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Fallimento – Sequestrati beni per 22 milioni di euro

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Nella mattinata di giovedi, 5 Dicembre, i Finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno sequestrato ad un noto immobiliarista emiliano, ma da sempre legato alla Capitale da ingenti interessi finanziari, indagato per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, le quote di due società edilizie ed un importante complesso immobiliare sito in Roma, del valore complessivo di oltre 22 milioni di euro, anche se la misura cautelare vincola i predetti beni nel limite di circa 10 milioni di euro.

L’indagato è accusato di aver cagionato con dolo il fallimento della H. D., società titolare dell’omonimo albergo situato sulla perla dolomitica di Cortina d’Ampezzo e di aver trasferito all’estero, in Paesi off-shore, il denaro sottratto ai creditori.

L’operazione rappresenta l’epilogo di complesse ed articolate indagini eseguite dal Nucleo di Polizia Tributaria della Capitale e coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma, avviate a seguito del fallimento, dichiarato il 29 dicembre 2009, della I. C., società che controllava la H. D., per il cui dissesto finanziario venivano accertate precise responsabilità in capo ad un imprenditore romano, poi tratto in arresto il 3 maggio 2010.

Il successivo fallimento della H. D., dichiarato dal Tribunale di Roma il 26 gennaio 2012, e le indagini che ne sono scaturite, hanno consentito agli investigatori delle Fiamme Gialle di ricostruire i fatti gestionali di quest’ultima e di accertare con evidenza il legame esistente tra la fallita I. C ed il gruppo O. dell’immobiliarista emiliano, che aveva gestito la società proprietaria del citato albergo sulle dolomiti.

Un anno di accurate investigazioni e di elaborate analisi di bilancio e di flussi finanziari si sono rese necessarie affinché gli investigatori del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma riuscissero a far emergere il disegno criminale ideato e condotto dall’imprenditore emiliano e da tre suoi collaboratori (tra cui la moglie), consistito in un vorticoso giro di compensazioni di posizioni creditorie e debitorie reciproche tra la I. C e la C., società del gruppo O. che controllava l’H. D., attraverso il quale era stato distratto parte rilevante del patrimonio di quest’ultima determinandone lo stato di grave dissesto finanziario, causa della successiva bancarotta.

Infatti, prima della cessione alla I. C., l’imprenditore emiliano ha trasferito alle proprie società, in assenza di giustificazione economica e di adeguata contropartita per la fallita, circa 15 milioni di euro derivanti da un contratto di mutuo fondiario, che era stato concesso alla H. D. per la realizzazione di interventi di ristrutturazione e di valorizzazione dell’albergo.

Subito dopo la società, completamente svuotata di fondi e gravata del mutuo con l’ipoteca iscritta sul complesso di Cortina a favore dell’istituto di credito erogante il finanziamento, è stata ceduta dal gruppo O. alla I. C., senza però incassare il relativo prezzo ma operando preordinate compensazioni a svantaggio della medesima fallita.

Per di più, il gruppo O., quale contropartita della cessione, acquisiva anche un importante complesso immobiliare ubicato nella Capitale, il cui prezzo veniva in parte regolato con i fondi sottratti.

Tutto ciò ha consentito al Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Roma di accogliere la richiesta del Pubblico Ministero procedente e di adottare il provvedimento di sequestro del citato complesso immobiliare – che di per sé vale circa 17 milioni di euro (anche se il sequestro è stato operato nel limite di circa 4,4 milioni) – e di quote societarie per circa 5,6 milioni di euro.

La H. D., infatti, senza possibilità alcuna di fare fronte alla obbligazione contratta, si è trovata esposta alle inevitabili azioni esecutive avviate dal medesimo istituto di credito per il recupero della somma finanziata, mentre gli indagati, al fine di sottrarsi alle conseguenze del sicuro fallimento della H. D., ostacolavano l’attività investigativa tenendo libri, scritture e documenti contabili, in modo da non rendere possibile la ricostruzione delle vicende e del patrimonio societario.

La minuziosa ricostruzione dei flussi finanziari, tuttavia, ha consentito agli investigatori di individuare l’effettiva destinazione dei fondi fraudolentemente prelevati dalla fallita, parte dei quali è risultata altresì trasferita dall’immobiliarista, attraverso la collaborazione della moglie, presso conti detenuti nella Repubblica di San Marino.

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