“È stata una decisione difficile, ma necessaria”. Così il ministro dell’Economia Giovanni Tria nella lettera inviata a Bruxelles lunedì 22 ottobre in puntuale risposta alle obiezioni comunitarie all’impianto della manovra che, a suo parere, non espone” a rischi la stabilità finanziaria dell’Italia né degli altri Paesi membri dell’Unione europea”. Il governo italiano, spiega il ministro, “è cosciente di aver scelto un’impostazione della politica di bilancio non in linea con le norme applicative del Patto di Stabilità e Crescita”, ma si tratta di un male necessario “alla luce del persistente ritardo nel recuperare i livelli di pil pre-crisi e delle drammatiche condizioni economiche in cui si trovano gli strati più svantaggiati della società italiana”.
Tria aggiunge comunque che “qualora i rapporti deficit/Pil e debito/Pil non dovessero evolvere in linea con quanto programmato il governo si impegna a intervenire adottando tutte le necessarie misure affinché gli obiettivi indicati siano rispettati”. Insomma, se la situazione lo richiedesse non è escluso che i cordoni della borsa si stringano rispetto alle previsioni: un’ipotesi che il ministro a settembre aveva anticipato di voler inserire in manovra come vera e propria “clausola di salvaguardia” sul fronte delle uscite. Sulla stessa linea il premier Giuseppe Conte, che incontrando la stampa estera ha espresso “disponibilità a valutare un contenimento delle spese nel corso di attuazione della manovra” e ha spiegato che il 2,4% di deficit/pil “è il tetto massimo“. Non è escluso che insomma ci si possa fermare prima di raggiungerlo.