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I MISTERI DI STONEHENGE.

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Dolmen, pietre senza un nome. Eppure queste tracce di un passato lontano e dimenticato hanno risvegliato da sempre quell’interesse per le nostre radici umane e culturali che è presente in ciascuno di noi. Il fascino un po’ magico di questi monumenti spiega il legame con il mondo fiabesco creato dalla fantasia popolare: letti dei giganti, tombe dei giganti, case dei folletti, delle fate, degli spiriti. Nomi che da soli tradiscono un tentativo di capire, di interpretare. Queste strutture sono presenti praticamente in tutta Europa, Italia compresa, ma oggi parleremo del monumento che sicuramente tutti conoscono.

Eletto Patrimonio dell’Umanità nel 1986, Stonehenge è forse il più famoso sito megalitico del mondo. Si trova vicino ad Amesbury nello Wiltshire, in Inghilterra, circa 13 km a nord-ovest di Salisbury. Esso rientra nella categoria dei cosiddetti “Cromlech”, ossia dolmen disposti in cerchio. Da non confondersi con i Menhir (“pietra lunga”, come quello che porta sempre con sé Obelix), che erano pietre alte e grosse conficcate verticalmente nel suolo, i Dolmen sono invece delle triliti costituiti da due pietre verticali che sorreggono una terza pietra orizzontale a formare un portale. Questo complesso è formato da 30 enormi pietre verticali alte 4,11 metri ognuna con un peso di 25/50 tonnellate ciascuno e da altrettanti architravi. Oggi solo una parte di Stonehenge è rimasta intatta e le pietre che vediamo devono il loro attuale allineamento ai lavori di ricostruzione della prima metà del Novecento. La struttura attuale è composta da un cerchio interno con sei grandi blocchi di pietra sormontati da tre architravi colossali e un cerchio esterno di diciassette monoliti con architravi. Questo è tutto ciò che rimane di un monumento megalitico che un tempo comprendeva 162 elementi in pietra. L’immagine odierna non ha più di mezzo secolo: risale al 1964, quando le strutture litiche furono spostate per l’ultima volta. Solo sette dei venticinque supporti (e due architravi) che rimangono in piedi restano invariati. Gli altri sono stati riparati almeno una volta, e nel corso del secolo scorso sono stati messi diversi megaliti in cemento. L’area è circondata da una corda nera, per cui non è possibile avvicinarsi alle pietre, bensì osservarle da lontano (motivo per cui molti turisti rimangono delusi dalle aspettative). Al centro sorge la cosiddetta Pietra dell’Altare, un blocco di 5 metri di arenaria verde, attorno a cui si aprono i due anelli: uno di 30 fosse, chiamato i Buchi Z ed uno di 50 fosse chiamato i Buchi Y. Sempre all’interno del cerchio, ma disseminate quasi all’estremità, vi sono altri megaliti: la Pietra del Sacrificio, due delle quattro originarie Pietre della Stazione e dei tumuli senza sepoltura. All’esterno sorge la zona della Pietra del Tallone. I giganteschi massi (chiamati sarsen), in base ad alcuni rilievi, provengono da un sito che si trova a 30 km di distanza, mentre quelli di dimensioni inferiori furono trasportati da una zona distante oltre 200 km in Galles! Gli archeologi sono convinti che le pietre furono trasportate tramite slitte tirate da decine di uomini e fatte scivolare su rulli di legno. Si può quindi immaginare quanto tempo essi possono aver impiegato per far arrivare un solo singolo masso. Ecco perché per la sua costruzione sono state necessarie 80 generazioni in un arco di tempo che va tra il 3100 a.C. e il 1600 a.C. Una volta giunte in loco, le pietre verticali erano prima trascinate in corrispondenza di un foro nel terreno, fatte scivolare al suo interno con un sistema di leve appoggiate ad un “castello” di tronchi. La pietra era poi sistemata in verticale tirandola con funi, e il foro riempito con sassi. Una volta alzate le pietre verticali, si aggiungeva l’architrave alzandolo poco alla volta attraverso la costruzione di un fasciame di legname e l’uso di leve. I grandi sforzi per realizzare un progetto così colossale, unitamente alla mancanza di qualsiasi mezzo tecnologico, hanno suscitato molte perplessità nei fautori dell’archeologia non convenzionale al punto da intravedere in Stonehenge le tracce di una civiltà supermondiale, sparita a seguito di un gravissimo cataclisma o di una guerra nucleare ante litteram. Altri, come Erich Von Daniken, hanno ipotizzato che gli alieni ci abbiamo messo lo zampino…

Chi ha costruito Stonehenge? Un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del Museo di Storia Naturale di Londra, dopo aver analizzato il DNA di sei individui del Mesolitico e di altri 67 del Neolitico trovati in Gran Bretagna, ha rilevato un’affinità genetica tra i cacciatori-raccoglitori mesolitici britannici e quelli europei ed occidentali, senza trovare una diffusione degli originari cacciatori-raccoglitori del Neolitico. Tutto questo per dire che essi furono letteralmente soppiantati dai migranti provenienti dal continente. Gli scienziati hanno infatti trovato un forte legame genetico tra i neolitici britannici e quelli iberici, un dato che riporta alla loro reale provenienza, quella degli agricoltori nell’area dell’Egeo e dell’Anatolia che si dispersero nel Mediterraneo e che giunsero in Gran Bretagna dopo essere arrivati nella Penisola iberica attraversando il mare. Questi migranti non trasferirono in Gran Bretagna soltanto le loro preziose conoscenze agricole ma anche la loro tradizione nella costruzione di siti megalitici. Furono proprio i discendenti di questi uomini ad avviare la costruzione di Stonehenge. Gli alieni, stavolta, non c’entrano.

Ricostruzione di Stonehenge.

Ma veniamo allo scopo per cui questo colossale monumento fu costruito. Anche qui le ipotesi si sprecano e non sono per nulla concordi. Ipotizzando che l’attuale allineamento riproduca fedelmente il precedente, alcuni sostengono che Stonehenge rappresenti un antico osservatorio astronomico, con un significato particolare ai punti di solstizio ed equinozio. I diversi allineamenti possibili tra archi del monumento, fossi e pietre con gli oggetti celesti più ricorrenti segnavano varie date nel corso dell’anno, corrispondenti probabilmente ai più importanti appuntamenti agricoli e religiosi dell’anno, oltre alla posizione del sorgere e del tramonto del Sole e della Luna. Tutto questo non sorprende perché le prime comunità agricole dipendevano interamente dal ciclo delle stagioni, il cui corso implicava periodi di abbondanza di cibo, come la primavera e l’estate, e altri di carenza, come l’autunno e l’inverno. Trattandosi di una costruzione eretta millenni fa, oggi gli allineamenti non tengono più perché, nel frattempo, la precessione terrestre ha spostato le direzioni degli equinozi e dei solstizi. Chi si dovesse trovare a Stonehenge in occasione del solstizio estivo, forse rimarrà deluso dal non poter assistere allo spettacolo dell’allineamento tra le misteriose pietre inglesi nel giorno più lungo dell’anno. Un’altra teoria sostiene che si trattasse di un luogo percepito come magico già dalla primitiva comunità di abitanti, cui forse veniva attribuito un potere curativo e salutare. Ancora oggi arrivano persone dall’Irlanda, Galles ed Inghilterra del sud per farsi curare. Una poco fondata teoria vede i Druidi come protagonisti nell’esercizio del culto all’interno di Stonehenge. Ma questi sacerdoti erano soliti operare nelle foreste e negli spazi aperti, e non tra pareti rocciose. Altri studiosi hanno sostenuto che la struttura abbia avuto le funzioni di un tempio, anche se noi siamo abituati a pensare ai luoghi di culto seguendo gli schemi dell’epoca greco-romana o quelli delle religioni monoteiste. Nel caso del celebre sito inglese manca qualsiasi traccia inequivocabile di “ingresso”, in quanto l’unica interruzione del cerchio principale si trova in direzione sud, dovuta solo alla presenza di un monolite dalle dimensioni ridotte.

Secondo la ricostruzione del filosofo e geomante John Mitchell, i costruttori di Stonehenge avrebbero seguito un sistema di “geometria sacra”. Quindi esso sarebbe un vero e proprio modello dell’universo, eretto per celebrare le nozze sacre tra il Cielo e la Terra. Secondo alcune antiche credenze, da tale sacra unione si formerebbero potenti energie che sarebbero in grado di percorrere le “leylines” (linee geomantiche, ossia allineamenti di punti geografici aventi un interesse spirituale. Esiste la convinzione che tali allineamenti non sarebbero casuali ma collegabili a poteri soprannaturali) per portare forza e fecondità in tutto il mondo. Per questo motivo Stonehenge è oggi meta di pellegrinaggio per molti seguaci del Druidismo (religione riconosciuta e seconda solo a quella della Chiesa d’Inghilterra), del Celtismo, della Wiccan e di altre religioni neopagane.

Ogni anno circa 775.000 visitatori vengono ad ammirare questo suggestivo sito, che però è a rischio per via di alcuni progetti di parcheggi – per il momento accantonati – che comprometterebbero l’integrità del territorio. Senza contare che gli atti vandalici sulle antiche pietre, usate anche per non ben identificati rituali, aumentano il rischio di degrado di una struttura che ha resistito per 5.000 anni.

Viene da chiederci, infine, perché accollarsi la fatica di costruire un simile monumento. Per gli esperti, la costruzione di Stonehenge fu un evento eccezionale che coinvolse moltissime persone e conferì grande prestigio ai villaggi vicini. Per Susan Greanay, studiosa di Storia per l’English Heritage, “nella cultura occidentale contemporanea ci sforziamo sempre di rendere le cose il più facili e veloci possibile, ma probabilmente per i costruttori di Stonehenge non è stato così. Attrarre un gran numero di persone per partecipare al processo di costruzione è stato un potente strumento per dimostrare la forza della comunità alle popolazioni circostanti. Essere in grado di accogliere e premiare con feste cerimoniali queste persone che hanno viaggiato a lungo, come una sorta di pellegrinaggio, potrebbe essere stata un’ulteriore espressione del potere e della posizione della comunità”. Non appena si abbandonano i preconcetti moderni secondo i quali il popolo neolitico avrebbe cercato il modo più efficiente di costruire Stonehenge, le domande sul perché le pietre siano state portate così lontano sembrano superflue.

Vogliamo concludere citando una tra le numerose leggende associate a Stonehenge. Questa vuole la sua costruzione associata a Merlino. Secondo lo storico medioevale Goffredo di Monmouth, egli aveva chiesto al padre di Artù, Re Uther Pendragon, di costruire un giusto memoriale per suo fratello Ambrosius e i “Signori della Guerra” di Bretagna, tutti sconfitti a causa del tradimento dei Sassoni. Secondo la tradizione, qui giunse Giuseppe di Arimatea per esercitare il suo mestiere di piccolo mercante. Egli, come si credeva al tempo, portava le reliquie sacre del Santo Graal dalla Bretagna e costruì la prima chiesa a Glanstonbury, nel Somerset. Sempre secondo la tradizione si ritiene che Giuseppe portò il suo giovane nipote Gesù con lui per uno dei suoi viaggi in Bretagna. Merlino viaggiò verso l’Irlanda in cerca della leggenda del “Giant’s Dance“, un cerchio di rocce che si credeva avesse proprietà curative se l’acqua in cui erano state lavate fosse stata usata per curare il malato. Dopo una grande battaglia, Merlino portò le pietre magiche sulla spiaggia e le trasportò sulla zattera attraverso la Bretagna. In seguito le mise sulla piana di Salisbury. Sempre secondo la leggenda, all’interno del cerchio furono seppelliti Uther Pendragon e Costantino III.

Stonehenge al solstizio.

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