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Clerici (Assoedilizia): “I servizi locali si pagano con le tasse sugli immobili”

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Immobili Fisco Libero Quotidiano 7 dicembre 2014 “I servizi locali si pagano con le tasse sugli immobili” – Achille Colombo Clerici
“I servizi locali si pagano con le tasse sugli immobili”

ACHILLE COLOMBO CLERICI

In principio quasi tutto era Stato. Le entrate fiscali per il 96 % erano erariali e solo per il 4 % locali.

A fronte di questo sbilanciamento, lo Stato consentiva agli enti locali di fronteggiare le proprie spese, cheraggiungevano circa il 25 % di tutta la spesa pubblica, mediante trasferimenti. annuali di risorse finanziarie.

Negli anni, tuttavia, lo Stato, non solo ha trasferito a Comuni e Regioni alcuni propri compiti, alleggerendosi del relativo carico – uno su tutti l’edilizia residenziale pubblica – ma ha altresi innescato una politica di progressiva riduzione dei trasferinenti finanziari ai comuni.
Solo per l’anno 2013 si e’ trattato di un taglio di ben 2250 milioni.
Parallelamente ha istituito la fiscalita’comunale (principalmente ICI, ora IMU e Tasi) la quale, come e’ ovvio tende a crescere perche’ sospinta al rialzo dal progressivo ridursi dei “finanziamenti ” statali.
A fronte di questa duplicazione del prelievo a carico dei contribuenti, sarebbe risultato corretto che lo Stato permettesse, se non la detraibilita’, quanto meno la deducibilita’ dalle imposte erariali di quanto pagato ai Comuni.
Neanche per sogno.
Lo Stato continua a incassare quanto e piu’ di prima, contribuisce sempre meno al finanziamento dei bilanci dei Comuni e spinge in tal modo questi ultimi a calcare la mano sui propri contribuenti.
Qui si presenta pero’ un altro grave squilibrio.
Se i bilanci dei comuni sono e saranno finanziati solo dalla fiscalita’ locale, sarebbe logico che a concorrere fossero chiamati tutti gli utilizzatori dei “servizi” comunali stessi.
Cosi’ non avviene poiche’ sono esclusi pendolari e city users e pagano in modo ridotto quasi tre quarti delle famiglie residenti, per via del meccanismo distorcente dell’esenzione diretta dall’Imu per le abitazioni principali.
Rimangono infatti a pagare l’Imu oltre alle prime case signorili, solo le seconde case a disposizione, le abitazioni date in locazione, gli immobili commerciali: cioe’ proprio gli immobili che fanno mercato.
Ma le distorsioni non sono finite: per via del riferimento della fiscalita’ comunale al parametro patrimoniale-immobiliare ( e non invece a quello reddituale ) puo’ esser chiamato a pagare l’Imu, sulla base di un criterio catastale, colui che ha una minima capacita’ contributiva, mentre non paga chi, pur avendo una elevatissima capacita’ contributiva, abita ad esempio in una casa che per il catasto non e’ classificata signorile.
Finche’ dunque nel ragionare sulla Local Tax non si prendera’ in considerazione la fruizione dei servizi comunali, invece del possesso dell’ immobile, che sta alla base dell’attuale sistema, si rimarra’ lontani dal porre i necessari presupposti per una corretta impostazione del problema.
Rimane poi aperta la questione dell’invarianza del gettito, meglio della spesa comunale: e’ la storia del pollo di Trilussa.
All’interno di una fiscalita’ comunale di questo genere, per ogni euro che tizio non paga, ci sara’ sempre un caio che dovra’ pagare al suo posto.

Quando si parlava di esenzione IMU per la prima casa, realizzata non nella forma della detrazione dalle imposte erariali, avevamo denunciato questo effetto .

Dopo i passaggi dialettici tra service tax, trise, Tuc, Iuc, e’ sbucata la tasi che si e’ aggiunta all’Imu, per coloro che erano rimasti a pagarla.
Insomma, se si continua sulla via intrapresa, occorre avere chiara almeno l’idea che i servizi comunali verranno pagati solo mediante la patrimoniale immobiliare: che oggisignifica Imu piu’ Tasi sugli immobili-mercato, e domani local tax, sempre e solo sugli stessi beni ed in minina parte. sull’abitazione principale.
Ed il contribuente che rimarra’ invischiato in tale gioco rischiera’ di esser stritolato.

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