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Abortire? Tutti i medici obiettori

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legge194-g  di Stefania Paradiso

IQ. 18/03/2013 – In tutta Bari e provincia non si potrà più abortire negli ospedali pubblici ad eccezione del Policlinico. Al San Paolo, infatti, l’ultimo presidio della Asl che garantiva questo servizio sancito dalla legge, tutti i ginecologi e le ostetriche sono diventati obiettori di coscienza. Si tratta di almeno 6 professionisti che hanno deciso di non praticare più le interruzioni volontarie di gravidanza. Un altro, l’ennesimo colpo, alla legge 194 e alle donne. Una donna che vuole abortire dovrà, da oggi in poi, recarsi negli ospedali pubblici di Monopoli, Putignano e Corato oppure rivolgersi alle strutture convenzionate private.

Una decisione che ha sorpreso per primi il primario del reparto Michele Brattoli e la direttrice sanitaria dell’ospedale Angela Leaci. La  direttrice sanitaria Silvana Melli ha chiesto alla direttrice sanitaria dell’ospedale San Paolo di informarla al più presto su questo fenomeno improvviso nel reparto e ha deciso di mandare al San Paolo un nuovo ginecologo non obiettore. “Era un atto necessario” ha spiegato la direttrice Melli. Uno dei neo obiettori, il ginecologo Saverio Martella, parla di una scelta “etica e morale, maturata da molto tempo” ed esclude che l’obiezione di massa sia una forma di protesta. Ma non tutti sono d’accordo su questa versione perché le interruzioni di gravidanza creavano non pochi problemi a livello logistico e di orario lavorativo. In Italia l’interruzione volontaria di gravidanza è garantita dalla legge 194/78 che prevede si possa abortire entro i primi 90 giorni dal concepimento. L’aborto non può mai essere un mezzo di controllo delle nascite, ma può avvenire solo quando il proseguimento della gravidanza rappresenti un rischio per la salute fisica o psichica della donna. La legge stabilisce che le generalità della donna rimangano anonime e che i medici possano ricorrere all’obiezione di coscienza nel caso ritengano l’aborto contrario alle loro convinzioni morali o religiose. Tuttavia il personale non può rifiutarsi di procedere all’intervento quando la vita della donna è in imminente pericolo. Inoltre l’obiezione si applica solo alle procedure specificamente dirette all’interruzione di gravidanza, e non alle attività di assistenza antecedente e conseguente l’operazione. Questa legge è nata per tutelare sì un diritto ma anche per cercare di porre fine allo scempio degli aborti clandestini. Anche se in Italia gli aborti sono diminuiti resta la difficoltà per chi sceglie di farlo di porre fine ad una gravidanza. Aumenta il numero di ginecologi obiettori ma anche la difficoltà di reperire strutture adatte. Abortire è, e deve essere, una scelta personale. Chi opera può non esser d’accordo ma un medico deve garantire, innanzitutto, la salute di chi vi si rivolge. Il fatto che si debba investire sulla prevenzione, sulla contraccezione e sulla cultura stessa è un discorso che va fatto dall’età scolare. Si dovrebbero insegnare l’importanza dell’atto che si compie e le conseguenze che si pagano a comportarsi con incoscienza. Ma tutto questo non deve influire nel momento in cui ci si rivolge ad un ospedale per abortire. Tutte le teorie, le convinzioni e le remore dovrebbero restare fuori da una struttura ospedaliera chiamata ad assistere una donna. Non sono pochi e nemmeno stupiscono i racconti di donne offese e lasciate soffrire solo per aver deciso di non avere un bambino. E poi ci si meraviglia del proliferare degli aborti clandestini o di quelli effettuati negli studi privati. Un medico non deve giudicare ma fare bene il suo dovere.

 

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