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domenica, Maggio 26, 2024
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Il turismo dentale transfrontaliero ha raggiunto livelli preoccupanti.

BARI – L’associazione AndiamoinOrdine, conta oltre 200 odontoiatri in Puglia, ha lanciato un allarme riconducibile ad un fenomeno sociale e alle sue conseguenze sulla salute umana: il turismo dentale transfrontaliero.

Nella classifica internazionale, l’Italia è tra i 10 Paesi con i migliori esperti in terapie parodontali che da qualche anno si vedono surclassati dai colleghi transfrontalieri.  

Una recente indagine de IlSole24ore stima che circa 200mila italiani si recano in quel Paese ogni anno, nonostante – secondo gli esperti della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (Sidp) e le pubblicazioni scientifiche dell’ultimo decennio – l’Italia sia nella top ten dei migliori al mondo per le cure parondotali e le competenze sulle malattie gengivali. Anche sul sito dell’Ambasciata italiana a Tirana si fa riferimento a questo tipo di turismo che raccomanda ‘… di valutare con attenzione la clinica ed i professionisti ai quali affidarsi attraverso un’accurata indagine di mercato’.

Durante il 2023 – spiega Nunzio Cirulli, presidente di AndiamoinOrdine – 200mila italiani si sono recati in Albania, Croazia, Romania e Turchia per un giro d’affari di oltre 300 milioni di euro. I pugliesi che hanno scelto l’Albania per le cure odontoiatriche sono 20mila per un giro d’affari pari a 50milioni di euro’.

La chiave di questo successo è presto spiegata.

Le cliniche private transfrontaliere propongono pacchetti allettanti: costi contenuti rispetto alle tariffe italiane, trasporto gratuito dall’aeroporto all’alloggio, celerità nelle cure odontoiatriche. Aspetti di un fenomeno sociale che suscita molto appeal. Ma c’è il rovescio della medaglia. Ovvero: 1 su 3 deve ricurarsi, e nel 60% dei casi – sottolinea la Società italiana di parondontologia e implantologia – insorgono  gravi infezioni che fanno saltare protesi e impianti vanificando l’idea iniziale del risparmio perché bisogna rifare tutto. O quasi. Quindi, non sempre le offerte corrispondono agli standard di qualità soddisfacenti.

Durante un incontro scientifico promosso proprio dall’associazione AndiamoinOrdine attiva sul territorio da circa un decennio, impegnata a promuovere la cultura odontoiatrica e a far luce sui problemi – come in questo caso – dei medici e pazienti, oltre a questi dati, è emerso che da parte del Governo italiano si registrano azioni rivolte al ridimensionamento di tale tipologia di turismo. È il caso della 10^ Commissione permanente del Senato (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) che ha dato parere favorevole alla proposta di aumentare nella dichiarazione dei redditi la percentuale di deducibilità delle cure mediche (comprese le odontoiatriche) fatte in Italia. Basterà per arginare il fenomeno? Che porta ad un duplice svantaggio: meno redditività per i professionisti di casa nostra e carico del costo sociale sul SSN quando insorgono le conseguenze.

Sala consiliare Comune di Bari, 17 maggio ’24 alle 9.30

Fare impresa al Sud: evento a Santa Maria a Vico per promuovere strumenti e strategia per la competitività e la valorizzazione dell’economia locale.

Il giorno 18 maggio alle ore 11, presso la Sala Sant’Eugenio della Basilica Maria SS. Assunta di Santa Maria a Vico (Caserta), si svolgerà il convegno “Fare impresa al Sud. Strumenti e strategie per la competitività e la valorizzazione dell’economia locale”. L’evento è organizzato dalla Delegazione casertana di Federitaly e dal giornalista Domenico Letizia, con il patrocinio del Comune di Santa Maria a Vico. L’iniziativa esplorerà le opportunità e le agevolazioni disponibili per avviare o consolidare le attività imprenditoriali del territorio.

Basilica di Maria SS. Assunta e il Complesso Aragonese.

Un approfondimento specifico sui bandi regionali, nazionali ed europei e sulle agevolazioni fiscali per il tessuto produttivo locale e nazionale. Autorevoli esperti di finanza e imprenditori, che si sono contraddistinti per autenticità e italianità, si confronteranno sugli strumenti di finanza agevolata disponibili e sulle opportunità per promuovere l’export. Un momento importante anche per rilanciare innovative connessioni e fare la differenza per le imprese. I saluti istituzionali sono a cura di Andrea Pirozzi, Sindaco di Santa Maria a Vico. Successivamente interverranno Carlo Verdone, presidente di Federitaly; Annapaola Larenza, Delegata provinciale di Federitaly; Maurizio Marinella, Amministratore Unico di “E. Marinella” e Presidente onorario di Federitaly; Giordano Guerrieri, Ceo di Finera; Mario Orabona, Senior Associate di SACE e l’agronomo Mario Sanza del Consorzio dell’olio extravergine d’oliva “Monti Tifatini”, moderati dal giornalista Domenico Letizia. Alcuni imprenditori locali infine interverranno per descrivere la propria realtà industriale, elencando le problematiche e le progettualità intraprese. A seguire vi sarà una degustazione di prodotti tipici e di eccellenze campane.

Santa Maria a Vico – Chiostro.

Il Made in Italy è da sempre sinonimo di qualità, artigianalità e autenticità. Negli ultimi decenni, il settore imprenditoriale italiano ha continuato a prosperare, portando avanti una tradizione di innovazione e creatività che ha conquistato il mondo. Comprendere le opportunità della finanza agevolata e i processi di export innovativo consente alle imprese italiane e al tessuto economico del territorio locale di crescere ulteriormente e affermarsi in tutto il mondo. Il Sindaco Andrea Pirozzi ha dichiarato: “Questo incontro assume una connotazione strategica per lo sviluppo industriale del nostro territorio. Come Amministrazione siamo pronti ad affiancare e sostenere gli imprenditori illustrando loro le tante opportunità che le leggi regionali, italiane ed europee mettono a disposizione per le imprese, al fine di creare un circuito produttivo virtuoso che generi lavoro e benessere nella nostra comunità”.

Truffa con l’ecobonus, la Guardia di Finanza sequestra un miliardo di euro.

I finanzieri del Comando Provinciale di Savona hanno condotto una complessa attività di indagine nel settore dei crediti d’imposta, riconducibili a bonus in materia edilizia ed energetica, con particolare riferimento all’ Ecobonus e al Bonus facciate che ha portato al sequestro preventivo disposto dal gip di un miliardo di euro da eseguire sul cassetto fiscale di 311 soggetti economici coinvolti, detentori dei crediti d’imposta.

Durante le indagini Finanza e Agenzia delle Entrate hanno accertato come i crediti d’imposta fossero del tutto inesistenti perché con false fatture per lavori ancora da eseguire su immobili di proprietà di residenti nel savonese. Una truffa replicata su scala nazionale da altre aziende del settore, in molti casi vere e proprie società fantasma oltreché evasori totali o con volumi d’affari inconsistenti, prive di immobili a cui poter associare le lavorazioni edilizie finalizzate all’agevolazione fiscale così come di fatture che comprovassero l’esecuzione dei lavori. Alcuni dei soggetti coinvolti sono anche risultati percettori del reddito di cittadinanza, altri sono gravati da precedenti penali specifici, tra i quali si annoverano anche reati nel settore della spesa pubblica, altri ancora avevano generato e/o accettato crediti con soggetti con cui avevano un legame di parentela. Una parte delle persone coinvolte aveva già effettuato la compensazione, conseguendo illeciti e consistenti vantaggi fiscali, mentre un’altra aveva acquistato blocchi di crediti fittizi dal valore nominale di centinaia di milioni di euro a fronte di un corrispettivo irrisorio effettivamente versato. La GdF ha eseguito 85 perquisizioni nei confronti delle società che dei relativi rappresentanti legali, con l’impiego di oltre 250 militari in Liguria, Piemonte, Veneto, Lombardia, Trentino Alto Adige, Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Campania e Puglia.

Fonte: ANSA.IT

Pizzaballa a Gaza, prima visita dallo scoppio della guerra.

Per la prima volta dallo scoppio della guerra tra Israele e Hamas, il 7 ottobre, il Patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, è entrato a Gaza e ha compiuto una visita pastorale presso la chiesa della Sacra Famiglia.

Insieme a lui è rientrato anche il parroco, padre Gabriele Romanelli, che ora riprenderà in sede la sua missione pastorale.

Lo rende noto il Patriarcato stesso.
La visita mirava a “portare un messaggio di speranza e solidarietà» alla «popolazione sofferente”. Ad accompagnare il cardinale Pizzaballa, anche fra’ Alessandro de Franciscis, grande ospedaliere del Sovrano Ordine di Malta, e una delegazione. Dopo aver presieduto la messa con la comunità locale, il porporato si è recato nella parrocchia ortodossa di San Porfirio.

Fonte: ANSA.IT

Parma: Fondazione Anna Mattioli e pet-therapy, un successo il progetto “Amici a 4 Zampe”.

La Fondazione Anna Mattioli di Parma e la pet-therapy, un binomio fondamentale per rafforzare il benessere dei bambini attraverso gli animali. Tra entusiasmo e partecipazione si sta svolgendo l’annualità 2023/24 del progetto Amici a 4 Zampe, fortemente voluto dalla Fondazione presieduta da Roberto Pagliuca e realizzato in collaborazione con l’Associazione Jiva, che ha previsto nelle scuole di Parma attività assistita con animali ed incontri di gruppo, finalizzati ad un aumento del benessere generale attraverso attività di tipo ludico-ricreativo. Numerosi i piccoli studenti coinvolti (9 classi di 6 scuole), per la grande soddisfazione di famiglie e insegnanti: “Siamo molto soddisfatti della risultanza del progetto – ha esordito il Presidente Pagliuca -. L’obiettivo della Fondazione è promuovere la conoscenza della dog-therapy, volta a migliorare il benessere psico-fisico delle persone per ottenere benefici sul piano fisico, relazionale, di empatia, di espressività creativa, di comunicazione e condivisione”. Un obiettivo che riguarda molte categorie fragili, come appunto i bambini, alla cui cura la Fondazione specificatamente si rivolge. “Un rapporto simbiotico quello tra esseri umani, naturalità ed animali, per cui Anna Mattioli aveva una grande passione”, ricorda lo stesso Pagliuca.

“L’animale non giudica, non rifiuta – ha aggiunto la Direttrice Generale della Fondazione Anna Mattioli Barbara Galanti -, aiuta la socializzazione, aumenta l’autostima e non ha pregiudizi. Su queste idee e questi valori, dunque, abbiamo deciso di dare vita ad Amici a 4 zampe, con l’obiettivo fondamentale di aiutare bambini e persone fragili ad entrare maggiormente in relazione con se stessi e con gli altri”. Sulla falsariga anche i responsabili dell’Associazione Jiva: “La pet-therapy, inoltre, detiene una funzione preziosa anche dal punto di vista culturale poiché permette di superare quei luoghi comuni che vorremmo andare a scardinare anche attraverso un’educazione di tipo emozionale e relazionale, cosa che ci viene permessa grazie alla presenza dei nostri amici animali. Ringraziamo la fondazione Anna Mattioli per averci dato la possibilità di portare la nostra azione a sostegno dei bambini con fragilità”

Soddisfatto anche Antonino Candela, dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Parmigianino: “L’esperienza della pet-therapy rappresenta certamente un approccio innovativo all’interno della didattica scolastica e dell’attività educativa, diventando anche un fantastico strumento di integrazione sociale”. Alla luce della partecipazione e del successo riscossi, il progetto Amici a 4 Zampe, dunque, non si ferma qui, anzi andrà avanti con rinnovato slancio e impegno nelle Scuole di Parma anche in occasione del prossimo anno scolastico. “In tal senso gli Istituti interessanti potranno inviarci le loro candidature già nelle prossime settimane”, concludono dalla Fondazione Anna Mattioli.

Fonte: INFORMAZIONE.IT

L’arte di vincere la si impara dalle sconfitte (Simòn Bolívar). Convegno Camera dei Deputati del 3 maggio 2024.

Lo sport, notoriamente considerato essenziale per promuovere i valori educativi e formativi da destinare ai giovani e giovanissimi in età evolutiva, contrasta gli stereotipi, abbatte le barriere mentali, culturali e sociali tanto da rendere inclusivi i contesti di vita, studio, lavoro, svago e tempo libero. Lo sport, portavoce di messaggi trasversali, accoglie le caratteristiche che diversificano il genere umano, combatte il bullismo e il cyberbullismo, unisce le persone indipendentemente dalle loro caratteristiche psico-fisiche, culturali, religiose e di provenienza geografica e promuove la salute e il benessere fisico di tutti i praticanti.

Nel contrastare le discriminazioni e favorire l’integrazione, lo sport occupa un posto di rilievo anche per combattere l’emarginazione sociale che si riscontra nelle periferie degradate delle nostre città dove l’assenza di centri di aggregazione giovanile favorisce la pericolosa dispersione delle migliori risorse personali. La pratica sportiva, da rendere accessibile sul piano economico e praticabile da tutti in chiave universale, contrasta la desertificazione relazionale e le dipendenze dai social che sempre più spesso coinvolgono i giovani, anche a partire dalla più tenera età, restituendo ad ognuno di loro il piacere del confronto in presenza.

Il ruolo preventivo della scuola: vantaggi o criticità?

La povertà educativa, rilevata anche negli ambienti sociali più abbienti, si associa al rischio concreto di abbandono precoce della frequenza delle lezioni che anticipa la dispersione scolastica vera e propria e la conseguente uscita, il più delle volte definitiva, dai successivi circuiti formativi. La scuola, primo vero ambiente nel quale le alunne e gli alunni iniziano a costruire le relazioni sociali, rinforza il suo ruolo educativo attraverso lo sport di squadra per far fronte alle difficoltà di percorso degli studenti problematici sul piano comportamentale e di apprendimento delle regole di base.

Per questo motivo la pratica sportiva per tutti, da favorire in sinergia con le istituzioni locali e la creazione di una consolidata rete territoriale, realizza l’obiettivo di intervenire precocemente per ridurre il rischio dell’isolamento che caratterizza i margini delle città dove più elevato risulta essere il disagio sociale. Utile per superare i limiti individuali, lo sport può favorire l’accettazione degli stessi attraverso la consapevolezza delle proprie potenzialità, ogni volta da incrementare con lo sforzo e la passione in un’ottica partecipativa. Ecco che l’attività di prevenzione operata nelle scuole può e deve realizzarsi attraverso l’individuazione di obiettivi concreti e riconosciuti da tutte le componenti per scongiurare il fallimento, anche nelle situazioni più complesse.

Lo sport come antidoto alla devianza e per il recupero dei minori negli Istituti Penitenziari Minorili (IPM)

Palazzo San Macuto – Sala del Refettorio della Camera dei Deputati.

Il Convegno dello scorso 3 maggio a Roma presso la Sala del Refettorio della Camera dei Deputati, dal titolo ‘Potere rieducativo e terapeutico dello sport negli Istituti Penitenziari Minorili (IPM). Efficacia riabilitativa nelle messe alla prova’, ha evidenziato il beneficio che la pratica sportiva realizza non solo nella prevenzione della devianza giovanile ma anche nel recupero dei minori che entrano nel circuito penale.

Organizzato su iniziativa dell’On. Simonetta Matone della II Commissione Giustizia, il convegno è stato moderato dalla Criminologa Forense Dott.ssa Maria Pia Turiello e dall’Avv. Francesco Maria Graziano della Commissione Minori, Sport e Legalità UNCM e ha visto la partecipazione di numerosi ospiti istituzionali, esperti, docenti universitari, federazioni sportive ed atleti del Gruppo Fiamme Azzurre e ASD Astrea Calcio – Squadra Polizia Penitenziaria. I pregevoli interventi che si sono susseguiti sul palco dei relatori della Sala del Refettorio hanno consentito di ragionare intorno alle fragilità di cui sono portatori i minori con l’obiettivo di assicurare loro ambienti rieducativi sicuri, individualizzati e versatili in grado di far recuperare fiducia, autostima e passione.

Sempre caratterizzati da storie familiari complesse e il più delle volte segnati da violenze indicibili, i minori degli Istituti Penitenziari possono trarre sicuro giovamento dallo sport che, associato ad altre attività formative di tipo ludico, indirizza in positivo la loro futura vita lavorativa e sociale riducendo anche il rischio di incorrere in nuovi reati e, di conseguenza, in nuove detenzioni. Lo sport praticato dai minori negli Istituti Penitenziari Minorili, previo auspicabile potenziamento di spazi attrezzati, costituisce una provvidenziale valvola di decompressione psico-fisica capace di allentare lo stress causato dal confinamento degli ambienti e di produrre energia vitale e recupero dell’autostima.

Di grande utilità anche nel far emergere nei minori le potenzialità fisiche inesplorate o negate dalla famiglia, lo sport contribuisce a ridurre gli atti di autolesionismo, ad accettare le regole di comportamento e il rispetto che si deve alle persone. Per realizzare i massimi obiettivi prefissati dagli educatori, la pratica sportiva deve essere accompagnata da una formazione in grado di attribuire ai minori specifiche competenze professionali che potranno in seguito essere utilizzate per il reinserimento lavorativo e sociale.

Il Progetto Sport e Salute, presentato nell’ambito del Convegno, promuove lo sport attraverso il potenziamento dell’attività negli Istituti Penitenziari per adulti e minorili, in collaborazione con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità. Sport e Salute prevede anche la realizzazione di attività fisico/sportive e di formazione per i detenuti, gli operatori sportivi e il personale dell’Amministrazione Penitenziaria con lo scopo aggiuntivo di sostenere il gravoso compito che compete la funzione, abbattere lo stress e prevenire comportamenti violenti.

L’arte di vincere la si impara dalle sconfitte (Simòn Bolívar)

Il valore universale che si trae dall’insegnamento di Simòn Bolívar ben si adatta alla situazione sia dei minori accolti negli Istituti Penitenziari Minorili che di quelli che si giovano della misura alternativa al carcere, definita ‘messa alla prova’. L’ambito sportivo, da privilegiarsi per i sopra detti vantaggi, da godere in forma individuale e collettiva, educa i giovani all’impegno personale e al riscatto utilizzando la ‘sconfitta’ per imparare l’arte della ‘vittoria’ personale e sociale

Gli atleti delle Fiamme Azzurre

Oney Tapia, Ufficiale Italo/Cubano dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, Campione Paralimpico Europeo e Mondiale del Lancio del Disco e Getto del Peso, componente del Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre, ha offerto la sua testimonianza diretta rilasciando ai giovani presenti nella Sala del Refettorio un messaggio di speranza accolto tra gli applausi. Il Gruppo Fiamme Azzurre, gruppo sportivo del Corpo di Polizia Penitenziaria, nato il 25 luglio del 1993 grazie ai co-fondatori Magistrato Raffaele Condemi e Pietro Mennea, campione olimpico, si è da sempre distinto per i risultati raggiunti nelle più importanti manifestazioni sportive nazionali ed internazionali, comprensive dei Giochi Olimpici. Gli atleti delle Fiamme Azzurre sono professionisti che mettono a disposizione di tutti le loro qualità sportive, la passione, la costanza e l’impegno necessari a raggiungere i migliori risultati possibili.

Gli intervenuti al Convegno

  • On. Simonetta Matone – II Commissione Giustizia
  • On. Felice Mariani – Già Componente Comm. Cultura ed Istruzione, Campione Olimpico di Judo
  • Prefetto Ugo Taucer – Procuratore Generale dello Sport
  • Prof. Enzo Rossi – Presidente CREG Università degli Studi di Roma Tor Vergata
  • Avv. Lucia Secca Tarugi – Consigliera Pari Opportunità CNF
  • Dott. Stefano Gobbi – Resp. Politiche Sociali – Dir. Sport nei Territori – Sport e Salute S.p.A.
  • Avv. Grazia Ofelia Cesaro Presidente Unione Nazionale Camere Minorili
  • Avv. Deborah Soria e Avv. Eugenio Bisceglia – Presidente e Vicepresidente Camera Minorile Tivoli
  • Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre
  • Eloisa Coiro – Campionessa Europea Atletica Leggera
  • Dott. Massimo Martelli – Direttore della Comunità Ministeriale di Catanzaro
  • Avv. Stella Frascà – Cons. Federale FIGC – Comm. Diritto Sport CNF
  • Avv. Ilaria Summa – Co-Responsabile Settore Penale UNCM
  • Dott. Antonio Luisi – Vicepresidente Federazione Italiana Rugby
  • Prof. Avv. Paolo Iafrate – Università degli Studi di Roma Tor Vergata – Comitato Strategico CREG
  • Dott. Dario Tozzi – Presidente Organismo Vigilanza D.lg 231/2001 FIGC-LND
  • Atleti ASD Astrea Calcio – Squadra Polizia Penitenziaria

EuroBologna, Joey Saputo missione compiuta

“Offro una crescita graduale e costante per almeno 10 anni, voglio potare il Bologna al pari delle grandi giocandosi Europa, Champions e Scudetto” Missione compiuta si potrebbe dire a Joey Saputo che quando nel 2015 divenne il presidente del Bologna si prefissò questo obiettivo, affidandosi il compito di riportare i rossoblu nel ristretto club dei grandi del calcio, non solo italiano. A distanza di 9 anni si può dire che il suo sogno è stato raggiunto, il Bologna nel 2024/25 giocherà la Champions League, tornando in Europa 64 anni dopo l’ultima volta. Oltre al presidente, straordinario artefice del cammino trionfale conclusosi con la festa in Piazza Grande è Thiago Motta, uno che sa come si gioca e come si vince in Europa, (e ora attende l’esordio in Champions anche dalla panchina). Sarebbero tanti i volti dell’EuroBologna, dal riscoperto Zirkzee che si è fatto carico dell’eredità di Arnautovic di cui lo scorso anno era un’anonima riserva, al metronomo Freuler che è protagonista silenzioso di un’altra impresa europea, dopo quella già vissuta con l’Atalanta. Non si possono non citare Orsolini fulcro offensivo e Calafiori, forse la più bella scoperta del campionato (anche e soprattutto in ottica nazionale), ma da non trascurare nemmeno il ruolo dei gregari, da Odgaard a Saelemaekers passando per Urbanski e Ndoye. Rivelazioni, conferme e ritorni, sono le tre categorie dalle quali Thiago ha attinto per dipingere la sua Sistina, stregando anche Spalletti che lo ha elogiato: “Il Bologna gioca un calcio in cui tutti sanno fare un po’tutto e si crea quella disponibilità ad essere più belli e di conseguenza a piacere di più a quelli che amano questo sport”. Già abbiamo nominato Calafiori ed Orsolini, ma non si può dimenticare in ottica azzurro neanche il giovane Fabbian, scuola Inter che a 21 anni ha trovato la consacrazione sotto le due torri. Insomma un gruppo squadra vincente che ha portato in Italia un calcio spettacolo, un trionfo del giochismo risultatista che permette ad una squadra di incantare per schemi, pensieri e geometrie di reparti, ma anche di sottostare alla dura legge del risultato che spesso non va d’accordo con la raffinatezza sportiva tanto apprezzata dai tifosi neutrali (quelli che guardano la partita per divertimento e non per sentimento, quindi non sono vincolati alla spada di Damocle della ricerca della vittoria).

Bologna, una regola d’Europa

“Bologna è una regola, è una formula” cantava Luca Carboni, e Thiago Motta sembra proprio aver applicato i giusti elementi del calcio per trovare la formula del successo tanto ricercata nello sport. Una squadra che ha ottenuto la promozione in Serie A nel 2014/15 caricandosi di un glorioso passato (7 Scudetti, 2 coppe Italia ed un Interrotto), è riuscita a riappropriarsi della dimensione del grande calcio, è riuscita a guardare in faccia quelle che erano le sette sorelle del Campionato e rifiutare di sottostare ad esse, restando imbattuta con Napoli, Roma, Lazio, ed estromettendo l’Inter della seconda stella dalla Coppa Italia. Così il fascino delle due Torri ha conquistato l’Italia e ora si prepara a sognare anche in Europa, ricordando un piccolo Leicester italiano (che il campionato lo vinse prima di approdare in Champions League). Un fascino semrpe vantato dalla città, un’attrattiva esaltata dall’ombra delle Torri e dal portico di San Luca del quale si è innamorato persino lo scrittore francese Stendhal. Al Dall’Ara non ha mai risuonato quell’emozionante motivetto scritto in francese, inglese e tedesco, capace di far correre i brividi ad ogni tifoso, il Bologna non ha mai fatto parte dei “milleures equipes” nominati nell’inno della Champions League. Bisogna tornare indietro al 1964 per vedere la maglia rossoblu competere con i Campioni (ma era un torneo radicalmente diverso) nella massima competizione europea, fu un’esperienza breve ed intensa, un’eliminazione al primo turno contro l’Anderlecht per la legge del gol in trasferta che valeva doppio. Oggi quella partita sarebbe andata ai supplementari oppure ai rigori, ma prima di pensare alla fase ad eliminazione diretta ci sarà ancora del tempo, ci saranno otto partite di una inedita fase campionato. Il popolo delle Due Torri intanto festeggia, sembra intonare la canzone di Cremonini “Chiama la felicità, dille che noi siamo qua” indirizzo Piazza Grande, Europa. “Bologna, mi sei mancata un casino” diceva Lucio Dalla, sì, sei mancata anche al grande calcio, ma l’attesa ora è finita, la squadra rossoblu è tornata!

Il glucomannano.

Eccoci, ci risiamo: con l’arrivo dei mesi di aprile e maggio e dei primi caldi, la parola ‘dieta’ è ritornata prepotentemente sulla bocca di tutti. Ritornano con il caldo l’atleta occasionale, il salutista occasionale, il manigliedellamore-fobico occasionale e c’è chi si limita a cercare l’aiutino miracoloso per rimettersi in forma per la prova costume. Non a caso, in questo periodo dell’anno crescono le richieste di integratori che aiutino a tenere sotto controllo il peso: tra i più popolari oggi è tornato dopo qualche anno il glucomannano, usato in genere per ridurre il senso di fame che, per carità, può rappresentare un valido aiuto se inserito in una vita sana, ma è importante scegliere il prodotto giusto (consigliati da un nutrizionista in carne ed ossa non presunti tali presenti su Tik Tok e affini) e assumerli in modo sicuro.

Premessa: non esiste nessuna pillola magica in grado di farci dimagrire miracolosamente e senza effetti collaterali. Il primo passo è sempre quello di rivolgersi a un nutrizionista e di seguire un regime dietetico che includa un’alimentazione equilibrata ed esercizio fisico.

Cos’è il glucomannano e come funziona

Il glucomannano è uno zucchero complesso, di origine vegetale che viene estratto dal tubero di una pianta in uso nella cucina orientale: si tratta della cosiddetta “lingua del diavolo“, ossia Amorphophallus Konjac (gomma di Konjac).

La sua struttura chimica si contraddistingue per via della concatenazione di zuccheri semplici, ossia mannosio e glucosio. La sua logica di funzionamento è quella di una fibra alimentare che, se consumata con frequenza, può apportare vantaggi all’organismo, alla regolarità del transito intestinale e al mantenimento dei normali livelli di colesterolo nel sangue.

Il glucomannano è ampiamente in uso nell’industria alimentare a mo’ di additivo: viene indicato con la sigla E425 e si caratterizza per la sua funzione gelificante.

Proprietà del glucomannano

Tra le principali proprietà del glucomannano si distingue il forte senso di sazietà che è in grado di garantire. Spesso, si tende ad avvertire la cosiddetta fame nervosa, a cavallo tra i pasti principali della giornata: merendine, cioccolata, patatine e salatini non sono certo cibi salutari e favoriscono l’aumento di peso. Il glucomannano, invece, ha il merito di placare gli stimoli dell’appetito. Aumentando il senso di sazietà, quindi, finisce per agevolare lo smaltimento dei chili superflui.

Le presunte proprietà dimagranti dipendono dal fatto che, a seguito della sua assunzione e una volta raggiunto l’intestino, questa fibra alimentare forma un gel, contraddistinto dalla formazione di una rete di fibre a maglie strette che complicano il passaggio e l’assorbimento dei macronutrienti.
Una parte dei carboidrati viene espulsa mediante le feci, senza essere assorbita dall’intestino. Di conseguenza, i livelli di glicemia, di trigliceridi e di colesterolo nel sangue tendono inevitabilmente ad abbassarsi. Il glucomannano viene consigliato ai pazienti affetti da iperlipidemie e da diabete di tipo 2.

Questa fibra è in grado di richiamare acqua all’interno del lume intestinale e ciò rende le feci più morbide: si riducono i rischi di infiammazione, perché non occorre esercitare una forte pressione sulla parete intestinale.

Tuttavia, è importante sfatare l’idea che il glucomannano sia un miracoloso bruciagrassi in grado di far dimagrire in modo rapido e senza sforzo.

Glucomannano per dimagrire funziona?

Il glucomannano può essere un utile alleato nel percorso di dimagrimento, ma non è una soluzione magica. Il suo effetto sul peso è modesto e si limita principalmente alla riduzione dell’appetito. Per ottenere risultati significativi e duraturi, è fondamentale seguire una dieta sana ed equilibrata e praticare regolarmente attività fisica.

Le cause del sovrappeso e dell’obesità sono complesse e multifattoriali. Non esiste un singolo alimento o integratore in grado di risolvere il problema in modo definitivo. Il dimagrimento richiede un cambiamento duraturo nello stile di vita, che includa una dieta sana ed equilibrata che preveda sia una riduzione di assunzione di calorie, privilegiando cibi freschi, integrali e ricchi di nutrienti, sia il limitare il consumo di cibi processati, zuccherati e grassi saturi; esercizio fisico regolare per stimolare il metabolismo e migliorare la composizione corporea (Almeno 150 minuti di attività fisica moderata a settimana o 75 minuti di attività fisica intensa sono consigliati); modifiche comportamentali: Gestire lo stress, dormire a sufficienza (circa 7-8 ore a notte) e limitare i cibi processati e zuccherati sono fattori chiave per il successo nel dimagrimento.

Il glucomannano può essere un complemento utile, ma non sostituisce una dieta sana, l’esercizio fisico e soprattutto non è adatto a tutti.

Glucomannano e controindicazioni

In linea di massima, l’assunzione di glucomannano non presenta grosse controindicazioni, né tanto meno gravi effetti collaterali, ma va sottolineato che non si può prendere arbitrariamente: i sovradosaggi possono causare seri disturbi gastrointestinali e problemi indesiderati, come incontinenza fecale, gonfiore addominale, meteorismo e diarrea. Si possono poi registrare carenze nutrizionali, qualora venisse ridotto l’assorbimento di vitamine, di sali minerali e di altri nutrienti. Un sovradosaggio di glucomannano può ridurre l’efficacia di alcuni farmaci come ipotensivi e antidiabetici.

Per quanto riguarda le condizioni patologiche, occorre inoltre specificare che l’assunzione di glucomannano è altamente sconsigliata a chi ha problemi alla tiroide, a fronte di ostruzioni intestinali, in caso di restringimento esofageo e qualora si presentassero difficoltà in fase di deglutizione.

Da evitare anche in caso di reflusso gastroesofageo, di ernia iatale, di gastrite e di ulcera duodenale: il glucomannano, infatti, può incrementarne la sintomatologia.

N.B.: Diffidate dei suggerimenti social, chiedete sempre al medico curante o al nutrizionista prima di acquistare ed utilizzare ciò che suggerisce la moda del momento.
Non esiste nessuna pillola magica in grado di farci dimagrire miracolosamente e senza effetti collaterali. Gli integratori alimentari possono essere d’aiuto solo se assunti correttamente e seguendo le indicazioni mediche.

Dott. Febo Quercia – Biologo Nutrizionista
Per info e contatti: cell. 347.5706003

Intervista a Monsignor Jean Marie Gervais Presidente dell’Associazione “Tota Pulchra”.

Oggi per la nostra testata ospitiamo S.E.R. Monsignor Jean Marie Gervais, da sempre impegnato con grandi competenza ed entusiasmo nella promozione e valorizzazione dell’Arte e della Cultura in pieno spirito di condivisione ed aggregazione ed attivo e fattivo Presidente dell’Associazione di promozione sociale “Tota Pulchra” con cui IQ ha di recente avviato una significativa partnership.

Benvenuto su IQ carissimo Monsignor Gervais ed ancora grazie di cuore per averci concesso il piacere e l’onore di questa intervista. Iniziamo dal perché della scelta per la vostra Associazione del nome “Tota Pulchra” emblematico di luminosa e feconda intensità di intenti ed azioni.

Prima di tutto, permettetemi di esprimere il mio più sincero apprezzamento per questa opportunità. Il nome “Tota Pulchra” è ispirato da un’antifona dedicata alla Vergine Maria, che si traduce in “tutta bella”. Questa scelta riflette la nostra visione di portare avanti azioni che rispecchiano la bellezza intrinseca della creazione, dell’arte e della solidarietà umana. La bellezza ci unisce, solleva lo spirito e ci guida verso l’alto, ed è questo lo spirito che desideriamo incarnare nelle nostre iniziative.

Tota Pulchra dalla sua costituzione nel 2016 è sempre stata in prima linea per grandi impegno e passione nella valorizzazione dell’Arte come fulcro essenziale della crescita sociale e culturale e dei valori fondamentali delle cultura, bellezza, solidarietà, condivisione e speranza. Possiamo chiederLe un breve excursus sulle molteplici e meritorie iniziative pregresse?

Dal nostro esordio nel 2016, abbiamo abbracciato l’arte non solo come espressione culturale ma come veicolo di trasformazione sociale. Tra le nostre iniziative passate, ricordo con orgoglio i workshop di pittura per i giovani di quartieri meno privilegiati, le mostre d’arte che hanno messo in luce artisti emergenti e i programmi di scambio culturale che hanno incoraggiato il dialogo tra diverse culture. Questi progetti sono stati animati da una passione per la bellezza e da un impegno per la creazione di un tessuto sociale più coeso e solidale.

Di profonda rilevanza e degno di approfondimento, inoltre, lo spirito altamente ecumenico ed inclusivo della vostra Associazione. Ce ne vuole parlare più nello specifico?

La nostra Associazione pone al centro dell’attenzione l’ecumenismo e l’inclusione come pilastri fondamentali. Viviamo in un mondo frammentato, dove troppo spesso le differenze diventano barriere. Tota Pulchra, al contrario, vede nelle diverse espressioni di fede e cultura un patrimonio da valorizzare e un’opportunità per arricchirsi vicendevolmente. Promuoviamo attivamente il dialogo interreligioso e interculturale, organizzando eventi che permettono a tutti di scoprire e apprezzare la bellezza nelle sue molteplici forme, superando pregiudizi e incomprensioni.

La splendida fucina di progetti, idee e talenti di Tota Pulchra è sempre attiva e fattiva. Quali belle ed importanti novità per questo anno 2024?

Per il 2024, Tota Pulchra si sta preparando a lanciare una serie di iniziative ambiziose. Una tra queste è il festival internazionale dell’arte sacra contemporanea, che mira a esplorare il dialogo tra fede e arte moderna. Inoltre, stiamo lavorando ad un progetto di restauro di opere d’arte danneggiate in aree colpite da conflitti, come segno tangibile del nostro impegno verso la cura e la preservazione della bellezza. E, non da ultimo, abbiamo in cantiere l’espansione dei nostri programmi educativi rivolti ai giovani, con l’obiettivo di nutrire una nuova generazione che apprezzi, custodisca e promuova la cultura, l’arte e la solidarietà.

BREVE NOTA INFO SU MONSIGNOR JEAN MARIE GERVAIS.

Prefetto Coadiutore del Capitolo Vaticano (dal 2012).

Commissario presso l’Ufficio “Super rato” della Rota Romana (dal 2011).

Commissario presso la Congregazione per il clero (2008-2014).

Aiutante di Studio della Sectio de Indulgentiis – Penitenzieria Apostolica (2003-2021).

Coadiutore del Capitolo Vaticano (dal 2001).

Commissario presso la Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti (1995-2011).

Officiale della Sectio de Indulgentiis – Penitenzieria Apostolica (1991-2021).

TESORI NASCOSTI: IL MOLISE E I SUOI SITI ARCHEOLOGICI (Prima Parte).

Il viaggiatore appassionato di archeologia o semplicemente curioso di esplorare il passato ha la possibilità di scoprire una regione ricca di storia e di fascino, che nasconde inaspettati tesori archeologici, a volte fuori dei grandi percorsi classici. Parliamo del Molise, una regione dalle profonde radici italiche, che oppose una lunga resistenza alla romanizzazione. A partire dal VI secolo a.C. la regione fu abitata da genti di stirpe italica unite da legami etnici e culturali; convenzionalmente, tali popoli vengono denominati “genti sabelliche”, che risiedettero anche nel vicino Abruzzo. Intorno alla seconda metà del IV secolo a.C. andarono delineandosi i vari ceppi storici centroappenninici: Piceni, Pretuzi, Marrucini, Peligni, Vestini, Marsi, Equi, mentre in Molise troviamo i Frentani, i Sanniti e i Pentri. Alcuni insediamenti molisani hanno radici sabelliche, come Larino, appartenente ai Frentani, o Pietrabbondante e Sepino, che furono sannitiche.

All’inizio del III secolo a.C. le popolazioni sabelliche resistettero strenuamente alla conquista romana: furono necessarie numerose guerre – le cosiddette guerre sannitiche – che si succedettero dal 354 al 295 a.C., perché Roma potesse avere il controllo definitivo su questo territorio e su tutta la penisola italica. Non è un caso che nel Tempio piccolo del Santuario di Pietrabbondante, la maggiore area sacra nel territorio dei Sanniti, furono ritrovate numerose armi, la maggior parte delle quali della seconda metà del IV secolo a.C. e quindi contemporanee alle guerre sannitiche.

Durante la guerra sociale, tra il 91 e l’89 a.C., i popoli italici si schierarono contro Roma. Successivamente la maggior parte delle città ottenne la cittadinanza romana e venne arricchita di monumenti ed opere pubbliche, come quelle di Sepino, particolarmente ben conservate.

In un sorprendente viaggio in due puntate attraverso i luoghi più o meno noti del Molise, ci accingiamo a presentarvi una selezione di nove siti archeologici della regione sannita. In questa prima puntata del nuovo articolo per La Stele di Rosetta, in esclusiva per IQ, parleremo dei primi due siti, quelli più conosciuti: Pietrabbondante e Sepino. Ringraziamo, inoltre, per la consulenza storico-archeologica la Professoressa Angela Bernardo, attuale Presidente dell’Associazione culturale “La Famiglia Molisana” in Roma ed appassionata studiosa della civiltà sannitica.

TABELLA DEI CONTENUTI:

PIETRABBONDANTE, IL SANTUARIO ITALICO

SEPINO, LA CITTA’ ROMANA

PIETRABBONDANTE, IL SANTUARIO ITALICO

In provincia di Isernia, a circa 1000 metri di altitudine, sul versante meridionale del Monte Saraceno in località Calcatello, in una incredibile panoramica che si apre sulla Valle del Trigno, sorge il Santuario Italico di Pietrabbondante che, per la sua monumentalità e per le sue caratteristiche architettoniche, è considerato il più importante luogo di culto dello Stato sannitico. Risalente al V secolo a.C. questo complesso custodisce la storia dell’Italia antica, in quanto ha giocato un ruolo cruciale nella vita politica e religiosa dei Samnites Pentri. Da questo popolo prende il nome la storica regione del Sannio, oggi identificata nella vasta area che comprende le regioni di Abruzzo, Molise, Campania e margini di Lazio, Puglia e Basilicata.

Il complesso comprende il Teatro e due edifici templari, il Minore (A) – quello più antico – e il Maggiore (B). Dal sito si nota in lontananza anche la rocca fortificata sulla sommità del Monte Saraceno, a 1212 metri, che aveva uno scopo difensivo ed era collegata ad analoghe opere difensive poste più a valle. Le informazioni storiche e le rilevanze archeologiche, soprattutto epigrafiche, dimostrano che il Santuario è totalmente diverso da ogni altro conosciuto nel territorio dei Sanniti: infatti, non veniva usato esclusivamente per ludi scenici, come gli altri, ma era sede di concilia, cioè delle adunanze del Senato indette in particolari occasioni. Questo suo carattere “nazionale” è documentato ampiamente dai numerosi riferimenti epigrafici alle attività svolte dai magistrati supremi dello Stato.

Gli scavi susseguitisi nel tempo hanno messo in luce un complesso monumentale senza confronti in ambito sabellico per grandiosità e per finezza architettonica ed hanno dimostrato come tutta l’area fosse già frequentata nel V secolo a.C. La maggior parte delle strutture, tuttavia, venne edificata negli ultimi decenni del II secolo e i primi del I secolo a.C., al termine delle ultime guerre contro Roma, quando i Sanniti dichiararono la propria fedeltà all’Urbe e si aprì un lungo periodo di pace nel corso del quale riescono a potenziare le proprie attività economiche e commerciali, ed utilizzare parte dei guadagni per realizzare nuove iniziative edilizie ed occuparsi della sistemazione monumentale dell’area. La costruzione del monumentale complesso Teatro–Tempio rappresentò certamente l’iniziativa di maggiore impegno, che occupò gli ultimi decenni del II secolo ed i primi del I secolo a.C. e fu il frutto di un’unica progettazione organica. Opera di un architetto rimasto anonimo, per la monumentalità degli edifici e per la qualità architettonica il complesso dovette richiedere un impegno eccezionale da parte dell’intera nazione dei Sanniti Pentri che proseguì gradualmente tra gli anni 120 – 90 a.C. fino a quando la guerra sociale non interruppe qualsiasi forma di finanziamento pubblico o privato per l’arricchimento del santuario.

Ricostruzione ipotetica del Santuario di Pietrabbondante.

Caratteristiche del complesso
Il complesso Teatro–Tempio è un insieme di grande suggestione scenografica che si ispira ai modelli ellenistici diffusi in area campana, sia per lo schema del teatro, che ricorda quello di Sarno ed il teatro piccolo di Pompei, sia per la decorazione architettonica del tempio, il cui podio ricalca il modello del tempio di Capua. L’edificio ripropone le caratteristiche dell’architettura templare italica, infatti è posto su un podio, con gradinata centrale di accesso, ed è circondato su tre lati da un corridoio; differisce per un particolare elemento architettonico, anziché presentare un’unica cella sacra, ove di solito era collocata la statua della divinità oggetto di culto, ne ha tre, come nella tradizione degli Etruschi e dei Latini, e lascia quindi supporre che fosse dedicato a una triade, unico esempio della cultura italica di tempio dedicato a tre divinità. Tutti gli edifici mostrano con evidenza la loro destinazione cultuale, compreso il Teatro, intimamente connesso con la zona templare retrostante. Pur essendo cronologicamente l’ultima realizzazione edilizia dell’area sacra, il complesso Teatro–Tempio si sovrappone esattamente alle strutture più antiche risalenti al IV secolo a.C. ricalcandone alcune misure originarie, evidentemente allo scopo di conservare inalterata nel tempo la sacralità di quel luogo. Andiamo ora a vedere nel dettaglio gli edifici del complesso.

Il Teatro sannitico, la meraviglia dell’antichità
La struttura più stupefacente di tutto il complesso è senza dubbio il Teatro, l’edificio meglio conservato dell’area monumentale. Poiché andò in disuso già in epoca molto antica, non subì nei secoli quei rimaneggiamenti di cui spesso sono stati oggetto i teatri greci riutilizzati in epoca imperiale romana. Ciò ha consentito agli archeologi, anche grazie al discreto stato di conservazione dei monumenti, di ricostruire senza incertezze gli aspetti strutturali e stilistici dell’intero complesso teatrale. L’alzato della cavea è quasi intatto ed è perfettamente leggibile la planimetria della scena, della quale è andato perduto l’alzato. Pur essendo un teatro di tipo greco, non è stato edificato su un pendio naturale del terreno, come abitualmente avveniva, ma elevando artificialmente un terrapieno sulla spianata erbosa, adeguatamente sostenuto da una solida struttura di contenimento, un maestoso muro in opera poligonale.

La cavea ha un’estensione frontale di m. 54 e la classica forma geometrica ad emiciclo, con un raggio di m. 27. E proprio le tre gradinate situate nella parte bassa della cavea costituiscono la caratteristica architettonica di maggior pregio dell’intero monumento: i tre ordini di sedili, senza braccioli, presentano un piano ininterrotto, costituito di blocchi accuratamente connessi fra loro. Le spalliere curvilinee, lavorate in un solo blocco, presentano un’elegante sagomatura a gola rovesciata, cioè convessa in basso e concava in alto, che conferisce ai sedili una conformazione anatomica. La lunghezza dei singoli posti a sedere è varia, l’altezza media è di circa 82 cm.

Dell’edificio scenico (lungo m. 37,30 e largo m. 10,10) si conserva la struttura semplice della scena di tipo greco, non rimaneggiata in epoca romana: un edificio rettangolare con una facciata lineare, in cui si aprono tre porte, una centrale e due laterali, utilizzate dagli attori per entrare ed uscire dallo spazio scenico. Dell’alzato non è rimasto nulla, ma la planimetria è così chiara da renderlo comprensibile in tutti i suoi aspetti.

Il podio del Tempio A

Il Tempio Minore (A)
Chi oggi volesse visitare l’area archeologica di Pietrabbondante seguendo un percorso ordinato e corretto dal punto di vista storico-cronologico, dovrebbe cominciare proprio da questo monumento, posto all’estremità orientale dell’area archeologica, che dovette costituire il nucleo originario del grande santuario.

Si tratta del più antico dei monumenti oggi visibili, fronteggiato da un sentiero già all’epoca esistente, che conduce al monte Saraceno, il cui tracciato probabilmente ne condizionò la posizione. Era una struttura di modesta concezione architettonica, completamente isolata e lontana da centri abitati, come rientrava nella consuetudine italica dell’epoca. Attualmente lo stato di conservazione è abbastanza precario, anche a causa del materiale prevalentemente utilizzato, un calcare tenero, friabile e particolarmente sensibile ai geli invernali. Il tempio fu edificato per volontà di alcuni magistrati appartenenti alla potente famiglia degli Staii in una fase in cui in tutto il territorio si assiste a una ripresa dell’attività edilizia, soprattutto nei santuari. Il centro rappresenta quindi l’espressione di quella vitalità economico-politica di cui godette tutto il mondo italico negli anni precedenti la guerra sociale.

Di questo edificio è sopravvissuto solo il podio di forma rettangolare (m. 17,70 x m. 12,20), molto danneggiato sul lato anteriore, completamente asportato per tutta la lunghezza, per cui diventa quasi impossibile ricostruirne la planimetria. Manca del tutto l’alzato del tempio, i cui blocchi devono essere stati asportati per essere utilizzati come materiale da costruzione; restano poche lastre del fregio dorico frontale e vari frammenti del cornicione di coronamento.

Tabernae nord.

Sono state invece chiaramente distinte le vicine tabernae (botteghe) di epoca romana che affacciavano lungo il porticato colonnato. Sotto le strutture crollate è stato rinvenuto un gran numero di monete risalenti alla fine del III secolo – inizio IV secolo d.C. che costituiscono l’ultima documentazione di vita antica esistente nell’area del santuario.

Nella spianata a poca distanza dal tempio fu rinvenuta una notevole quantità di armi, sia integre, sia in frammenti, che venne conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli: elmi, schinieri, cinturoni, paragnatidi (paraguance), un accumulo di armi databili tra la fine del V secolo e la metà del IV secolo a.C. collocate lì come trofeo di guerra o come offerte votive. Armi simili sono state ritrovate anche in occasione di scavi più recenti.

Podio del Tempio B.

Il Tempio Maggiore (B)
È l’edificio più grande che sia mai stato costruito dai Sanniti. Il visitatore è ancora oggi colpito dalla massiccia volumetria del podio del tempio che gli si presenta davanti e che si conserva ancora oggi, sostanzialmente, nella sua interezza: lungo m. 35, largo m. 22, alto m. 3,55. Il podio si eleva al di sopra di un basamento liscio, costituito da blocchi squadrati di pietra calcarea, e riprende le caratteristiche dello schema usuale del tempio italico. Sulla parte anteriore del lato occidentale del podio è ben visibile una lunga iscrizione in lingua osca, che si sviluppa, con andamento sinistrorso, su un’unica linea. Ricorda il finanziatore della costruzione, L. Statiis Klar, probabilmente un magistrato sannita, di cui le fonti storiche antiche riportano numerose notizie. Sappiamo che dopo aver partecipato alla guerra sociale, passò dalla parte di Silla e riuscì ad entrare nel Senato romano, finché, ottantenne, non venne ucciso.

Di recente in quest’area una squadra di archeologi ha scoperto, sul versante orientale del complesso, una Domus Publica , una struttura che aveva una funzione politica e religiosa.

La Domus Publica.

Un “luogo della mente e dell’anima”: Saffo
Secondo le parole della poetessa Saffo, il Santuario di Pietrabbondante era un “luogo della mente e dell’anima” tanto da descriverlo con queste parole:

“…in questo tempio santo, dov’è un amabile bosco di meli, e altari ardenti del profumo d’incensi. Qui fresca l’acqua risuona fra i rami dei meli, e tutt’intorno le rose fanno ombra, e lo stormire delle foglie stilla malioso sopore. Qui il prato, pascolo di cavalle, è fiorito dei fiori di primavera, e le brezze spirano brezze di miele”.

La fine del Santuario
A seguito degli sconvolgimenti provocati dalla guerra sociale, l’intera area perse progressivamente la propria importanza tanto che, salito al potere Augusto, essa verrà assegnata alla famiglia dei Socelli; gli edifici sacri minori continuarono ad attirare fedeli mentre quelli principali caddero in abbandono, mentre la Domus Publica venne trasformata in abitazione privata. Dopo il III secolo d.C. sono documentate forme insediative minori almeno fino al V secolo quando, in ottemperanza agli editti imperiali, vengono distrutti i templi pagani ancora attivi. L’ultimo atto della storia del Santuario si svolgerà quindi all’interno di un sacello, dove venne celebrata una complessa cerimonia che sancirà la chiusura e l’abbandono definitivo del sito.

SEPINO, LA CITTA’ ROMANA

Saepinum (che nel medioevo fu chiamata Altilia) è un’area archeologica di epoca romana, in provincia di Campobasso, e situata nella piana alle falde del Matese aperta sulla valle del fiume Tammaro. Il sito, localizzato lungo l’antichissimo tratturo Pescasseroli-Candela, sorge 3 km a nord dell’attuale borgo di Sepino, sulla piana di Bojano, un’area di importanza economica strategica essendo al centro di uno snodo stradale che collegava, tra il IV e il III secolo a.C., il Sannio Pentro con la Valle Peligna (Abruzzo) e l’Irpinia (zona di Avellino), e avendo sbocchi commerciali non solo sulla Campania ma anche sulla Daunia e, da qui, sull’Egeo.

Dopo la Prima Guerra Sannitica (343-341 a.C.), venne realizzata una rete fortificata sulla cima delle montagne per controllare il passo della Crocella, che mette in comunicazione i due versanti del Matese. La fortificazione di Terravecchia, sulla montagna di Sepino, fu uno degli ultimi baluardi sannitici a tenere il controllo della piana fino alla sconfitta del 293 a.C. La popolazione sannita rimasta si spostò nella valle del Tammaro e successivamente si alleò contro i Romani all’arrivo di Pirro, e durante le Guerre Puniche approfittando del passaggio di Annibale. Finito il conflitto, i Roma punirà i Sanniti, smembrando il territorio, confiscando estese aree territoriali, isolando le tribù più ostili, e invadendole di colonie latine. Contemporaneamente però li romanizza con un notevole progresso economico, a detrimento della piccola proprietà contadina.

Guerrieri sanniti. Affresco del II secolo a.C.

Le aristocrazie italiche, che volevano alla parità dei diritti cominciarono ad ambire alla cittadinanza romana, e insorsero con il Sannio Pentro in prima linea. I Romani infine concessero la cittadinanza a quanti non si furono ribellati o sono disposti a deporre le armi, ma la estese poi a tutto il suolo italico.

Con la cittadinanza romana concessa a tutte le popolazioni italiche, l’intero territorio della penisola diventa ager romanus, diviso in distretti dotati di limitata autonomia amministrativa, in quanto sede di magistrati locali. Saepinum, ormai municipio, fiorisce economicamente con un nuovo assetto urbanistico che prevede edifici pubblici e sacri.

Pianta della Saepinum romana, con i cardi e i decumani.

La riorganizzazione territoriale di Saepinum, il cui nome deriva da saepire (recintare) per la sua attività transumante, non riguardò solo aspetti economici, come l’agricoltura specializzata o la transumanza su vasta scala, ma anche un assetto urbano a cardi e decumani che continuerà ad ampliarsi fino a raggiungere l’apice in età augustea (ricordiamo che nelle città romane si chiamava cardo la strada che li attraversava da nord a sud – in latino cardo significa polo, punto cardinale. Il cardo si intersecava con il decumano, cioè le strada che attraversava la città in direzione est-ovest). Sorgono la cinta muraria, il Forum pecuarium, cioè un’area recintata destinata a ricovero delle greggi, oltre che a luogo di mercato e scambi commerciali. Vengono lastricate le strade, sorgono edifici nuovi intorno al Foro, è costruito il Teatro e all’esterno delle mura sono edificati numerosi mausolei, allineati lungo il decumano che da Aesernia conduce a Beneventum, secondo un progetto voluto da Augusto stesso.

L’imperatore, inoltre, per soddisfare le continue richieste alimentari della plebe romana, decide di gestire direttamente il territorio dell’antico Samnium, che all’epoca garantiva la maggiore produzione di carne di maiale.

La presenza di famiglie influenti, portò Saepinum a diventare parte della tribù Voltinia, una delle trentacinque circoscrizioni di cui si serviva Roma per i tributi, le elezioni e la leva. Tuttavia, l’accentramento di ricchezza in mani di pochi, porta la città a peggiorare le sue condizioni economiche tra la fine del I e l’inizio del II sec. d.C., tanto che lo stesso imperatore interverrà nella questione economica. Saepinum continuò a vivere un discreto periodo, anche di rinnovamento edilizio, fino alla fine del IV sec. a.C. La sua popolazione continuò a sopravvivere grazie alla pastorizia, fino ad avere una battuta di arresto durante la guerra greco-gotica (535-553 d.C.) che portò, tra le conseguenze, un calo demografico e il declino della città.

Gli scavi
Gli scavi di Saepinum hanno restituito la tipica divisione in cardo e decumano con quattro porte di accesso alla città, di cui tre ancora con archi, e un Foro a pianta rettangolare, la cui pavimentazione a lastroni è ancora visibile. Il Foro era circondato da edifici pubblici, tra cui la Curia, il Capitolium e la Basilica. L’insediamento romano possedeva un Macellum (area destinata al mercato) e tre Terme, oltre al Teatro, che poteva ospitare ca. 3000 spettatori, e del quale ancora oggi sono visibili sia la scena che la platea. Vediamo qualche dettaglio.

Le mura con le torri a pianta circolare.

Le Mura
Le mura di fortificazione erano un sistema di torri elevate a cadenza regolare (35 le torri originarie) e con quattro porte di accesso in corrispondenza delle due strade principali. Le mura e le 35 torri, che a distanza regolare (100 piedi romani, pari a 29,60 m) si distribuiscono lungo il percorso, erano in opera reticolata. Vi erano incorporate 27 torri, delle quali 25 a pianta circolare e due a pianta ottagonale, in posizione perfettamente speculare, tutte collegate da un cammino di ronda che passava sulla sommità del muro. Nelle mura erano presenti numerose feritoie, per permettere agli arcieri di colpire eventuali nemici.
La cinta muraria, in opera quasi reticolata, è realizzata con calcare proveniente dal Matese. Ha uno sviluppo di 1270 m e racchiude un’area di circa 12 ettari a pianta quadrangolare. Il tracciato è interrotto da quattro porte monumentali e da una postierla del teatro oltre che da una ulteriore apertura rivenuta nel settore sud compresa tra le torri 4 e 5.

Le Porte
Le porte monumentali erano quattro e si aprivano in asse con le due arterie viarie principali:

Porta Tammaro.
Porta Bojano.
Porta Benevento.
Porta Terravecchia.
  • Porta Tammaro (lungo il lato nord-est della cinta muraria di fronte alla piana bagnata dal fiume Tammaro);
  • Porta Bojano (nel tratto nord-ovest della cinta, in direzione di Boiano);
  • Porta Benevento (sul lato sud-est della cinta muraria, in direzione di Benevento)
  • Porta Terravecchia (sul lato sud-ovest della cinta muraria, verso il Matese).

Sono concepite come archi trionfali, ad un unico fornice, con corte di sicurezza interna, controporta a doppio battente, ed affiancate da due torri circolari. Qui veniva riscosso il dazio per il passaggio e venivano controllate le greggi che transitavano. Delle quattro porte tre conservano anche l’arco o parte di esso.

Il Foro di Sepino.

Il Foro
Di età augustea e di forma trapezoidale, è situato all’incrocio tra cardo e decumano non ortogonali tra loro. È lastricato con grosse lastre di pietra calcarea disposte su 82 filari ed è circondato da un canale, l’euripo, anch’esso in calcare, che convoglia le acque smaltendole nella rete fognaria.

Il Foro copre un’area di circa 1.412 m². Un tempo circondato dagli edifici pubblici, è oggi completamente spoglio per il lavoro di distruzione a lungo operato nei secoli. I lati corti della piazza, paralleli al cardo, misurano a nord-ovest m. 29,56 e a sud-est m. 23,25, mentre i lati lunghi del trapezio misurano a nord–est, allineato al decumano, m. 53,90 e a sud-ovest m. 53,13. La piazza è lastricata a basolato di lastre di calcare disposte in piano su 82 filari paralleli.

Particolare della Fontana del Grifo.

Nel Foro sono presenti anche i resti degli edifici pubblici che su esso si affacciavano. Fra questi la Curia, il Capitolium e la Basilica che ancora possiede le venti colonne circolari in ordine ionico a fusto liscio che circondavano un peristilio.

Sono ancora esistenti resti di case, un mulino del quale rimangono le vasche, e la fontana detta del Grifo.

Il Macellum.

Il Macellum
Alle spalle della Basilica era presente il Macellum (mercato). Ha pianta trapezoidale, con ambiente centrale a pianta esagonale, pavimentato con tessere irregolari di calcare. I vani posti lateralmente sono botteghe di forma trapezoidale e rettangolare.

Al centro si trova un bacino esagonale, realizzato nel I secolo d.C. per volere di un augustale, M. Annius Phoebus. L’edificio di culto ha pianta quadrata e pronao trapezoidale. Al muro di fondo si addossa un bancone rivestito di lastre marmoree policrome, su cui probabilmente erano poste le immagini di culto. Nella pavimentazione del pronao è scavata invece una vaschetta quadrata rivestita di marmi policromi, da cui parte una canaletta coperta in direzione del decumano.

Il Teatro di Sepino.

Il Teatro
Il Teatro, di età giulio-claudia e posto nella zona nord del municipio, è l’edificio meglio conservato di Saepinum. Poteva contenere circa 3000 persone e presenta un diametro di m. 61,50 per un altro diametro di m. 53. Tutto intorno al teatro si trovano alcune ex case coloniche (oggi adibite a museo) costruite successivamente e che seguono l’andamento semicircolare della platea. Un corridoio aveva lo scopo di far defluire gli spettatori verso la città al termine dello spettacolo e qui è possibile ammirare alle pareti numerose lapidi e resti di colonne e capitelli. Della summa cavea (ossia dell’ultima fila, quella riservata alla plebe) restano soltanto pochi avanzi della muratura di sostruzione, essendo stata completamente ricoperta da una cortina di edifici: infatti, molti teatri furono sommersi dagli edifici quando il cristianesimo ne proibì l’uso in quanto fornivano spettacoli peccaminosi.

La Basilica di Sepino.

La Basilica
La Basilica, posta all’incrocio fra cardo e decumano, chiudeva il lato nord-ovest del foro con una pianta rettangolare di m. 31,60 x 20,40, divisa al suo interno da un peristilio di venti colonne a fusto liscio, quattro sui lati brevi ed otto sui lati lunghi, sormontati da capitelli di stile ionico.

Il peristilio, di venti colonne a fusto liscio, sormontate da capitelli ionici, che sostenevano un corpo sopraelevato, era a pianta rettangolare. A pianta rettangolare di m. 19,50 x 9,00, di esso è scomparsa ogni traccia pavimentazione in quanto asportata, ed è circondato da un recinto largo m. 3,60. Questo edificio fu costruito a cura di Nevio Pansa verso la fine del I sec. d.C.; danneggiata gravemente dal terremoto che colpì il Sannio nel 346 d.c., fu ristrutturata da Fabio Massimo, governatore della provincia, e dal suo successore Flavio Uranio intorno alla metà del IV secolo d.C.

La basilica verso la fine del IV-V sec. d.C. quando diventa luogo di culto cristiano, con l’aggiunta dell’abside e dei due ambienti simmetrici nell’aula laterale.

Le Terme di Sepino.

Le Terme
Dalla sommità di Porta Bojano, resa oggi accessibile da una scalinata, è possibile ammirare la maggior parte della città. A ridosso delle mura presso questa porta si trova una delle tre Terme rinvenute fino ad ora nella città, per ora scavate solo in parte. Oltre a queste Terme, ne sono state identificate altre due: una, lungo il tratto di mura che va da Porta Terravecchia a Porta Benevento, purtroppo inglobata in un casale rurale, con suspensurae (i pilastrini a sezione quadrata o circolare, di mattoni o di pietra, alti circa mezzo metro, che sorreggevano il pavimento rialzato delle sale termali romane destinate ai bagni caldi, intorno ai quali circolava l’aria calda che veniva dai forni) ancora visibili, e un’altra del II sec. d.c., posta lungo il decumano, a ridosso del lato interno della cinta muraria e affacciante sulla piazza con un porticato, anch’essa caratterizzata da ambienti a pareti curvilinee.
Di quest’ultima si è individuata una serie di ambienti con varie destinazioni: vani absidati, un praefurnium, vasche disposte in stretta successione per bagni in acque a temperature diverse.

Per ora ci fermiamo qui. Ma il viaggio continua. Nella prossima ed ultima parte, andremo a vedere altri siti archeologici del Molise: da Larino al Santuario sannitico di San Giovanni in Galdo, dal Tempio di Vastogirardi al Teatro Romano di Venafro. Vi aspettiamo tra quindici giorni.