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Assoedilizia: Casa sempre più Bancomat, è il turno delle successioni.

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Assoedilizia mette in guardia contro la possibile svendita di immobili per far fronte alla tassa.

Casa sempre più Bancomat, è il turno delle successioni

F.L.26/09/2014

Allarmi, conferme e smentite su un tema scottante come quello delle imposte di successione. Come sempre quando si tocca il bene principe nell’immaginario italiano, ovvero la casa, è facile mettersi sul chi va là.

Gli italiani sono nella maggioranza proprietari di case, spesso beni acquistati da generazioni precedenti che hanno guadagnato soldo su soldo per costruire il proprio nido di mattoni, e che al momento giusto vorrebbero lasciarlo in eredità ai propri discendenti. I quali a propria volta provengono sempre più spesso da generazioni precarie, che mai potrebbero permettersi l’acquisto di una casa, e che potrebbero vedere l’eredità delle mura domestiche come una sicurezza economica in più.

Cosa succederebbe a tutta questa situazione se, oltre alle tasse pagate in vita – le varie Imu, Tasi, Tari e chi più ne ha più ne metta – anche dopo la morte di una persona cara il valore dell’immobile ereditato dovesse erodersi a causa di un inasprimento del prelievo fiscale, che altro non sarebbe che una nuova, odiosa tassa patrimoniale?

AssoEdilizia

Lo scenario non alletta nessuno, ma il periodo, si sa, è gramo, e un restyling (leggi: aumento) delle imposte di successione sembra alle porte, con l’avvento della prossima legge di Stabilità, nonostante le smentite del ministro dell’economia Padoan e del vice Ministro Casero.

Inoltre, a quanto pare, l’Italia campione di pressione fiscale risulta invece troppo benevola rispetto al resto d’Europa in termini di imposta di successione, quindi la scusa per alzare le aliquote c’è (sorvolando sul fatto che ci sono ben altre aliquote molto più salate che nel resto del Continente, e ignorando qualsiasi volontà di compensazione).

Ma com’è adesso la situazione riguardo la successione ereditaria? Innanzitutto, l’imposta di successione era stata completamente eliminata nel 2001, per essere poi reintrodotta con la legge finanziaria del 2007.

Attualmente la situazione prevede, in caso di eredità o di donazione spontanea di beni, una franchigia di un milione di euro: in altre parole, non si paga nulla se si eredita o si riceve in donazione un ammontare di beni, mobili e immobili, al di sotto di questa cifra.

Sopra il milione di eredità, per la quota eccedente, la successione va pagata a carico dei diversi eredi secondo aliquote diverse. Il 4% è a carico di coniuge, figli e genitori; il 6% a carico di fratelli e sorelle (e in questo caso la franchigia si riduce a 100 mila euro); il 6% è a carico di altri parenti fino al terzo grado, i quali non hanno alcuna franchigia. Gli estranei pagano invece l’8%, mentre in caso il beneficiario sia un portatore di handicap grave, la franchigia cresce a 1,5 milioni di euro. Per ulteriori dettagli, vedere in allegato la guida dell’Agenzia delle Entrate sul tema.

In che modo la prossima legge di Stabilità potrebbe mettere le mani su questa situazione? Rumours parlano di un abbassamento della franchigia per gli eredi diretti da 1 milione a 200 mila euro, e da 100 mila a 30 mila per i fratelli. Si parla poi di un innalzamento delle aliquote, che diverrebbero il 5% per gli eredi in linea diretta, l’8% per gli altri parenti e il 10% per gli estranei.

Questo significherebbe che non solo gli eredi di immobili di lusso o di pacchetti complessi di proprietà, entro il milione di euro, sarebbero considerati abbastanza “ricchi”da poter sottostare ad una patrimoniale di questo tipo. Ma anche il semplice passaggio ereditario di un appartamento di media grandezza di padre in figlio potrebbe portare con sé, oltre al dolore della perdita della persona cara, anche l’amarezza di una grossa tassa.

Per quantificare, su un valore imponibile di 200 mila euro (assolutamente nella media delle abitazioni italiane) un coniuge o un figlio pagherebbero 10 mila euro di tasse, che per l’italiano medio possono corrispondere a oltre sei mesi di stipendio, o un anno di pensione. Il tutto non rateizzabile. E il tutto aggiunto alle imposte ipotecarie e catastali, per le quali, è vero, esistono agevolazioni (almeno per la prima casa), ma non è escluso che il Governo possa voler mettere mano anche a quelle.

Vale davvero la pena accanirsi in questo modo sui cittadini italiani, già vessati da mille altre tasse sulal casa e non solo? Certo, il Governo, nella persona di ministro e viceministro dell’Economia, si sono affannati nei giorni scorsi a negare che qualsiasi ipotesi sia allo studio relativamente alla successione ereditaria.
Ma il tutto resta nella nebbia, e le discussioni continuano a susseguirsi.

L’ultimo commento da parte di Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia, che invoca la necessità di “intendersi bene” su questa materia, soprattutto tenendo conto dell’altra riforma in atto, ovvero quella del catasto, che potrebbe influire anche sui valori ereditari degli immobili, mettendo gli eredi nelle condizioni di svendere l’immobile ereditato per far fronte alla tassa, con conseguente ulteriore crollo dei prezzi nel mercato.

“Con la riforma del catasto in corso – spiega Clerici – che innalzerà sensibilmente il valore degli immobili e quindi la base impositiva, l’imposta di successione, già nella forma attualmente esistente, assumerà una portata espropriativa. L’immobile non è un bene che si possa vendere a fette per pagare le tasse; da qui il rischio di svendita ove si tratti di fare cassa per fronteggiare l’imposta, che equivale ad una parte non irrilevante dell’intero valore”.

“Più che un inasprimento – continua Clerici – occorrerebbe dunque una riduzione dell’impatto dell’attuale successione: ad esempio eliminando le imposte ipotecarie e quelle catastali (o sottoponendole a  tassazione fissa di 168 euro) al fine di equiparare sul piano dell’incidenza fiscale tutte le fattispecie successorie. Non è solo una questione di equità generale. Questa imposta infatti non è di alcuna utilità sociale, per le casse erariali, perchè il suo gettito risulta assolutamente irrilevante (500 milioni, contro i 53 miliardi del gettito della fiscalità immobiliare ed i 425 miliardi di entrate tributarie complessive); mentre per chi vi incappa è una vera tagliola che porta anche alla svendita dei patrimoni per poterla fronteggiare, tanto da assumere dunque una connotazione ideologica e punitiva. E sicuramente un suo inasprimento sarebbe causa di un ulteriore calo di fiducia nell’investimento immobiliare: è per certo ciò di cui la nostra economia non ha bisogno”.

Un appello a fare chiarezza, quindi, dal presidente di Assoedilizia, e da tutti i cittadini italiani.

Assoedilizia informa
MONITORIMMOBILIARE ed. 26 settembre 2014

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