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Fate silenzio e nascondetevi!

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Capaci di nascondersi negli anfratti dei boschi dietro casa, nelle cantine delle abitazioni distanti dai centri cittadini, nei sottotetti di vecchi casali o semplicemente dentro gli armadi o sotto i letti, i bambini italiani, figli degli emigranti, rinunciarono ad un’infanzia fatta di scuola, gioco e socialità per rispondere ai richiami dei genitori e per garantirsi, quando possibile, una vita con mamma e papà, seppure lontani dai luoghi di provenienza. Emarginati, in molti casi sottratti alle famiglie sulla base dello ‘Statuto di stagionale’ che non prevedeva i ricongiungimenti familiari, almeno trentamila bambini, tra il 1945 e il 1970 e oltre, conobbero una sofferenza indicibile fatta di solitudine, di paura, senso di abbandono e negazione totale dei loro diritti.

Canton Grigioni – Centro storico di Chur.

Figli dei lavoratori italiani provenienti dalle regioni più povere del meridione, i bambini sperimentarono la triste condizione della clandestinità entro i confini svizzeri, senza permesso di soggiorno o iscrizione alla cassa malati, senza il diritto ad andare a scuola o a ricevere le cure mediche e, soprattutto, senza coltivare la speranza di un futuro migliore. Segnati per sempre dalla sofferenza, la maggior parte dei bambini italiani di quegli anni mai riuscirono a superare il trauma della paura e delle sirene che sentivano sfrecciare a un passo da loro e solo pochi arrivarono ad elaborare ormai adulti, attraverso la scrittura e il racconto, la triste condizione vissuta quando avevano solo una manciata di anni. In molti casi internati forzatamente negli orfanotrofi di frontiera, citiamo fra tutti la Casa del Fanciullo a Domodossola, oppure affidati ai nonni nei lontani luoghi di residenza, i bambini invisibili, ridotti al silenzio, crebbero sofferenti nell’animo, tanto quanto basta per vedersi negare l’infanzia.

Lo Statuto di stagionale

Risale al 1934 l’introduzione in Svizzera dello ‘Statuto di stagionale’ che permetteva alle imprese di procurarsi manodopera straniera a buon mercato, necessaria a quei tempi soprattutto per coprire le esigenze locali nel campo edilizio. Durante il soggiorno dei lavoratori, limitato ad una stagione e negli anni successivi portato a nove mesi, era proibito cambiare lavoro e domicilio ed erano del tutto interdetti i ricongiungimenti familiari. Nel 1963 il Consiglio Federale consentiva ai cantoni il diritto ad una quota massima di stagionali e alla conseguente espulsione dalla Svizzera delle quote numeriche di lavoratori in eccesso. L’introduzione nel 1991 del modello denominato ‘dei tre cerchi’, non consentiva ai lavoratori provenienti dai Paesi extra UE/AELS un ingresso legale di immigrazione che invece si applicava ai soli nativi dei Paesi UE/AELS. Tale incresciosa situazione, comprensiva del famigerato ‘Statuto’, veniva soppressa solo nel 2002, dunque in tempi relativamente recenti ma con nuove restrizioni nell’ingresso in Svizzera e con durata limitata dei contratti di lavoro.

Cantone San Gallo.

Costretti nei ripari di fortuna, più che altro baracche prive di dignità e umanità, le lavoratrici e i lavoratori stranieri, in prevalenza italiani, contribuirono allo sviluppo produttivo del paese ospitante senza ricevere in cambio la sia pur minima possibilità di stabilizzarsi né di raggiungere la piena consapevolezza dei diritti di base loro spettanti. Nel tempo sono stati molti gli storici, citiamo fra tutti Luis Manuel Calvo Salgado, che hanno contribuito a far emergere una realtà nascosta, a raccontarla al grande pubblico anche attraverso una mostra organizzata a Bellinzona nel maggio del 2015. L’esposizione itinerante ‘Baracche, xenofobia e bambini nascosti’, organizzata dal sindacato UNIA regione Ticino e Moesa, mirava a far emergere e a denunciare le condizioni di vita dei lavoratori stagionali di quei tempi in Svizzera e ad impegnarsi per il riconoscimento dei loro diritti.

La testimonianza di Egidio Emilio Stigliano

Nato a Nova Siri sulla costa ionica lucana, Egidio partì bambino dal suo paese dopo una breve permanenza presso la nonna per raggiungere clandestinamente i suoi genitori, lavoratori sottoposti allo ‘Statuto di stagionale’, emigrati nella Svizzera interna senza diritto al ricongiungimento familiare. La sua preziosa testimonianza, resa di recente in diverse occasioni pubbliche, conferma la difficile condizione indotta dalle restrizioni imposte dalla normativa svizzera degli anni Sessanta e Settanta, come più sopra esposta. La paura e la solitudine, compagne di vita nel bosco dietro casa, devono di sicuro aver spaventato il piccolo Egidio, sempre attento e guardingo per non essere intercettato dalla polizia locale e respinto oltre confine. Il racconto di quegli anni, spesso interrotto dai ricordi legati ai suoi genitori, testimonia con drammatica lucidità una condizione che nessun bambino, quale che sia la sua provenienza geografica, dovrebbe mai provare.

Nel ‘salotto’ televisivo di Serena Bortone su RAI 1 Egidio Stigliano lascia le emozioni scorrere libere e svela come l’incontro casuale nel bosco dietro casa con Sorella Albertina, una suora insegnante del vicino convento, abbia sbloccato una situazione ormai insostenibile consentendogli, pur a seguito di una denuncia, di praticare una svolta decisiva nella sua vita. Il datore di lavoro di suo padre, muratore, accettò infatti di garantire personalmente la frequenza scolastica del bambino impedendo così agli agenti di polizia di rimpatriarlo con l’intera famiglia che mai avrebbe accettato il distacco dal figlioletto.

La frequenza scolastica e l’inizio di un cammino nuovo

Non deve essere stato facile per Egidio frequentare la scuola in un Paese straniero, fino ad allora inospitale, incontrare i suoi nuovi compagni, imparare una lingua ostica in un contesto che di inclusivo non aveva nulla e, soprattutto, farsi accettare. I capelli scuri, l’odore e il colore della pelle di sicuro differivano da quelli dei bambini del posto e il fatto di presentarsi come italiano era di per sé un elemento divisivo che lo portò ad essere emarginato. Volontà e determinazione ma anche difficoltà e fragilità accompagnarono Egidio lungo un percorso in salita, durato un numero esagerato di anni.

Oggi Egidio Stigliano abita a Vaduz nel Liechtenstein ma lavora in Svizzera in qualità di neuro pedagogo cognitivo, incarico che gli consente di aiutare gli altri ad affrontare e superare gravi traumi in ambito riabilitativo. Già insegnante, negli anni Egidio ha sostenuto i bambini italiani nati in Svizzera da genitori emigranti fornendo loro il suo apporto per mantenere, attraverso l’apprendimento della lingua madre, i contatti culturali e relazionali con l’Italia. Attualmente Console onorario in Vaduz (Liechtenstein) Egidio Emilio Stigliano si adopera per la difesa degli interessi nazionali e la tutela dei cittadini italiani presenti nei paesi di rappresentanza mantenendo i dovuti contatti con il Consolato Generale d’Italia a Zurigo. Attento alle origini e ben intenzionato a mantenere un rapporto intenso con Nova Siri, paese di nascita, Egidio torna spesso in Italia per non dimenticare le sue origini e quelle dei suoi genitori e per rinnovare quel patto d’amore che ancora oggi lo lega strettamente alla sua terra.

Testimonianze scritte e docufilm RAI 3 ‘Non far rumore’

Canton Ticino – Carona.

‘Chiamami sottovoce’ è un romanzo di Nicoletta Bortolotti, scrittrice italo-svizzera nata a Sorengo di Lugano nel 1967, pubblicato da Harper Collins nel 2018 e destinato a raccogliere ampi consensi ed unanime condanna per le vicende descritte. La storia narrata, ancora una volta il racconto dell’infanzia negata di tanti bambini invisibili, figli di emigranti italiani nella Svizzera interna, nei cantoni francesi e in Ticino, offre una visione lucida e dolorosa degli anni Settanta e Ottanta ma svela anche la speranza nascosta sotto l’intensa amicizia nata nel suggestivo scenario alpino tra una bambina di otto anni, piccola svizzera incontrata sul posto e un ‘clandestino’ italiano di nove anni. Con ‘Chiamami sottovoce’ l’autrice Bortolotti ha risvegliato i ricordi di tanti adulti, giovani o meno giovani, che come lei hanno condiviso l’esperienza traumatica dell’emarginazione. Grazie a questo lavoro che l’ha impegnata per quasi un decennio è stato possibile realizzare un film-documentario dal titolo ‘Non far rumore’ per Rai 3, di Alessandra Rossi con la regia di Mario Maellaro, presentato in TV nel 2019 da Lorella Cuccarini in una puntata de ‘La Vita in Diretta. In occasione del 30º anniversario della ‘Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia’, l’autrice ha partecipato ad una tavola rotonda su ‘Emigrazione di ieri, bambini nascosti, emigrazione di oggi’ al Castello Sforzesco alla presenza dell’Assessore all’Educazione e Istruzione del Comune di Milano e al Console aggiunto della Svizzera.

Ringraziamenti

Il nostro più sentito ringraziamento va ad Egidio Emilio Stigliano, a Nicoletta Bortolotti e a tutte e tutti coloro che in questi ultimi dieci anni hanno utilizzato in veste catartica la scrittura e la parola per raccontare i fatti della loro vita di bambini costretti al silenzio in terra straniera. Le loro sofferenze, i loro ricordi e i traumi non del tutto elaborati testimoniano uno dei periodi più oscuri della storia della Confederazione Elvetica. La Redazione di Informazione Quotidiana ringrazia inoltre Caterina Cecchi per aver concesso la pubblicazione delle foto a corredo del testo.

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