei pochi prodotti vegetali in cui si trovano piccole quantità di vitamina B12 grazie all’azione dei fermenti, e il miso, altra pasta fermentata e salata, ottenuta grazie all’azione del lievito Aspergillus oryzae su una miscela di soia, riso e orzo: si tratta di un alimento che oltre ai lieviti contiene anche lattobacilli e altri microorganismi, una sorta di yogurt il cui colore, consistenza e sapore dipendono in larga misura dai materiali di partenza, più chiaro e zuccherino quando si ottiene da soia pura, poco fermentata.

Molto particolare il natto, prodotto dalla fermentazione di varietà selezionate di soia con Bacillus subtilis, a 40 °C per 24 ore: la miscela viene poi refrigerata per circa una settimana, in modo da acquisire una consistenza filamentosa. Si tratta di un prodotto molto particolare, con odore e sapore molto forti e una consistenza viscida e collosa.

La salsa di soia può essere ottenuta dai soli fagioli di soia, e viene chiamata tamari, a da una miscela di soia e cerali tostati, grano o orzo, e in questo caso si chiama shoyu: il tutto fermentato con Aspergillus oryzae per 2-3 giorni e lasciato quindi a invecchiare fino a due anni in botti di cedro. Da questo materiale, per filtrazione e pastorizzazione, si ottiene la salsa che può poi essere addizionata con glutammato o caramello. La salsa di soia che troviamo in vendita in occidente è invece prodotta dall’idrolizzazione di pannelli di soia, residuo di altre lavorazioni, con acido cloridrico: si ottiene una miscela che viene trattata con carbonato di sodio e addizionata di caramello e sciroppo di mais, al fine di dare il colore e il sapore desiderati.

Il tofu si ottiene facendo cagliare il latte di soia con l’aggiunta di prodotti diversi, limone, aceto o nigari ottenuto dall’acqua di mare.

Soia e salute: benefici e controindicazioni

La soia è molto ricca di un particolare gruppo di polifenoli, isoflavonoidi per la precisione, chiamati isoflavoni. I tre più abbondanti sono genisteinadaidzedina e gliciteina, che nel seme si trovano si trovano legati ad una molecola di glucosio—che ne rende possibile il trasporto e l’accumulo—a formare i corrispondenti glicosidi, genistinadaidzina e glicitina. La quantità di isoflavoni presenti è legata alla quantità di proteine, 3,5 milligrammi di isoflavoni per grammo di proteine, ma può variare notevolmente a seconda della lavorazione del prodotto.

L’assorbimento degli isoflavoni è più rapido, e probabilmente maggiore, quando lo zucchero viene staccato, come avviene nei derivati fermentati, alcuni tipi di tofu, tempeh e miso; è più lento, e probabilmente minore, quando sono presenti in forma di glicosidi, come avviene nei semi e nel latte. In questo caso, i glicosidi sono in parte scissi nelle loro componenti per azione di enzimi presenti nell’intestino tenue e in larga parte metabolizzati dal microbiota intestinale presente nel colon, con formazione di una miriade di composti tra cui l’equolo, una sostanza che ha azione simile a quella degli ormoni estrogeni.

Gli isoflavoni sono in effetti considerati dei fitoestrogeni, degli analoghi naturali degli ormoni estrogeni, in grado di legarsi a entrambi i recettori degli estrogeni, ERα e ERβ, con un effetto cumulativo, legato ad un consumo costante, che è il prodotto di un gran numero di variabili; tipologia di prodotto consumato, lavorazione, metabolismo enzimatico e azione del microbiota intestinale possono infatti influire in maniera rilevante sull’effettiva concentrazione plasmatica raggiunta da questi fitocomposti.

Gli isoflavoni della soia legano i recettori ERβ con un’affinità che è una ventina di volte maggiore rispetto a quella per i recettori ERα ed effetti a livello cellulare che sono 500-800 volte maggiori. Si tratta di un dato di grande importanza perché i composti estrogeno-simili possono avere effetti opposti a seconda del recettore cui si legano: stimolano la proliferazione di cellule cancerose, specie nel seno, quando legano i recettori ERα, inibiscono la crescita di cellule tumorali quando, come nel caso degli isoflavoni della soia, si legano ai recettori ERβ, il che spiegherebbe l’effetto protettivo nei confronti di alcune forme tumorali, seno e prostata, osservato in un gran numero di studi epidemiologici, soprattutto in popolazioni asiatiche, in particolar modo quando il consumo di prodotti componenti soia inizia nell’infanzia e si mantiene costante per tutta la vita.

Qualche dubbio rimane per il consumo di soia in donne che hanno sofferto di forme di cancro sensibile agli ormoni, anche se molti dei risultati che indicano un possibile ruolo negativo del legume vengono da studi su animali, come il topo, che metabolizzano gli isoflavoni in maniera diversa, formando una maggior quantità di composti ad azione estrogenica, e da lavori su gruppi particolari di donne, a maggior rischio di tumore rispetto alla popolazione generale.

Una revisione dei dati disponibili non rileva alcuna associazione tra un elevato consumo di soia e un aumento del rischio nei confronti del tumore al seno mentre un’estesa analisi di dati sulla sopravvivenza di donne colpite da tumore al seno mostra che il consumo di soia è associato a una minore mortalità.

Nell’uomo il consumo di soia è stato associato ad una riduzione del rischio di cancro alla prostata, un effetto che pare particolarmente significativo nei soggetti che questo rischio lo presentano elevato.

La soia ha effetti positivi sul rischio cardiovascolare, può contribuire a ridurre colesterolo totale e LDL, trigliceridi e pressione sanguigna. Nella donna si è osservata una riduzione dei fastidi associati alla menopausa, molto poco frequenti nelle popolazioni asiatiche che fanno ampio uso del legume, con riduzione della perdita di densità ossea e un effetto preventivo nei confronti dell’osteoporosi grazie anche all’elevato contenuto di calcio e proteine, nutrienti assolutamente necessari per la salute delle ossa.

Non ci sono dati che indichino che un normale consumo di soia possa causare problemi a livello tiroideo o determinare una riduzione dei livelli di testosterone nel maschio, effetti spesso paventati ma osservati soltanto in rarissimi casi, per consumi assolutamente anomali e in presenza di gravi carenze nutrizionali.

Gli edamame sono baccelli di soia acerbi che vengono serviti interi, lessati o cotti al vapore. La parte da mangiare sono i fagioli teneri, mentre il baccello va scartato

La soia a tavola

Sono proprio le proprietà migliori della soia — l’abbondante presenza di proteine, grassi e fitocomposti — a renderla non particolarmente gradevole quando viene consumata in maniera diretta, in forma di fagiolo: è infatti necessaria una cottura molto lunga, fino a 9 ore per alcune varietà, e nonostante questi tempi biblici i fagioli rimangono comunque duri e friabili a causa della modesta presenza di amido; se proprio vi piacciono i fagioli è meglio consumarli prima che arrivino a completa maturazione, in forma di edamame.

Molto più diffusi i derivati della soia, il latte, che può anche essere utilizzato per ottenere yogurt, il tofu, il tempeh e il natto, o i vari condimenti che se ne ricavano, miso, tamari e salsa di soia.

Se si consumano fagioli di soia è necessario lasciarli a lungo in ammollo e quindi cucinarli bene, per ridurre il contenuto di antinutrienti presenti, in particolar modo fitati e inibitori della tripsina.

I semi possono essere fatti germogliare e i germogli di soia possono essere consumati quando hanno raggiunto una lunghezza di circa 10 cm, sia crudi, in insalata, sia cotti.

Dalla soia si ottiene una farina priva di glutine e molto ricca di grassi, da conservare in frigo per impedirne l’irrancidimento, utilizzata soprattutto per addensare salse o preparare, aggiunta in piccole quantità a farina di cereali, torte e biscotti.

Il latte di soia può essere impiegato come sostituto del latte vaccino, sempre tenendo conto del caratteristico gusto, sia in maniera diretta, sia per preparare budini, gelati, sorbetti e yogurt.

Il tofu ha invece un sapore neutro e quindi ha impieghi molto vari. Il tofu fresco si spalma facilmente e può andare a sostituire formaggi freschi e ricotta, mentre il tofu secco può essere cotto, brasato o grigliato. Il tofu è ampiamente utilizzato per produrre tutta una serie di preparati — hamburger, polpette e crocchette — dal buon apporto proteico, particolarmente apprezzati da vegetariani e vegani. Il tempeh può essere utilizzato come il tofu, ma ha un sapore molto più deciso che non tutti gradiscono. Entrambe i prodotti si sposano molto bene con salse e marinate di ogni tipo.

Il miso è utilizzato come ingrediente in un gran numero di preparazioni, minestre, brodi, insaltate, piatti di pesce e carne, dove va a sostituire il sale. In Giappone la zuppa di miso, preparata utilizzando anche tofu e alga kombu, è molto apprezzata a colazione, assieme a riso e prugne.

Anche la salsa di soia può andare a sostituire il sale in molte ricette, può essere utilizzata per marinate e pinzimoni, per insaporire il tofu, e, assieme a spezie e verdure, è utilizzata per produrre diverse salse tra le quali la popolarissima teriyaki.

Dott. Febo Quercia- Biologo Nutrizionista

Per info e contatti: cell. 347.5706003

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