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“Se il futuro dell’Europa è in Italia”,di Clerici.

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“Se il futuro dell’Europa è in Italia”  QN IL GIORNO del 3 luglio 2021

di Achille Colombo Clerici

Senza nulla togliere al merito del Governo che è riuscito a far affluire in Italia una quota assai consistente del Next Generation EU si può affermare, sinteticamente: se il futuro dell’Italia è in Europa, il futuro dell’Europa è in Italia. Vediamo perché.

Innanzitutto va detto che, per quanto riguarda il nostro Paese, la ripresa del Pil dopo il Covid sfiorerà quest’anno il 5%, ma il livello pre-pandemia (di per sé non un obiettivo ottimale) si raggiungerà solo nel 2022, sia pure con un indebitamento pubblico che balzerà dal 134,8 del 2019 a quasi il 160%. L’inevitabile riduzione di questo debito può avvenire in costanza di alcuni fattori. Nello scenario attuale, la crescita reale del Paese poco sotto l’1% – con un avanzo primario tra l’1,5 e il 2% – il permanere di tassi di interesse molto bassi, potranno portare il debito pubblico al 150% nel prossimo decennio.  Questo livello manterrebbe comunque l’Italia esposta ad eventi ‘avversi’, quali un rialzo dei tassi.

A ridurre il rischio gioca il fatto che una quota consistente del debito (44,6%) è detenuto dall’UE e dall’Eurosistema: al netto di questa quota, il debito si attesta al 111,2% del Pil, destinato ad abbassarsi ulteriormente grazie ai prestiti previsti dal Recovery Plan. E un ulteriore contributo alla manovra-riduzione dovrebbe giungere dalle riforme e dagli investimenti programmati dal Pnrr. In totale, un tasso di crescita potenziale dello 0,8% che si sommerebbe, come detto, a quello ‘storico’ che è quasi dell’1% .  In questo scenario, l’evoluzione del rapporto debito/Pil si orienterebbe verso una decisa riduzione, con una prospettiva economica, politica e sociale del Paese decisamente più stabile.

Ma il medesimo scenario sottintende che si renda permanente la mutualizzazione e l’emissione di Eurobond; cioè la ridistribuzione del debito pubblico – non solo italiano ma anche degli altri Paesi – in seno ai meccanismi finanziari della Comunità: cosa che, come sappiamo, i “Paesi frugali” aborrono. Riforme (modifiche dei Trattati) saranno necessarie anche in Europa, dopo le elezioni in Francia e Germania.

L’amara pillola del dover pagare i debiti altrui potrebbe essere inghiottita se i Frugali si convincessero che aiutare l’Italia ed altri sarebbe, alla fine, positivo anche per loro. Ma se – parliamo per noi – dovessimo fallire la prova, sarebbe la fine dell’Europa come la conosciamo. In alternativa, il bis, di proporzioni colossali, del ‘caso Grecia’.

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