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EUGENETICA (Parte terza)

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La teorizzazione dell’evoluzionismo darwiniano e dei fondamenti dell’eugenetica in Inghilterra, e l’introduzione applicativa delle teorie eugenetiche nel contesto socio-politico degli Stati Uniti, avvenuta a cavallo tra la fine dell’ottocento ed i primi del novecento, ebbe determinanti e (come la storia ha dimostrato) sconvolgenti ripercussioni in Europa, in pieno conflitto geopolitico per l’affermazione del dominio degli Stati sia rispetto ai confini nazionali, sia rispetto alle politiche coloniali finalizzate ad esercitare il dominio su terre e popolazioni in grado di apportare ricchezza alla madrepatria.

Dopo la dichiarata indipendenza americana, nel corso della quale si erano già confrontate le potenze europee sul suolo del nuovo mondo, il conflitto era di nuovo tornato nel continente europeo ed in quello africano per la supremazia militare e politica e la spartizione delle terre coloniali per l’approvvigionamento delle risorse per materie prime e ricchezze.
La spinta allo sviluppo economico, poggiata sul positivismo scientifico, imponeva la definizione di nuovi concetti di etica di progresso di morale e di sviluppo, tutti finalizzati alla espansione economica e politica di ciascuna nazione.

Le teorie eugenetiche in Germania
Le teorie eugenetiche furono accolte con grande favore in Germania a causa della divulgazione delle teorie darwiniane sulla selezione della razza e sul perfezionamento degli individui e della specie tramite la selezione.
Già nel 1880 Robby Kossmann, uno zoologo tedesco poi diventato professore di medicina, sosteneva che “ come una comunità animale, anche quella umana deve raggiungere un livello ancora più elevato di perfezione, se possibile, tramite la distruzione dell’individuo meno dotato, cosicché quello più dotato possa guadagnare spazio per rispondere la sua progenie“.

Robby Kossmann.

Nel continente europeo la corsa all’espansione degli imperi coloniali, la conquista di territori e risorse a discapito di altre popolazioni, aveva acceso una competizione razziale, oltre che territoriale, per l’affermazione della supremazia e la giustificazione politica per l’appropriazione delle materie prime e di nuove risorse economiche.

Per operare la discriminazione tra le razze umane e accettare una distinzione esistente all’interno della famiglia umana era necessario riscrivere completamente il concetto di etica giudaico-cristiana che si era affermato ed imposto fino a quel periodo.
I darwinisti e gli eugenisti tedeschi avevano fatto proprio il concetto secondo il quale la moralità dell’individuo si fondasse sugli istinti sociali.
I concetti di etica e di morale furono totalmente svincolati dai valori suggeriti dalla religione, in particolare dal cristianesimo, e furono invece fondati sui nuovi ed emergenti principi naturalistici ed evoluzionistici.

Secondo le teorie del darwinismo sociale, l’etica e la moralità degli individui andava ricercata ed era insita nella loro natura biologica. La manifestazione dei comportamenti contrari alla moralità e all’etica fu attribuita alle caratteristiche biologiche degli individui. Furono recepite le teorie dell’antropologia criminale del Lombroso, teorie che ebbero un grande impatto nel pensiero scientifico di carattere antropologico. Il concetto di criminalità veniva così collegato a quello dei popoli primitivi, per cui si riscontrava nei soggetti criminali una regressione agli stadi dell’umanità primitiva.
Secondo lo psichiatra Hans Kurella lo scopo dell’antropologia criminale era quello di portare i precetti della morale sotto il controllo della scienza e l’esame scientifico suggeriva che la tendenza criminale degli individui fosse da ricondurre sotto un ambito squisitamente biologico.
Anche la psichiatria tedesca, nell’ambito del dibattito sulle cause dell’infermità morale, ebbe a concludere che questa si verificava a causa dell’ereditarietà di determinate caratteristiche.
Gli eugenisti, infine, credevano che fosse necessario determinare i contenuti della moralità e dell’etica sulla base della teoria evoluzionistica elaborata dal darwinismo.

I nuovi principi di etica evoluzionistica, svincolarono l’etica dai precetti cristiani e religiosi e la agganciarono alle qualità del carattere umano come espressione biologica dell’individuo soggetta a trasmissione ereditaria.
Nell’ambito del dibattito sull’applicazione socio-politica del darwinismo fu istituito il Premio Krupp, destinato alla valutazione dei saggi sui principi del darwinismo applicati alla politica. I dibattiti sul tema fecero emergere le tesi secondo le quali i tratti caratteriali umani fossero strettamente derivanti dall’ereditarietà genetica, e gli eventuali cambiamenti di tali tratti nelle generazioni successive fossero dovuti al progressivo adattamento degli individui.

Nel 1906 fu fondata la Lega Monista che si proponeva di promuovere un nuovo ordine morale ed etico verso i giovani, fondato sull’etica evoluzionistica e naturalistica, in contrapposizione con l’etica cristiana e kantiana; sempre in quegli anni, furono fondate altre organizzazioni che proponevano nuovi contenuti etici e morali nella società di carattere laico e scientifico.

Alfred Ploetz fu il primo a proporre la teoria dell’igiene razziale; egli nel 1905 fondò la Società per l’Igiene della Razza, che nel 1907 divenne la Società Internazionale per l’Igiene Razziale. Ploetz divulgava la necessità di un rinnovamento biologico, come mezzo per ottenere un rinnovamento morale. Egli propose la costruzione di una società rigorosamente programmata per consentire esclusivamente la riproduzione dei soggetti adatti. Ploetz credeva nella superiorità della razza nordica.
Su basi naturalistiche ed evoluzionistiche si cercò di dare un nuovo significato al problema del male e della morte.
Secondo la morale cristiana, fino ad allora dominante, il male e la morte erano due nemici da combattere e da superare attraverso la fede.
Per l’evoluzionismo darwiniano il male e la morte erano due motori del rinnovamento della natura, erano la fonte del progresso. In questo senso, la sofferenza e la morte non erano più prive di giustificazione, ma realizzavano un fine più elevato, ovvero quello di preservare e migliorare tutti gli esseri viventi.
In questi termini, si ritenne inoltre che tra uomini e animali il confine non fosse così ampio; le attività psicologiche degli uomini e degli animali sono simili, pertanto le attività erroneamente attribuite all’anima, erano in realtà svolte dal sistema nervoso centrale. Tutti i processi del corpo e della mente umana possono essere definiti come fisiologici, pertanto non esiste più un dualismo corpo-mente.
La conclusione era che l’anima in realtà non esiste e, per l’effetto, la vita umana non è più né sacra né inviolabile.

Auguste Forel e Ernst Heinrich Haeckel teorizzarono la svalutazione umana derivante dai principi dell’evoluzione; “le eterne e ferree leggi della natura, operanti nel mondo inorganico, sono operanti anche nel mondo organico e morale”. Haeckel negava l’esistenza del libero arbitrio e cercava di spiegare ogni processo umano in termini naturalistici e meccanicistici.
Nella visione darwinista introdotta, veniva abbattuto ogni confine tra il mondo umano ed il mondo animale.
Nasceva così la concezione secondo cui soltanto alcune vite umane sono degne di essere preservate. Con le teorie eugenetiche veniva introdotta anche per il mondo umano la riproduzione selettiva degli individui, dalla quale erano esclusi quelli deboli e considerati “inferiori”. L’uomo non era più visto come singolo individuo, ma come organismo della popolazione, ed in quanto tale sacrificabile per il bene comune. L’individuo era considerato molto meno importante della specie e della sua conservazione.

Si diffondevano le teorie di Malthus secondo il quale per impedire l’impoverimento dell’umanità, causato dalla minore disponibilità di risorse dovuta all’incremento demografico, era necessario ricorrere al controllo delle nascite.
Il dibattito si spostò alle istituzioni, prese di mira dagli eugenisti a motivo della cura e dell’assistenza prestata nei confronti dei soggetti più deboli, cure effettuate con spese e costi a carico dello Stato.
Secondo Haeckel e gli altri eugenisti del periodo, aiutare le persone deboli, malate e disagiate sottraeva risorse al sostegno ed alla selezione degli individui migliori. Questo atteggiamento anti-selettivo si poneva in diretto contrasto con le naturali tendenze selettive che evidenziano la sola sopravvivenza dei più adatti.
La branca della psichiatria fu particolarmente incline ad accogliere le istanze delle teorie eugenetiche, spingendo le istituzioni all’incremento delle strutture dedicate ad isolare i soggetti con disturbi psichiatrici.
In questo contesto emersero studi e dibattiti sul pericolo della degenerazione nella società moderna a causa del mancato intervento nei confronti degli individui definiti “inferiori”.

La crisi etica e morale che colpì la Germania di fine ‘800 fu principalmente determinata dalla confluenza di due teorie emergenti, che si combineranno più tardi con esiti nefasti per l’intero mondo: da un lato il darwinismo sociale, e dall’altro il razzismo scientifico.
Molti scienziati e studiosi tedeschi nell’accettare le teorie darwiniane riconobbero che la disuguaglianza biologica era una componente fondamentale di tali teorie, pertanto, come gli organismi biologici anche gli individui umani venivano divisi in categorie di persone inferiori o superiori.
Per effettuare questa valutazione di disuguaglianza biologica era necessario costituire delle categorie che rendessero evidenti le differenze tra gli individui.
Nacque così il concetto di inegualitarismo biologico che si contrapponeva al cristianesimo e all’umanitarismo basati su ideali ugualitari.

Fu introdotto all’inizio del XX secolo il termine tedesco “minderwerting” (“inferiore”) per descrivere una determinata categorie di persone.
Generalmente erano definiti inferiori i disabili, i malati mentali, i deboli, gli alcolizzati, i criminali e i soggetti improduttivi.
Si arrivò a sostenere che la categoria di questi soggetti fosse più vicina nella catena evoluzionistica alle scimmie piuttosto che agli esseri umani.
Le persone che erano segnati da disabilità fisiche e mentali erano definiti come “inferiori”, inutili, pesi per la società.
Si cominciò a sollevare la questione relativa al peso economico che ricadeva sul popolo per curare persone mentalmente o fisicamente disabili; fu introdotta la teorizzazione dell’eliminazione dei soggetti più deboli e più improduttivi.
Il filosofo Hegel affermò che “le differenze tra gli esseri umani migliori e quelli peggiori sono più grandi di quelle che esistono tra il peggiore degli esseri umani e il migliore degli animali”. Egli suddivise le razze umane in categorie e stadi superiori ed inferiori, enfatizzando la disparità tra le razze umane sostenendo che le stesse appartengono a specie diverse.
Il movimento eugenetico intorno al ‘900 diede un’ulteriore spinta al razzismo biologico basato sulla dottrina della disuguaglianza razziale.
Questa teorizzazione si rifletterà su quello che accadrà negli anni successivi in Germania con l’ascesa del nazionalsocialismo.

Gli Herero
La questione della discriminazione razziale iniziò di fatto con la politica coloniale della fine del XIX secolo quando nella spartizione coloniale dei territori africani, fu attribuito alla Germania il territorio oggi corrispondente alla Namibia che nel 1884 fu dichiarata protettorato tedesco.
Il territorio era arido e scarsamente popolato abitato dalle popolazioni locali degli Herero e dei Nama che vivevano sostanzialmente del commercio locale e dell’allevamento di bestiame.
Il territorio della Namibia nel periodo era scarsamente popolato in quanto l’etnia degli Herero era costituita dai sopravvissuti del conflitto etnico con i Nama avvenuto all’inizio del XIX secolo; i sopravvissuti si erano sparsi per il territorio della Namibia e, alla fine del 1800, entrarono in contatto e spesse volte in conflitto con i coloni tedeschi che erano stati inizialmente inviati in poche migliaia di uomini, per costruire fattorie ed occupare il territorio ricco di miniere soprattutto di diamanti.
I coloni, appena insediati, iniziarono a sottrarre la terra alle popolazioni locali ed a ridurre in cattività i nativi adoperandoli come schiavi, causando attriti e malcontento nella popolazione dei nativi.
I conflitti inizialmente locali sfociarono ben presto in una vera e propria guerra che vide contrapposti gli Herero e anche alcune popolazioni dei Nama contro le forze coloniali di occupazione tedesca.

All’inizio del 1904 la popolazione degli Herero si unì sotto un proprio condottiero Samuel Maharero che attaccò alcune fattorie dei coloni uccidendone gli occupanti.
La Germania per reprimere e porre fine alla rivolta inviò un corpo di spedizione di 15.000 uomini al comando del generale Lothar von Trotha con forze ben armate ed equipaggiate, che compirono un vero e proprio genocidio uccidendo circa 80.000 Herero pari all’80% della popolazione allora esistente.
Il conflitto si concluse alla fine del 1904 con la deportazione degli Herero sopravvissuti.
Nella Namibia del Nord fu costruito il primo grande campo di concentramento di massa, nel quale deportare parte dei superstiti. Altri campi di concentramento furono successivamente costruiti con la modalità di campi di detenzione o campi di lavoro, dove gli Herero venivano sfruttati come schiavi prigionieri al servizio dell’industria tedesca.
Uno dei campi di concentramento costruiti fu quello di Shark Island, un posto quasi totalmente inaccessibile, tristemente noto per essere stato utilizzato per lo sterminio degli individui deportati.

Genocidio degli Herero in Namibia.

Secondo la storiografia moderna, quello degli Herero costituisce il primo genocidio del XX secolo, di fatto una preliminare attuazione della strategia di eliminazione di intere etnie a causa della discriminazione razziale.
Soltanto il 28 maggio 2021 la Germania, per la prima volta, ha riconosciuto di aver commesso un genocidio in Namibia contro le popolazioni degli Herero e dei Nama.
Vale la pena ricordare che, nel conflitto contro gli Herero, il generale Lothar Von Trotha utilizzò pratiche di avvelenamento dei pozzi e delle fonti di approvvigionamento idrico e alimentare, che determinarono la morte per stenti e per sete di gran parte della popolazione degli Herero e dei Nama.

I Tribunali per la Sanità Ereditaria
Le teorie di eugenetica e di “igiene razziale” furono poste in essere con la legge sulla prevenzione della nascita di persone affette da malattie ereditarie, discussa nel Parlamento tedesco il 14 luglio del 1933, ma promulgata volutamente il 25 luglio dello stesso anno, successivamente alla firma del concordato tra la Santa Sede e la Germania, ancora oggi valido. Il concordato fu firmato da Eugenio Pacelli per conto di Papa Pio XI e da Frans Von Papen per conto del Presidente tedesco Paul Von Hindelburg.
Nel concordato la Germania si affrancava da tutte le interferenze clericali in campo politico (art. 16 e 32) e otteneva la lealtà dei vescovi allo Stato attraverso un giuramento con il quale tutti i preti tedeschi si riconoscevano soggetti ai superiori tedeschi, imponendo delle restrizioni anche alle organizzazioni cattoliche.
Come detto, il 25 luglio del ’33 fu promulgata la legge che stabiliva la sterilizzazione forzata delle persone affette da una serie di malattie ereditarie tra le quali schizofrenia, epilessia, cecità, sordità, malattia di Huntington e ritardo mentale.
Tra le malattie considerate ereditarie, veniva imposta anche la sterilizzazione degli alcolisti cronici, ritenuti in grado di trasmettere ereditariamente la predisposizione all’alcolismo.

L’effettività e l’applicazione della legge fu demandata ai neoistituiti Tribunali per la Sanità Ereditaria, che erano formati da tre membri, due medici ed un giudice distrettuale. Il compito dei Tribunali per la Sanità Ereditaria era quello di esaminare i pazienti delle case di cura, degli istituti psichiatrici, delle scuole per disabili, delle prigioni e delle strutture nelle quali erano ristrette le persone ritenute affette da debolezza mentale o fisica.
I responsabili degli istituti e delle case di cura avevano l’obbligo legale di segnalare e riferire ai funzionari dei Tribunali i nomi di coloro che rientravano nelle categorie degli individui da sterilizzare.

Il programma di sterilizzazione coatta fu posto in essere nel periodo dal 1933 al 1939 nel quale si stima che siano state sterilizzate tra le 200.000 e le 350.000 persone.
Con una direttiva Martin Bormann specificò che nella diagnosi di debolezza mentale si doveva tener conto anche del comportamento morale e politico di una persona; in questo modo sarebbe potuto essere classificato debole di mente anche un individuo considerato ostile al regime nazionalsocialista.

AKTION T4
Dopo il lancio del programma di sterilizzazione forzata Hitler dichiarò il proprio favore alla eliminazione dei malati inguaribili e delle persone ritenute “indegne” di vivere.
Il periodo di conflitto bellico era l’occasione ideale per realizzare il progetto di eliminazione dei malati, senza che la questione potesse attirare troppo l’opinione pubblica.
Secondo Hitler infatti i malati, seppure sottoposti a sterilizzazione forzata, continuavano ad essere ristretti negli istituti di cura e sottraevano spazi e risorse, anche mediche ed infermieristiche, che avrebbero potuto essere utilizzate per i soldati feriti e per gli sfollati della guerra.

BraunSchweig, 1931 – Piazza davanti a Palazzo Ducale – Raduno del Sturmabteilung SA (reparto d’assalto) – Adolf Hitler e a destra Ernst Roehm, capo delle SA – Sullo sfondo la statua di Herzog Friedrick Wilhelm.

Nel 1939 il Ministero dell’Interno ordinò che i medici e le ostetriche degli ospedali tedeschi riferissero di tutti i casi di bambini nati con malformazioni per creare un archivio scientifico.
In particolare dovevano essere segnalati tutti i bambini di età inferiore ai 3 anni nei quali fosse sospetta la presenza di malattie ereditarie come idiozia, sindrome di down, macrocefalia, idrocefalia, cecità, sordità, paralisi e malformazioni agli arti, alla testa e alla colonna vertebrale.
Le segnalazioni venivano valutate da una speciale commissione composta da tre membri che, nel caso di raggiunto consenso unanime, procedeva alla “uccisione pietosa” del malato.

Nella pratica dello svolgimento del programma relativo ai bambini, i genitori venivano informati che i figli sarebbero stati trasferiti e curati in centri specializzati. I bambini venivano così inviati presso centri appositi, tenuti alcune settimane in osservazione (in realtà sottoposti a ricerca scientifica ed esperimenti) e successivamente uccisi con iniezioni letali.
Nelle successive autopsie venivano anche asportate delle parti del cervello a scopo di ricerca scientifica.

Dopo lo scoppio della guerra nel ’39 il programma fu esteso ad includere bambini di età superiore ai 3 anni fino agli adolescenti ed ai ragazzi designati come delinquenti giovanili.
Furono inclusi i bambini ebrei a motivo della discriminazione razziale operata a danno della popolazione di origine ebraica.
Nei casi di opposizione delle famiglie, le autorità arrivavano a togliere la custodia legale dei figli ed a minacciare i genitori con l’attribuzione di trasferimenti o incarichi di lavoro speciali.

Il programma Aktion T4 fu applicato alla popolazione adulta con una distinzione di carattere etnico e razziale. I primi adulti affetti da disabilità, uccisi dal regime nazista, furono di nazionalità polacca e le uccisioni incrementarono a seguito dell’invasione della Polonia da parte della Germania.
L’uccisione dei pazienti disabili adulti venne effettuata con l’utilizzo delle camere a gas utilizzando monossido di carbonio puro.
L’uccisione a mezzo di iniezioni letali non era sufficiente a tenere il passo con il programma di eliminazione e, dopo l’inizio del conflitto, l’approvvigionamento dei farmaci era divenuto problematico. Pertanto fu deciso di utilizzare monossido di carbonio di produzione industriale che era in grado di realizzare l’uccisione in massa dei pazienti con costi relativamente bassi.
I corpi venivano cremati il più velocemente possibile, per evitare che ci potessero essere verifiche e contestazioni. L’attività principale dei medici era quella di provvedere alla creazione di certificati di morte artefatti che fossero verosimili nei contenuti per giustificare l’esito letale del trattamento sul paziente.
L’attivazione e la gestione del programma Aktion T4 fu effettuata in base a ordini diretti dati dallo stesso Hitler e non aventi l’ufficialità scritta, per evitare accuse di crimini contro l’umanità.

Centri per l’eutanasia: Germania, 1940-1945.

L’inesistenza di leggi o decreti di attivazione del programma T4 sollevò problemi di opposizione da parte di alcuni giudici distrettuali, stante l’illegalità delle pratiche rispetto alle disposizioni normative vigenti.
Tuttavia le persone che si opponevano all’applicazione del programma venivano destituite dalla loro carica o sostituite nella loro mansione.
L’intero programma T4 fu formalmente sospeso nel 1941 ma sostanzialmente durò fino alla fine della seconda guerra mondiale. Alla data del 1941 risultavano essere stati uccisi 5000 bambini e circa 70.000 adulti.
Se la fine della seconda guerra mondiale pose di fatto fine all’applicazione del programma Aktion T4, tuttavia le discriminazioni a carico dei soggetti deboli e disabili continuarono per diverso tempo nella società post bellica e la maggior parte dei medici coinvolti nel programma non furono mai processati e condannati per i crimini commessi.

Progetto Lebensborn
Le teorie eugenetiche, che avevano preso piede all’inizio del XX secolo in Germania, furono portate avanti dal Terzo Reich con la promozione di strategie politiche e sociali per lo sviluppo e la proliferazione della razza ariana, e con l’ambizioso programma di aumentare la popolazione demografica raggiungendo stabilendo un traguardo futuro per una la nazione con 120 milioni di persone.
I corpi speciali delle SS furono costituiti con elementi che dovevano attestare, da un punto di vista genealogico, la purezza del loro sangue e l’appartenenza alla razza ariana.
A tale scopo nel 1931 era stato costituito il RuSHA, un ufficio incaricato di controllare la purezza ideologica e razziale di tutti i componenti delle SS, e incaricato del rilascio dei certificati di appartenenza alla razza ariana e dei permessi di matrimonio.
Nel 1931 sotto la direzione di Himmler fu emanato l’ordine sul matrimonio, secondo il quale ogni membro delle SS doveva essere autorizzato da Himmler stesso a sposarsi, ottenendo un certificato che documentasse l’integrità mentale e fisica degli sposi e dei loro antenati.

Il 10 dicembre 1935 venne fondata a Berlino la “Lebensborn E.V.” una società amministrata dall’ufficio centrale della razza e del popolamento, che aveva lo scopo di assistere le partorienti di razza pura ricoverate per dare alla luce i bambini destinati ad assicurare il futuro della nazione.

Logo del Progetto Lebensborn.

Il progetto consisteva nell’aprire delle cliniche destinate a favorire la nascita della nuova generazione tedesca, ed ebbe particolare sviluppo allo scoppio della seconda guerra mondiale con l’apertura di cliniche nei territori occupati definiti di “valore” dal punto di vista razziale, e quindi connotati da popolazione che si avvicinava molto alle caratteristiche individuate come distintive della razza ariana, paesi come la Norvegia, il Belgio, l’Olanda e la Francia, mentre altri paesi come quelli dell’area balcanica venivano considerati al di sotto degli standard razziali definiti dal Reich.
Il compito di queste cliniche aperte all’estero era quello di convincere ragazze madri di etnia non tedesca, ma di caratteristiche razziali simili a quelle desiderate dalla Germania del Reich, a ricorrere a partorire nella clinica ed affidare alla struttura il loro bambino per poi tornare nel loro paese d’origine in forma anonima nascondendo il “peccato della relazione”.
Principalmente si trattava di figli nati dalle relazioni intrattenute dai soldati tedeschi che si trovavano nei territori occupati, con le donne della popolazione locale.
Nel 1941 il progetto Lebensborn venne sviluppato principalmente in Norvegia, e contribuì all’aumento delle nascite già a partire dallo stesso anno in cui si registrarono nelle cliniche del progetto 730 neonati che l’anno dopo salirono a 2200. Alla fine della guerra si registrarono 9000 bambini con madre norvegese e padre tedesco.

Nel progetto Lebensborn inizialmente si pensò di adottare il trasferimento obbligatorio in Germania delle donne norvegesi che garantivano gli standard razziali desiderati dal Reich. Più tardi invece si scelse una strategia più semplice consistente nel rapimento dei bambini cosiddetti “figli della guerra”, trasportati in Germania e inseriti in appositi istituti per essere germanizzati ed adottati.
Per gli inadatti, ovvero i bambini che non si inserivano nel programma di germanizzazione erano previsti programmi di eliminazione fisica.
Il programma Lebensborn venne anche applicato in Danimarca, in cui però la diversa legislazione ebbe effetti diversi sui bambini nati nelle cliniche, e nei Paesi Bassi in cui le donne inserite nel progetto furono sottoposte a discriminazioni dalla popolazione locale.

Il progetto Lebensborn ebbe applicazione anche in Europa Orientale, con l’adozione del rapimento e della germanizzazione di bambini ritenuti di razza pura, in particolare in Ucraina con la “Heuaktion (operazione fieno)”, con la quale si intendeva catturare dai 40.000 a 50.000 ragazzi tra i 10 e 14 anni, per trasferirli nel Reich e segnarli come apprendisti nelle industrie tedesche, con lo scopo di ridurre le forze nemiche e potenziare lo sviluppo della nazione tedesca.
Nel corso della guerra il progetto dovette fare i conti con i numeri realizzati, che non corrispondevano agli intenti iniziali; per portare avanti la volontà di integrare la popolazione tedesca con individui ritenuti di razza compatibile con quella ariana, furono allargati i presupposti degli standard di tutela della razza ariana e modificati per acquisire un maggior numero di bambini.
Particolarmente aggressiva fu la politica adottata in Polonia in cui la ricerca di bambini da germanizzare fu effettuata nelle scuole, nelle famiglie di genitori divorziati o di genitori deportati o comunque bambini presi dalla strada.
Il progetto fu applicato anche nel protettorato della Boemia e della Moravia in cui si decise di favorire la germanizzazione della popolazione sfruttando la presenza nell’area dei Suveti, di etnia tedesca, dividendo la popolazione in comunità razziali con il sovvenzionamento della sola comunità tedesca.

Nel dopoguerra, con il processo di Norimberga, vennero processati e condannati i membri del progetto Lebensborn ma le conseguenze a carico delle madri e dei bambini che furono inclusi in tale progetto si sono protratte fino ai giorni nostri con, forme di violenta discriminazione, nei rispettivi paesi d’origine, delle donne che erano state inserite in tali progetti e dei bambini che erano noti nell’ambito di tale progetto, risultando tali discriminazioni come una forma di ritorsione nei confronti della violenta occupazione esercitata nei territori della Germania nazista.
Fu addirittura presa in considerazione la deportazione dei bambini che facevano parte del progetto Lebensborn al di fuori dei Paesi di appartenenza.
Gli effetti del progetto Lebensborn perdurano ancora oggi, anche in termini di discriminazione sociale.

La soluzione finale. Conclusioni
Le teorizzazioni del razzismo del partito nazionalsocialista tedesco confluirono nella politica discriminatoria che diede origine alla promulgazione delle leggi di Norimberga del 15 settembre 1935.
L’individuazione dei nemici della popolazione germanica e della razza ariana, avvenne a discapito della popolazione ebraica e diede luogo alle tragiche conseguenze che tutti noi conosciamo, e che condussero all’olocausto di cui furono vittima gli stessi ebrei e le popolazioni slave, nonché alcune minoranze etniche come rom e sinti, oltre alle persone che manifestavano disabilità fisica e mentale.

Il genocidio e lo sterminio di milioni di persone costituisce ancora oggi un perenne monito a quello che ha comportato la disumanizzazione della politica, della morale e dell’etica, frutto della cieca applicazione del determinismo scientifico, che riconosce nell’essere umano soltanto il prodotto di processi e fenomeni naturali, cancellandone così tutti i connotati che hanno caratterizzato la storia e l’evoluzione dell’uomo fino ai giorni nostri.

La confluenza dell’eugenetica nel razzismo scientifico è stata in grado di cancellare in un solo colpo migliaia di anni di storia della civiltà, e ci ha veramente portato al ridosso di un evoluzionismo biologico che è stato efficacemente descritto nelle opere di Darwin e che di fatto appartiene agli organismi del mondo naturale.
La storia dell’uomo ci ha tramandato però contenuti molto più complessi e strutturati, per effetto dei quali la specie umana si contraddistingue nettamente dagli altri organismi biologici, avendo caratteristiche e capacità che travalicano il mondo naturale conosciuto.

L’uomo inserito nella natura si riconosce in questo contesto, ma non si limita a specchiarsi nella propria naturalità, agendo invece come demiurgo del mondo.
Vedremo nella prossima pubblicazione gli effetti dell’eugenetica in altri paesi del Nord Europa e del mondo e i risvolti assunti fino ai giorni nostri.

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