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TEMPUS (S)FUGIT (parte seconda).

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Riprendiamo, in questa seconda parte, il nostro excursus sul tempo e sulla individuazione della sua essenza, dell’origine e del funzionamento nell’indagine che ha attraversato la storia dell’umanità.

La filosofia dei greci e dei latini
Parmenide, della scuola di Elea, nega l’esistenza del tempo. Il tempo è apparenza; la sua esistenza implicherebbe il venire in essere degli eventi, ovvero un assurdo passaggio dal loro precedente non essere (ciò che è futuro non è ancora) all’essere (il presente). Esiste solo l’essere. Viene introdotto il concetto di Essere inteso come Entità atemporale. L’Essere è un eterno presente che mai era e mai sarà: è la negazione del concetto del divenire, dello scorrere del tempo in tutte le cose. L’unica verità è il presente, mentre il passato ed il futuro non sono reali, costituiscono un’opinione doxa (δοχα) e non la verità.

… Essendo ingenerato è anche imperituro, tutt’intero, unico, immobile e senza fine. Non mai era né sarà, perché è ora tutt’insieme , uno, continuo. Difatti quale origine gli vuoi cercare? Come e donde il suo nascere? Dal non essere non ti permetterò né di dirlo né di pensarlo. Infatti non si può né dire né pensare ciò che non è. … L’essere come potrebbe esistere nel futuro? In che modo mai sarebbe venuto all’esistenza? …. 
(Parmenide, I presocratici, p. 275)

Salvador Dalì, “La persistenza della memoria”, 1931, New York, Museum of Modern Art.

Eraclito è stato uno dei primi filosofi ad interpretare la realtà nella temporalità, cogliendo l’essenza delle cose nel divenire: un corpo che si immerge in un fiume non si bagna mai nella stessa acqua.
Nulla è durevole quanto il cambiamento. Non c’è nulla di immutabile, tranne l’esigenza di cambiare. Tutto fluisce, nulla resta immutato.
Secondo Eraclito il tempo è un fanciullo che gioca, spostando le tessere sulla scacchiera.
Tutto scorre in un continuo divenire; l’immagine offerta è quella di una realtà contingente e della mancanza di un fine. Le leggi che regolano il mutamento si generano volta per volta dal conflitto tra opposti. Il conflitto stesso è la fonte del divenire e produce il mutamento e quindi la vita. La realtà è un perpetuo fluire e trasformarsi di tutte le cose. Lo stato di quiete che appare a volte nelle cose non è altro che un precario equilibrio fra forze opposte.

Secondo Democrito, la realtà è costituita da atomi che si muovono incessantemente nel vuoto. Gli atomi sono le particelle elementari indivisibili, che si distinguono tra loro solo per quantità, per forma, per grandezza, per ordine e per posizione.
Gli atomi sono in perenne movimento. Il loro movimento incessante determina il loro continuo aggregarsi e separarsi; la nascita, la trasformazione è la morte di tutto ciò che esiste dipende da questo continuo processo di aggregazione e disgregazione.
Il tempo, per Democrito, è concepito come una retta infinita in cui il divenire è un processo continuo di aggregazione e disgregazione.

Con Platone viene ripreso il concetto della ciclicità del tempo. Nel Timeo vengono riprese le riflessioni di Parmenide sull’Essere, al quale appartiene soltanto il presente. Nell’essere deve escludersi sia il passato che il futuro, in quanto l’Essere è tale solo nel momento presente. Il tempo per il mondo umano è creato dal Demiurgo, il quale riproduce nel mondo sensibile in movimento l’immutabilità dell’essere ideale eterno.

Platone, Timeo 37c-38c
Non appena il padre che lo aveva generato osservò muoversi e vivere questo mondo che era stato fatto ad immagine degli eterni dèi, si rallegrò e pieno di gioia pensò di renderlo ancora più simile al modello. Come dunque esso è un essere vivente eterno, così, per quanto gli era possibile, cercò di rendere tale anche questo tutto. Dunque la natura di quell’essere è eterna, e questo non era possibile applicarlo completamente a questo mondo generato: pensò allora di realizzare un’immagine mobile dell’eternità, e, ordinando il cielo, fa dell’eternità che rimane nell’unità un’immagine eterna che procede secondo il numero, e che noi abbiamo chiamato tempo. E i giorni e le notti, e i mesi e gli anni, che non esistevano prima che il cielo fosse generato, fece allora in modo che essi nascessero nel momento in cui componeva il cielo. Tutte queste sono parti di tempo, e “l’era” e il “sarà” sono specie generate di tempo che noi senza saperlo attribuiamo in modo scorretto all’essenza eterna. Diciamo infatti che essa era, è, e sarà, ma secondo un ragionamento veritiero soltanto “l’è” si adatta all’essenza eterna, mentre “l’era” e il “sarà” conviene dirle a proposito della generazione che procede nel tempo: si tratta infatti di due movimenti, mentre ciò che è sempre allo stesso modo ed immobile non conviene che diventi attraverso il tempo né più vecchio né più giovane, né che sia mai diventato, né che ora diventi, e neppure che diventerà in avvenire. In sintesi non gli si può conferire nessuna di quelle proprietà che la generazione applica a quelle cose che si muovono sul piano del sensibile, ma queste, invece, sono forme del tempo che imita l’eternità e si muove in circolo secondo il numero. Ed inoltre noi usiamo tali espressioni: che il divenuto “è” divenuto, che ciò che diviene “è” divenente, e ancora che qualcosa “è” ciò che diventerà, e infine che il non-essente “è” non-essente. Tuttavia di queste espressioni nessuna è esatta. Ma nella presente circostanza non è forse ancora giunto il momento opportuno per esaminare attentamente tali questioni.
Il tempo dunque è nato insieme al cielo, in modo che, generati insieme, insieme anche si dissolvano, se mai avvenga una loro dissoluzione, e fu fatto sulla base del modello dell’eterna natura, perché, per quanto è possibile, le somigli: il modello esiste per tutta l’eternità, mentre il cielo sino alla fine per tutto il tempo è esistito, esiste, ed esisterà.

Per Aristotele, a differenza di Platone, il tempo è un elemento della realtà naturale, ed è strettamente connesso alla realtà fisica dello spazio.
Il tempo è inseparabile dal movimento, ed il movimento è inseparabile dall’estensione.
Caratteristica dell’estensione è la continuità; pertanto il tempo è una continuità indotta dal movimento.
In tale movimento si può distinguere una anteriorità ed una posterità.
L’introduzione del prima e del poi nel tempo significa che questo è costituito da istanti misurabili. Pertanto per Aristotele il tempo “è la misura del movimento secondo il prima e il poi”.

Raffaello Sanzio, “La Scuola di Atene”, 1509-1511, Città del Vaticano, Stanza della Segnatura.

Quinto Orazio Flacco ha immortalato nelle sue “Odi” il tempo che fugge, in rimedio al quale l’esortazione è carpe diem.

Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. ut melius, quidquid erit, pati.
Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum: sapias, vina liques, et spatio brevi
spem longam reseces. dum loquimur, fugerit invida
aetas: carpe diem quam minimum credula postero.

Traduzione:
Non domandare, Leuconoe – non è dato sapere – che
destino gli dei hanno assegnato a me e a te, e non consultare
gli oroscopi. Perché è meglio tollerare ciò che sarà,
sia che Giove ci abbia dato ancora tanti inverni sia che questo,
che sfianca il mar Tirreno con rocce di pomice,
sia l’ultimo: sii assennata, purifica il vino e recidi la duratura speranza,
ché la vita è breve. Mentre parliamo, se ne va il tempo geloso:
cogli l’attimo, e non fare nessun affidamento sul domani.

Per Orazio la vita ha una durata breve, ed i piaceri sono effimeri e fugaci: bisogna cogliere l’attimo e non lasciarsi sfuggire l’occasione di vivere pienamente il tempo presente, accettando quello che riserva il destino.
Il filosofo latino Seneca nelle “Epistulae ad Lucilium” scrive: “sera parsimonia in fundo est” ovvero “È tardi risparmiare quando si è giunti al fondo”.
Nell’opera “De brevitate vitae” Seneca scrive sull’uso del tempo da parte degli uomini e su come viene speso. La vita non è breve, ed il tempo concesso all’uomo è sufficientemente lungo; è l’uomo che spreca il tempo concesso in attività futili e per sé dannose. Il tempo, come il denaro, può essere portato via per violenza, per disattenzione e per negligenza. Gli uomini spesso si dedicano ad attività futili che portano alla distruzione di se stessi. Soltanto il saggio è padrone del suo tempo.
“Di tutti, solo coloro che hanno tempo per la sapienza hanno tempo libero, solo essi vivono”.
Per Tito Lucrezio Caro il tempo non ha un’esistenza propria, ma soltanto una natura relativa. In tempo non esiste di per sé ed indipendentemente dal movimento delle cose. La dialettica tra caso e necessità costituisce il movimento casuale e spontaneo degli atomi di cui si compongono le cose.

Tempo ciclico o Tempo lineare
Il concetto del tempo per il mondo antico assume i connotati di un tempo ciclico. Una successione di eventi che vincola l’umanità nel continuo ripetersi dei fenomeni della natura
Già nelle culture più antiche, la ciclicità degli eventi era rappresentata dalla figura del serpente circolare che si morde la coda (Uroboro), che assume diversi significati, tra i quali quelli del ripetersi del tempo, dell’eterno ritorno.

Nel libro dei morti della civiltà egizia, il capitolo LXXXVII sembra contenere la descrizione di un Uroboro che rappresenta la ciclicità del tempo realizzata dalla continua nascita e morte.
Nelle mitologie gli dei alternano ascesa e caduta, riuscita e fallimento; nel mondo degli uomini il fato agisce sul destino degli uomini con l’alternarsi continuo di fortuna e avversità, il tempo deve essere propizio per le imprese e per le spedizioni, per la partenza e per il ritorno.

Il più grande poema consegnato all’umanità, l’Odissea, è il paradigma della vita dell’uomo, nella sua grandezza e nella sua fragilità, nel suo essere in balia del destino e del tempo.
Ulisse, l’eroe che ha combattuto la propria guerra, ha compiuto la propria missione, fa ritorno al proprio regno. L’uomo che ritorna non è lo stesso che è partito, ma allo stesso tempo è il medesimo uomo. La successione del tempo e degli avvenimenti lo hanno reso fisicamente irriconoscibile persino ai suoi. Il tempo non ha però cambiato lo spirito, la volontà, l’uomo che aveva lasciato l’isola.
La rappresentazione della vita dell’uomo, consumato dalla temporaneità della propria condizione, provato dalle vicissitudini del corso della propria vita, conserva tuttavia la signoria dello spirito, in grado di riscattare dal tempo e dalle avversità il significato della propria esistenza.
Di fronte all’esistenza, il ricordo del passato e le difficoltà del presente pongono alla mente quesiti che possono trovare risposta soltanto nel futuro.
Nella eternità dei cicli naturali l’uomo trova la propria collocazione, ma cerca anche le risposte alle molteplici domande.
La teoria della ciclicità del tempo nasce dalle prime speculazioni sulla natura del tempo, ed in particolare dallo studio dei fenomeni relativi alla sua misurazione. La circolarità e la ciclicità dei moti dei pianeti e dei corpi celesti, il calcolo delle ere astrologiche, gli anni solari e lunari, il ripetersi alternato delle stagioni; tutto richiama l’alternarsi degli eventi nella storia umana.

Anche successivamente da San Tommaso d’Aquino a Dante, da Bacone a Giovanbattista Vico, con i corsi e ricorsi storici, fino alla teoria dell’eterno ritorno elaborata da Friedrich Nietzsche, secondo la quale l’intero universo nasce e muore secondo cicli prestabiliti, e gli eventi sono destinati a ripetersi nella loro sequenza e successione.
«Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione – e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!» (Friedrich Nietzsche “La gaia scienza”).

La visione della linearità del tempo ha trovato ingresso in una diversa considerazione del concetto di tempo. Non più una visione meccanicistica e naturalistica del dispiegarsi del tempo, secondo leggi e dinamiche del tutto meccaniche, ripetitive ed eventualmente anche casuali, ma una visione “finalistica” del tempo, la visione di un percorso indirizzato verso una destinazione o un fine ultimo.
Il tempo lineare è un tempo “escatologico”, un tempo “ultimo” in cui alla fine si realizza quanto era stato inizialmente annunciato.
Diversi sono i miti escatologici (come il mito di Er contenuto nella Repubblica di Platone, come il mito nordico della caduta dei cieli Ragnarok); dei tempi escatologici, le interpretazioni giudaico-cristiane costituiscono le concezioni che più hanno influenzato e tutt’ora influenzano la società moderna.
Il tempo scorre seguendo un progetto divino, che prevede l’arrivo di tempi ultimi e finali nei quali sarà realizzato il disegno di Dio. La visione del tempo che avanza è quindi una visione positiva in quanto tende alla realizzazione completa dell’uomo, che è chiamato a partecipare al progetto di vita per lui realizzato dallo stesso Dio.

Atti degli Apostoli 17,15.22-34.18,1

In quel tempo, quelli che scortavano Paolo lo accompagnarono fino ad Atene e se ne ripartirono con l’ordine per Sila e Timòteo di raggiungerlo al più presto.
Allora Paolo, alzatosi in mezzo all’Areòpago, disse: “Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dei.
Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un’ara con l’iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio.
Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è signore del cielo e della terra, non dimora in templi costruiti dalle mani dell’uomo
né dalle mani dell’uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa.
Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio,
perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi.
In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: Poiché di lui stirpe noi siamo.
Essendo noi dunque stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all’oro, all’argento e alla pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’immaginazione umana.
Dopo esser passato sopra ai tempi dell’ignoranza, ora Dio ordina a tutti gli uomini di tutti i luoghi di ravvedersi,
poiché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare la terra con giustizia per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti”.
Quando sentirono parlare di risurrezione di morti, alcuni lo deridevano, altri dissero: “Ti sentiremo su questo un’altra volta”.
Così Paolo uscì da quella riunione.
Ma alcuni aderirono a lui e divennero credenti, fra questi anche Dionigi membro dell’Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro.
Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto.

Possiamo quindi concludere questa sommaria distinzione tra tempo ciclico e tempo lineare, affermando che nel tempo ciclico quando l’uomo si avvicina a Dio nascono i geni e gli eroi. Quando nel tempo lineare l’uomo si avvicina a Dio nascono i profeti ed i santi.

Il tempo soggettivo. La psicologia e le innovazioni tecnologiche.
La tesi della ciclicità del tempo viene, però, avversata dagli studi sul tempo che vedono una ripartizione tra il tempo fisico ed il tempo soggettivo.
Proprio dall’osservazione della dinamica ciclica dei fenomeni e degli eventi, nasce l’esigenza di rivolgersi a entità in grado di codificare il tempo, di interpretarlo, di conoscere il momento favorevole per avviare e/o compiere una determinata attività.
Rivolgersi agli indovini, agli oracoli, mettere in comunicazione il mondo reale del presente con il mondo dello spirito e dell’onirico, in grado di percorrere il tempo anche nel passato e nel futuro. Non è più sufficiente la consapevolezza del presente a fronte della totale incertezza del futuro. Così come al corpo si associa lo spirito, la coscienza, la ragione, allo stesso modo alla oggettività del tempo fisico e misurabile si associa il tempo soggettivo e spirituale.

Sant’Agostino nel libro XI delle Confessioni così si esprime sul Tempo: “Io so che cosa è il tempo, ma quando me lo chiedono non so spiegarlo”.
Una certa parte del pensiero filosofico -partendo da Aristotele secondo il quale “questo, in realtà, è il tempo: il numero del movimento secondo il prima e il poi” per poi proseguire con Sant’Agostino, per il quale il tempo è un’entità in continuo divenire, ed in quanto entità creata non ha una propria essenza indipendente dalla creazione di Dio- distingue, quindi, il tempo fisico dal tempo soggettivo. Il tempo esiste come tempo dell’anima, come percezione interiore dello spirito.
Viene così introdotta la dimensione psicologica del tempo: “dimentico del passato, non distolto [distentus], ma proteso [extentus] non verso le cose future e transeunti, ma verso quelle che mi stanno innanzi, non coltivando la distrazione [secundum distentionem], ma la concentrazione [secundum intentionem], inseguo il premio della chiamata celeste, ove possa udire la voce della lode e contemplare le tue delizie, che non sopraggiungono e non trascorrono” (Sant’Agostino, Confessioni).
Viene ipotizzato un nuovo rapporto tra l’uomo e il tempo.

Con la psicanalisi di Freud, il concetto di tempo viene ulteriormente elaborato.
Si cerca, nel tempo passato, l’origine della formazione della coscienza e dell’inconscio.
Il passato dell’infanzia dell’uomo è il più importante; è in questo periodo di tempo che si formano le esperienze ed i ricordi che condizionano profondamente l’inconscio dell’uomo per tutta la sua esistenza.
Le innovazioni tecnologiche permettevano di interagire diversamente con il tempo, ed in particolare rendevano possibile trasfondere il passato nel presente. L’invenzione del fonografo di Edison nel 1887 e successivamente la macchina fotografica e la pellicola cinematografica, rendevano possibili nuovi studi sulla memoria e sul ruolo dell’infanzia.
Il tempo, quindi, diventa raggiungibile soltanto mediante un’interpretazione postuma.
Il tempo è raggiungibile soltanto mediante il ricordo, guardando all’indietro.

“Basta che un rumore, un odore, già uditi o respirati un tempo, lo siano di nuovo, nel passato e insieme nel presente, reali senza essere attuali, ideali senza essere astratti, perché subito l’essenza permanente, e solitamente nascosta, delle cose sia liberata, e il nostro vero io che, talvolta da molto tempo, sembrava morto anche se non lo era ancora del tutto, si svegli, si animi ricevendo il celeste nutrimento che gli è così recato. Un istante affrancato dall’ordine del tempo ha ricreato in noi, perché lo si avverta, l’uomo affrancato dall’ordine del tempo.” (Dalla parte di Swann. Marcel Proust)

Per Freud nel processo primario, che guida il funzionamento dell’inconscio, spazio e tempo non esistono. Vige il principio della atemporalità dell’inconscio.
Il tempo lineare è associato al principio di realtà, mentre l’atemporalità è la caratteristica del desiderio e del piacere.
Il tempo diviene, quindi, una percezione soggettiva, un legame che si crea tra il tempo lineare e la realizzazione di un desiderio o la soddisfazione di un piacere.

Carl Gustav Jung e Sigmund Freud.

Per definire spazio e tempo Jung, invece, parte dalla distinzione tra spirito e materia; essi costituiscono due aspetti psichici. Lo spazio è la dimensione in cui siamo contenuti ed accolti come nel grembo materno.
Il nostro corpo occupa lo spazio in cui è immerso, il contenitore in cui la vita di un uomo si svolge.
Il tempo è un principio che riporta all’archetipo “Padre” ovvero al principio che rende il vivere uno specifico, unico ed irreparabile destino. Il tempo è legato alla conoscenza ed alla consapevolezza del sé, e relativizza i parametri spaziali e temporali dalla loro assolutezza alla posizione dell’individuo.
La configurazione spazio temporale di ogni individuo si realizza in relazione alle interazioni assunte con altri individui.
Nasce la teoria della sincronicità.
Esiste una correlazione tra stati interiori ed eventi esteriori.
Sono eventi sincronistici tre tipi di fenomeni:
Coincidenza di uno stato psichico dell’osservatore con un evento esterno contemporaneo ed oggettivo.
Stessa coincidenza con evento che si svolge fuori dall’ambito percettivo del soggetto.
Stessa coincidenza ma con evento futuro che può essere verificato solo a posteriori.
Per Jung la sincronicità è un nesso acausale, un avvenimento che prescinde dalla causalità spazio-tempo.
Spazio e tempo sono contenuti in un unico e medesimo mondo, sono un contatto costante e poggiano su fattori non rappresentabili.
L’evento sincronistico avviene in due fasi: A) affiora un’immagine inconscia come visione onirica o presentimento; B) un fatto oggettivo coincide con questo contenuto.
Si tratta di coincidenze tra stati soggettivi e fatti oggettivi, che non si possono spiegare diversamente.
Vedremo, nella terza parte di questo percorso che sarà pubblicata prossimamente, gli sviluppi dell’indagine sul tempo affrontati dalla filosofia moderna e dalla fisica.

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