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TIROIDITE DI HASHIMOTO: L’IPOTIROIDISMO AUTOIMMUNE.

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venerdì, Maggio 3, 2024

La tiroidite di Hashimoto, definita come tiroidite cronica autoimmune è una patologia tiroidea che prende il nome di un medico giapponese Hakaru Hashimoto, che la studiò e la descrisse per la prima volta nel 1912.
Si tratta della prima causa di ipotiroidismo primario, colpisce prevalentemente le donne ed è più frequente nelle aree con scarso apporto di iodio.

La Tiroide è un organo localizzato appena sopra la trachea, ricoperto e protetto dai muscoli del collo: la sua funzione si esplica nella produzione di ormoni che regolano il nostro metabolismo accelerandolo; ne consegue che la carenza di attività tiroidea, definita come ipotiroidismo, determina sintomi legati ad un rallentamento delle nostre funzioni metaboliche, mentre la situazione opposta, ipertiroidismo, determina un incremento degli stessi processi.

Come la Malattia di Basedow, anche questa tiroidite ha un’origine autoimmune (patologia che si sviluppa quando il sistema immunitario agisce in maniera spropositata verso il proprio organismo e non verso agenti esterni), ma con un meccanismo di azione differente: in questo caso non si tratta dell’azione di autoanticorpi (vedi articolo precedente) che si legano e stimolano dei recettori specifici, ma della formazione di un infiltrato di cellule immunitarie sostenuto dai linfociti che determina uno stato di infiammazione cronica (tiroidite). Questa condizione porta alla morte delle cellule della ghiandola e, di conseguenza, ad una ridotta produzione ormonale: nel tempo, pertanto, si instaura una ridotta funzionalità della tiroide e quindi ipotiroidismo.

Nonostante in alcuni l’ipotiroidismo possa essere la sintomatologia di esordio, più frequentemente, la tiroidite di Hashismoto presenta un quadro evolutivo che passa per una prima fase eutiroidea (normale funzionalità ghiandolare) ad una fase intermedia di ipotiroidismo subclinico (i livelli di ormoni tiroidei sono nella norma, ma il TSH, cioè l’ormone ipofisario deputato alla stimolazione dell’attività della tiroidea, è lievemente aumentato), fino all’ultima fase di ipotiroidismo conclamato permanente. Se nella Malattia di Basedow, gli anticorpi coinvolti erano quelli anti-TSH, nella hashimoto risultano frequentemente elevati i valori degli anticorpi antiperossidasi (anti-TPO) e degli anti-tireoglobulina (anti-TG).

I sintomi della malattia riguardano prevalentemente lo stato di ipofunzionalità della tiroide: stanchezza, mancanza di concentrazione o memoria, depressione ,ansia, attacchi di panico, apatia, caduta dei capelli, mixedema, stipsi, intolleranza al freddo, aumento di peso. Presente in questi pazienti il gozzo tiroideo, una deformazione del collo causata dall’aumento di volume della ghiandola, in questo caso con crescita lenta e subdola.

Nonostante si tratti di una patologia che causa ipotiroidismo, è possibile una fase di ipertiroidismo dovuta alla massiva liberazione di ormoni tiroidei dalle cellule distrutte dal processo infiammatorio; questa situazione prende il nome di tireotossicosi o hashitossicosi.
Possono inoltre essere presenti dei sintomi non legati alla problematica tiroidea in sé, ma dei segni di autoimmunità e, quindi, legati al cattivo funzionamento del sistema immunitario. Tra questi: dolori muscolari e articolari, disturbi cutanei come l’orticaria, secchezza delle mucose, vertigini, debolezza, anemia, nausea e diversi altri aspecifici.
La diagnosi si avvale della visita clinica e della raccolta anamnestica, associata all’ecografia tiroidea e al dosaggio di ormoni e degli anticorpi anti-TPO e anti-TG che risultano positivi in oltre il 90% dei casi di Hashimoto. Anche la scintigrafia tiroidea può fornire informazioni utili per arrivare alla diagnosi.

Nella Tiroidite di Hashimoto raramente il trattamento è chirurgico: i pazienti affetti traggono beneficio dalla terapia con ormoni tiroidei sostitutivi che tende a normalizzare i livelli ematici degli stessi e presenta anche effetto antigozzigeno: pertanto, a meno che non si tratti di gozzi molto grandi, tali da poter creare effetti compressivi sulle strutture del collo e sulle vie aeree, oppure nei casi che non rispondono al trattamento, la tiroidectomia completa non è necessaria.

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