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Migranti, soccorsi e lotta a trafficanti: l’impegno della Gdf a Lampedusa.

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giovedì, Maggio 2, 2024

Poco più di 150 chilometri. E’ il confine liquido, la distanza che separa le coste del Nord Africa da Lampedusa, la frontiera tra disperazione e speranza. In mezzo c’è un mare che per molti è l’inizio di una vita possibile, ma per tanti, troppi, è diventato una tomba senza nome. Per chi parte a bordo, sempre più spesso, di gusci di latta assemblati in fretta per stipare quante più persone possibili, quel tratto di mare è solo la fase finale di un viaggio, il più delle volte durato anni, e la salvezza ha il volto anche degli uomini e delle donne della Guardia di finanza. Di quelli della Sezione operativa navale (Senaguarfi) di Lampedusa, istituita dal Corpo tre anni fa sulla più grande delle Pelagie sotto la guida del capitano Edoardo Anedda. “Quell’area è costantemente pattugliata – dice in un’intervista all’Adnkronos il capitano, oggi trasferito a Trieste per un nuovo incarico -. Ci sono velivoli delle varie amministrazioni dello Stato e di Frontex che effettuano continue ricognizioni aero-marittime per segnalare imbarcazioni con migranti in navigazione verso l’isola, ma anche eventuali situazioni sospette”.

Nella rotta mortale del Mediterraneo centrale, che dall’inizio dell’anno ha già inghiottito 2mila vite, le partenze dalla Libia si sono progressivamente ridotte. Si parte da Sfax soprattutto. Chi può – nella maggior parte dei casi tunisini – sceglie ‘viaggi di lusso’ su navi madri. Il copione, in questi casi, è più o meno identico: una prima parte della traversata a bordo di un grosso peschereccio, poi, a qualche decina di miglia dalle coste di Lampedusa, il trasbordo su imbarcazioni più piccole. Per tutti gli altri, subsahariani in special modo, non c’è scelta. Ammassati su barchini di lamiera con una linea di galleggiamento ridottissima affrontano il mare. Stretti e immobili. Perché la barca non si riempia d’acqua. Perché non vada a fondo. Migranti vittime dei trafficanti di esseri umani e adesso anche dei ‘pirati’ del mare, pronti ad assaltare i natanti carichi di naufraghi per rubare loro il motore e quei pochi beni che hanno al seguito. Lo sanno bene anche gli uomini e le donne della Sezione operativa navale di Lampedusa, perché accanto al soccorso e all’assistenza alle carrette del mare, la Senaguarfi svolge attività di polizia giudiziaria.

“La Guardia di finanza, quale responsabile del coordinamento di tutte le attività di contrasto all’immigrazione irregolare via mare sia nelle acque territoriali che nella cosiddetta zona contigua (sino alle 24 miglia, ndr) – sottolinea il capitano Anedda – è quotidianamente coinvolta nelle operazioni di law enforcement in mare per la repressione di condotte criminose come favoreggiamento dell’immigrazione irregolare e atti di pirateria”. Un’attività di contrasto ai trafficanti di esseri umani che in tre anni, dopo indagini serrate, ha portato all’arresto di 42 persone.

La parola d’ordine per chi opera sul confine più a sud d’Europa è collaborazione. “Il fulcro centrale dell’attività è lo scambio informativo, il raccordo operativo tra noi e la Capitaneria di porto”, spiega. Il pattugliamento delle acque territoriali è costante. “Come Guardia di finanza abbiamo sempre, h24, un mezzo reperibile. In base allo scenario operativo, al numero di segnalazioni, ai profili di rischio ci coordiniamo, nel rispetto delle competenze di ciascuno, con la Capitaneria di porto, con cui c’è un continuo scambio di dati e informazioni, per essere sempre reattivi e impiegabili in ogni situazione di interesse”. La Sezione operativa navale della Gdf di Lampedusa può contare su un organico di una trentina di unità (“ma in situazioni di particolare emergenza possiamo arrivare anche a 60 persone”) e mezzi di diverso tipo dai pattugliatori alle vedette (“unità navali caratterizzate da elevate prestazioni in termini di velocità che in caso di emergenza riescono a intervenire in tempi molto rapidi”).

“Il numero vedette varia in base alle esigenze – sottolinea il capitano Anedda – . Il dispositivo navale è, comunque, sempre rafforzato da unità maggiori, i guardacoste, rischierati a rotazione da altri reparti del Corpo. Su input di Frontex, in base alla disponibilità dei Paesi membri e della logistica dell’isola, è possibile contare anche su assetti navali stranieri, che concorrono all’attività sotto il nostro coordinamento operativo”.

Donne e uomini, quelli della Sezione operativa navale della Guardia di finanza di Lampedusa, addestrati a intervenire anche in situazioni limite. “Il personale del contingente di mare della Gdf è formato nella Scuola nautica del Corpo a Gaeta. Qui, in base alla specializzazione (comandante di bordo, nocchiere, motorista, operatore di sistema) affronta specifici percorsi di studio e di addestramento per affrontare qualsiasi scenario. A chi presta servizio nel settore dell’immigrazione, però, è richiesto un impegno fisico ed emotivo maggiore – dice il capitano Anedda -. Periodicamente vengono organizzati incontri formativi sulla gestione dello stress in questa tipologia di attività in mare, a testimonianza dell’attenzione che l’Amministrazione ripone verso chi lavora in questo ambito. E’ importante preparare il personale a bordo delle motovedette ad affrontare eventuali situazioni traumatiche”. 

Lo è anche da un punto di vista operativo, perché di fronte all’imprevisto, alla tragedia non messa in conto e improvvisamente accaduta non sono ammessi sbagli. Salvare le vite di chi si affida al mare a bordo di quelle che gli investigatori hanno ribattezzato ‘bare galleggianti’, però, non è solo una questione di tecnicaServe cuore e coraggio. “I ‘miei’ ragazzi fanno un lavoro eccezionale, lo fanno con estrema dedizione, abnegazione e umanità. Non si tirano mai indietro”, dice il capitano Anedda. Da qualche giorno ha lasciato il comando della Sezione operativa navale al capitano Gianluca Petrone, ma su quell’isola e tra le donne e gli uomini di quel reparto ha lasciato un pezzetto di cuore. “Il nostro compito come militari è esserci sempre, dare il massimo affinché nessun evento tragico possa accadere”. Eppure chi affida alle onde e a un barchino di pochi metri il sogno di una vita diversa sa bene che qualcosa può andare male. E lo sanno anche le donne e gli uomini della Sezione operativa navale della Gdf di Lampedusa. “Alle tragedie non ci si può mai abituare. Ogni evento tragico, ogni naufragio porta con sé un grande dolore, ma non deve mai mancare quella lucidità e professionalità che permette di continuare a operare e soccorrere le tante altre persone in difficoltà. La priorità è salvare vite. Sempre. E in qualsiasi condizione”. 

Sulle motovedette e sul molo Favaloro, la lingua di cemento che per prima sull’isola accoglie i vivi e i morti, il capitano Anedda ha incrociato disperazione e speranza. Ha conosciuto la gioia di chi ce l’ha fatta, come una donna di origine subsahariana che, “tratta in salvo in condizioni meteomarine avverse, una volta a terra ha iniziato a baciare il suolo e a piangere a dirotto, grata di avercela fatta”. Ha accolto il dolore di chi ha dovuto dire addio a un proprio caro, come una giovane madre che nel naufragio del barcone su cui viaggiava ha perso la sua bimba.

“Quando sono sbarcate al molo – ricorda – la bambina è stata portata via in ambulanza, è morta subito dopo. Tramite gli assistenti sociali le abbiamo dovuto comunicare che la piccola non ce l’aveva fatta. Quel volto, rigato dalle lacrime, quel suo dolore composto, quell’immensa dignità nell’accettare una tragedia immane come la perdita di una figlia mi colpirono profondamente”. In mezzo i sorrisi dei tanti bimbi strappati alle onde, alcuni poco più che neonati, che “ripagano delle notti insonni e delle giornate interminabili”. Frammenti di vite incrociate per pochi attimi, che oggi il capitano Anedda porta con sé. “Servono a ricordarmi, se mai ce ne fosse bisogno, l’incredibile lavoro che viene svolto da chi opera laggiù, dai ‘miei’ ragazzi e, in generale, da chiunque opera in questo settore”. Per gli ‘angeli’ del mare, però, non c’è tempo per fermarsi. “Una volta condotti in porto, al sicuro, la missione è conclusa. C’è da pensare al prossimo avvistamento, alla prossima segnalazione”. Alle altre vite da salvare. Sempre e comunque.

Rossana Lo Castro

ADNKRONOS.COM

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