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I.A. La recente nascita e le prospettive di sviluppo (parte seconda).

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Breve storia
La storia dell’intelligenza artificiale viene convenzionalmente fatta nascere dagli studi compiuti dal matematico inglese Alan Turing il quale in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Mind nel 1950, dal titolo “Computing machinery and intelligence”, aveva proposto un test noto come Test di Turing.
All’inizio del proprio articolo, Turing proponeva il gioco delle imitazioni con il quale si ipotizzava che una persona ponesse delle domande a due diverse persone collocate in stanze separate tra loro, una persona di genere femminile e una di genere maschile isolate l’una dall’altra; secondo il gioco, la persona che fa delle domande deve capire in base alle risposte date se la persona che risponde è di genere maschile o femminile.
Turing ipotizzava, nel proprio gioco delle imitazioni, di sostituire una delle due persone nel fornire le risposte con una macchina. Secondo il test, quando colui che pone le domande non sia più in grado di distinguere dalle risposte se chi risponde è una persona o una macchina, allora possiamo ipotizzare che la macchina abbia un’intelligenza e possa pensare.
Secondo le teorie di Turing, il tipo di programma di istruzione di una macchina, in grado di pensare, avrebbe dovuto costruire un apprendimento simile a quello dei bambini, e non una conoscenza tipica di una persona adulta, in modo tale che la macchina possa adottare un processo di apprendimento progressivo.

I successivi sviluppi dell’intelligenza artificiale hanno attraversato la programmazione di alcuni giochi quali ad esempio quello degli scacchi (ricordiamo il celeberrimo computer Deep blu, che il 10 febbraio 1996 a Philadelphia vinse la prima partita a scacchi contro Garri Kasparov, perdendo poi il match, e che nella rivincita, giocata nel 1997 e conclusasi l’11 maggio, vinse la sfida contro Kasparov).
Nell’ipotizzare la creazione e lo sviluppo di un’intelligenza artificiale, si rese immediatamente necessario definire delle regole di interazione tra mondo umano e mondo artificiale. Il salto verso sviluppi ignoti rese necessario stabilire dei principi di salvaguardia per il mondo umano, delle regole per preservare la prevalenza dell’intelligenza umana ed una forma di controllo sull’intelligenza artificiale.

Sorprendentemente, negli anni ’40 fu lo scrittore di fantascienza Isaac Asimov ad ideare le tre leggi della robotica, che ancora oggi costituiscono un riferimento fondamentale per lo sviluppo della intelligenza artificiale.
Le tre leggi vengono qui di seguito riportate:

  • Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno;
  • Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla prima legge;
  • Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la prima o con la seconda legge.

Rispettivamente le leggi enunciate esprimono i concetti di sicurezza (prima legge), servizio (seconda legge) e autoconservazione (terza legge).

Nel 1956 si tenne nel New Hampshire un evento scientifico mondiale in cui fu teorizzata l’intelligenza artificiale e fu coniato il termine stesso di intelligenza artificiale da John McCarthy. L’evento durò diverse settimane e lo stesso anno fu pubblicato il primo programma di intelligenza artificiale chiamato Logic Theorist. Veniva presentato al mondo il programma Logic Theorist, un programma scritto da Allen Neuel, Herbert A. Simon e Cliff Shaw che era il primo programma deliberatamente progettato per svolgere ragionamenti in forma automatica ed è considerato il primo programma di intelligenza artificiale.

Nel 1958 Frank Rosemblatt introdusse il primo modello di rete neurale artificiale denominato “Percettrone”. Nell’apprendimento automatico il percettrone è un classificatore di tipo binario, il quale presi degli input (numerici), applica a ciascuno di essi dei pesi.

Nel 1959 McCarthy contribuì ulteriormente allo sviluppo di un sistema di intelligenza artificiale, definendone un linguaggio di programmazione che sarebbe stato dominante per i successivi trent’anni, ovvero il LISP (List Processor, che comprende una famiglia di linguaggi di programmazione) posto a base di molti software tra i quali EMACS (un editor di testo libero). McCarthy, inoltre, descrisse il primo sistema intelligente completo, capace di trovare soluzioni a problemi diversi da quelli di tipo matematico, il sistema Advice Taker.

Nel 1970 Seppo Linnainmaa, matematico e informatico finlandese trovò l’algoritmo per la differenziazione automatica utilizzato per il calcolo della retro-propagazione dell’errore nell’allenamento delle reti neurali artificiali e utilizzato per l’apprendimento automatico e di apprendimento profondo per l’intelligenza artificiale. Il primo sistema di intelligenza artificiale utilizzato in ambito commerciale fu R1, utilizzato dalla Digital Equipment nel 1982 per configurare gli ordini dei nuovi computer; ben presto poi i sistemi di intelligenza artificiale si diffusero nel settore commerciale ed industriale, garantendo il raggiungimento di maggiore efficienza e di minori costi nei processi delle attività.

Il ritorno delle reti neurali nel 1986 segnò l’impiego dell’intelligenza artificiale in tutti i settori e la sua diffusione in tutte le attività umane. Il linguaggio attualmente più usato nell’intelligenza artificiale è il PYTHON (Linguaggio di programmazione orientato ad oggetti, sulla tipologia di Visual basic), che risulta il più veloce e versatile nel creare e gestire algoritmi complessi.

La I.A. è come l’intelligenza umana?
La valutazione e la comparazione di valore dell’intelligenza artificiale rispetto a quella umana, impone anzitutto l’individuazione del concetto di intelligenza.
Pur non essendo ancora arrivati ad una definizione univoca del concetto di intelligenza, la definizione maggiormente condivisa in ambito scientifico è quella di un complesso di capacità di un determinato soggetto di affrontare e risolvere con successo problemi nuovi o sconosciuti.
Partendo da tale definizione, possiamo individuare un’intelligenza umana, un’intelligenza animale e persino un’intelligenza vegetale.

Il problema della definizione del concetto di intelligenza è balzato in piena evidenza nello scorso secolo, allorquando nell’esplorazione del mondo che ci circonda abbiamo iniziato a cercare la presenza di altre forme di intelligenza intorno a noi, e nello specifico nella ricerca spaziale con lo sviluppo dei programmi di esplorazione del nostro sistema solare.

Carl Sagan.

Carl Sagan (astronomo ed astrofisico statunitense) nel corso degli anni sessanta e settanta collaborò con la NASA per le missioni dei programmi Mariner, Voyager e Viking.
Nel corso della propria collaborazione e delle ricerche scientifiche collegate all’esplorazione del sistema solare, Sagan si dedicò alla ricerca dell’esistenza di possibili forme di vita e di civiltà aliena.

La placca Pioneer 10.

Per le sonde Pioneer 10 e Pioneer 11 Carl Sagan, insieme a Frank Drake nelle missioni del 1972 e del 1973, realizzò una placca in alluminio anodizzato placcata in oro, contenente delle immagini rappresentanti un uomo e una donna nudi, e diversi simboli destinati a comunicare informazioni sull’origine delle sonde, sul sistema solare, sulle dimensioni in scala della navicella e degli esseri umani, sul numero binario 1 ed altre informazioni.

Voyager Golden Record.


Sagan fece parte del progetto Voyager Golden Record, un disco per grammofono realizzato in rame e placcato d’oro, contenente immagini e suoni della terra. Il disco contiene 115 immagini della terra, suoni naturali, una selezione musicale proveniente da diverse culture e diverse epoche e i saluti degli abitanti della terra in 55 lingue diverse. Il disco è stato inserito nelle due sonde spaziali del programma Voyager ed è destinato a comunicare con eventuali civiltà aliene.
Carl Sagan fu tra i fondatori del progetto SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) per la ricerca di intelligenza extraterrestre nel cosmo tramite strumenti radio e ottici.

La vicenda della ricerca di forme di intelligenza nello spazio al di fuori del nostro pianeta ha segnato un capitolo importante nella definizione del concetto di intelligenza.
Infatti il punto di partenza della valutazione del concetto di intelligenza è stato quello di definire qualcosa di paragonabile e di confrontabile con l’intelligenza umana intesa come capacità espressa in un dato momento storico.
La criticità espressa nei confronti della ricerca è dettata dal fatto che le forme di intelligenza potrebbero avere forme di espressione non comprensibili per il nostro linguaggio e per le nostre capacità tecnico-scientifiche.
L’uomo presume che la strada tecnologica e scientifica da egli tracciata per la conoscenza sia l’unica strada percorribile e che su tale strada debba avvenire il confronto con altre forme di intelligenza.
Proprio lo sviluppo dell’intelligenza artificiale ci sta insegnando che esistono strade diverse, come manifestazione dell’intelligenza delle macchine che prescinde dalla forma e dalla sostanza biologica.

Nella programmazione delle macchine, dei computer, negli anni 80-90 si è tentato di istruire le macchine con metodo di apprendimento “umano”. Si è tentato di scrivere programmi che seguissero la logica del pensiero umano, sfruttando le capacità della macchina, per giungere ai risultati.
I risultati di questo tipo di istruzione nell’intelligenza artificiale sono stati fallimentari.
I problemi di istruzione dell’intelligenza artificiale hanno dovuto seguire un approccio di carattere matematico concreto, rinunciando all’applicazione delle teorie.
L’approccio statistico è stato uno dei metodi usati per risolvere il funzionamento di alcuni programmi di intelligenza artificiale.
Se pensiamo ad esempio alla scrittura predittiva, con il suggerimento delle parole per il completamento della frase, il programma di funzionamento non si basa sull’individuazione del significato delle parole, ma sull’applicazione della statistica delle parole inserite e digitate a completamento della frase.
Anche l’acquisizione dei dati e lo studio dei comportamenti umani, fornisce dati statistici di istruzione.
Il passaggio successivo è stato quello di creare degli algoritmi per trattare i dati statistici e consentire alla macchina di trovare soluzioni in base ai dati forniti.
E’ nata così una generazione di algoritmi in grado di fornire risultati senza seguire i modelli umani delle regole di istruzione teorica.
La conclusione è che l’intelligenza non ha bisogno di quei parametri umani che noi riteniamo necessari per la sua sussistenza (ad esempio l’autocoscienza), ma può esistere indipendentemente dal modello umano.

Istruzione e capacità di apprendimento
Il modello umano fonda la propria capacità di sviluppare la propria intelligenza dall’acquisizione delle esperienze sensoriali e/o psichica e dalla loro associazione con gli stati fisici e/o psicologici dell’individuo, tenuto conto della matrice biologica dello stesso.
La combinazione di tutti questi aspetti, unita alla capacità di comunicazione e di interazione tra gli individui, fonda il modello di sviluppo dell’intelligenza umana.
L’intelligenza artificiale fonda la propria capacità su processi sostanzialmente diversi.
Anzitutto la matrice non è una matrice biologica ma una matrice elettronica o elettromeccanica.
Successivamente occorre evidenziare che l’istruzione dell’intelligenza artificiale non si basa sulle acquisizioni dell’esperienza sensoriale/psichica, ma sull’acquisizione mediata di dati che vengono complessivamente trasformati in bit mediante l’utilizzo di un sistema di comunicazione binario. La capacità di acquisizione dei dati e la capacità della loro combinazione ed elaborazione definiscono un sistema di intelligenza artificiale.

Tornando al test di Turing, di fatto una macchina potrebbe rendere risposte in grado di non renderla distinguibile da un essere umano: se l’effetto può sembrare lo stesso, completamente diverse sono le strade percorse per raggiungerlo.
Le tipologie di intelligenza artificiale si distinguono in Intelligenza Artificiale debole, o ristretta, addestrata ed orientata ad eseguire attività specifiche (esempio veicoli a guida autonoma, sistemi di intrattenimento, assistenti vocali ecc.), ed Intelligenza Artificiale forte, che a propria volta si distingue in AGI (intelligenza artificiale generale) in grado di avere una coscienza autoconsapevole, di risolvere problemi e di pianificare il futuro similmente ad un’intelligenza umana, ed ASI (Super Intelligenza Artificiale) definita come l’intelligenza in grado di superare il cervello umano.
Nei processi di apprendimento dell’intelligenza artificiale si distingue l’apprendimento automatico, il cui obiettivo è quello di addestrare la macchina su un insieme di dati di apprendimento per farle risolvere in autonomia problemi e compiti nuovi costruendo un modello probabilistico creato su base statistica, dal cosiddetto deep learning che sia pure nell’ambito dell’apprendimento automatico, costituisce una classe di algoritmi e si fonda su un’insieme di tecniche basate su reti neurali multistrato.

Rete neurale umana.

L’integrazione della I.A. nel mondo umano
Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e la creazione di nuovi algoritmi ha di fatto affidato molti settori dell’attività umana alla gestione da parte delle macchine.
Nello svolgimento della vita quotidiana, molte delle nostre interazioni (l’uso del telefono, l’uso del computer, la gestione di un archivio, la trasmissione di ordini commerciali, la gestione delle informazioni ecc.) sono affidate a decisioni prese dalla I.A.

Quelli che ci sembrano i compiti più faticosi e noiosi da espletare, costituiscono altresì una manifestazione di libertà e di potere autodecisionale cui l’individuo umano sta progressivamente rinunciando.
L’essere umano si sta autoconfinando in spazi sempre più ristretti, in situazioni certamente più confortevoli, che tuttavia implicano la rinuncia all’esercizio di molte delle sue capacità e facoltà che vengono delegate alle macchine.
Tutto questo avviene secondo un meccanismo di fiducia cieca ed incondizionata, secondo il quale è del tutto naturale che il nostro fidato amico elettronico svolga al nostro posto gran parte degli adempimenti più faticosi.

Così come a scuola e nella vita comune è diventata ormai abitudine eseguire anche i calcoli più semplici con l’aiuto della calcolatrice, inserita come programma anche nei telefoni, rinunciando all’elasticità mentale nell’eseguire i calcoli matematici e dimenticando persino le care vecchie “tabelline”, anche la lettura, l’istruzione e l’informazione sono totalmente mediate da sistemi informatici, anche le selezioni dei concorsi pubblici sono governate da programmi informatici.
La questione diviene più delicata considerando quei sistemi informatici che tendono a classificare le scelte e gli orientamenti degli utenti/consumatori, sottoponendo agli stessi informazioni e prodotti basati sulle scelte precedenti, e creando dei meccanismi occulti di governo e di indirizzo delle scelte, dei gusti, delle preferenze.
Che poi tali meccanismi di condizionamento si trasformino in meccanismi di orientamento della volontà e delle coscienze delle persone e delle masse, costituisce un passaggio quasi automatico e naturale.

Si pongono, quindi, gravi problemi a monte dell’affidamento delle attività umane all’intelligenza artificiale.
Quali sono le regole? Quali sono i limiti? Il destino dell’uomo è ancora nelle sue mani? A chi è affidato il controllo sull’Intelligenza Artificiale?
Vedremo nel prossimo articolo quali sono le sfide che l’uomo dovrà affrontare per garantire la propria egemonia e la propria libertà nei confronti del talentuoso Mister Ripley.

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