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Sei gay? L’Italia non fa per te

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di Stefania Paradiso

E nemmeno stavolta siamo riusciti a differenziarci. L’Italia dell’omosessualità proprio non ne vuole sapere!

Nei referendum fatti insieme alle elezioni del Presidente tre stati americani, Washington, Maryland e Maine, hanno detto sì alle nozze tra persone dello stesso sesso. Fra qualche tempo ci si potrà sposare in Francia e in Spagna lo si fa già da tempo. Nel 2010 il Portogallo (cattolicissimo per chi di noi prova a far leva sulla religione) è stato tra i primi Paesi a consentire le nozze gay, così come l’Albania (a maggioranza musulmana).
Nello stesso anno anche Buenos Aires ha detto sì al matrimonio gay.


E da noi? Il presidente nazionale di Arcygay Paolo Patanè ha definito il nostro “paese del quarto mondo per diritti civili e libertà”.
Addirittura da noi si parla ancora di ampliare la legge Mancino del 1993 che assicura protezione “contro le discriminazioni motivate da condizioni razziali, etniche, nazionali o religiose a tutte le minoranze”.
“L’ennesima dimostrazione – secondo la deputata Pd Paola Concia – della distanza abissale tra questo Parlamento e la realtà fuori che chiede a gran voce diritti uguali per tutti”.
Eppure diciamo e siamo fieri di appartenere al mondo occidentale.
Dai dati di Amnesty International si evince che in più di 80 paesi del mondo l’omosessualità è considerata un reato.
In Afghanistan, Arabia Saudita, Iran, Mauritania, Qatar, Sudan, Yemen e Nigeria si applica la sharia (ovvero i gay vengono considerati nemici di Allah) in modo da poterli punire con la pena di morte.
In Cina i gay non vengono considerati, nel senso che solo dal 2001 l’omosessualità non è più considerata disordine mentale.
In Algeria e Marocco si prevede l’ergastolo e, in Sudan e Mauritania, la pena di morte.
In Turchia l’odio basato sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere si concretizza sempre più spesso con aggressioni ed omicidi.
In Europa, paesi come Serbia e Ucraina non permettono manifestazioni tipo Pride.
E messa male c’è anche la Russia, dove è vietata la “propaganda omosessuale”, precludendo di fatto qualsivoglia attività o informazione che riguarda le persone Lgbt e le relazioni tra persone dello stesso sesso.
L’essere omosessuali è ritenuto grave e reato al pari di crimini quali lo stupro, l’omicidio e il traffico di droga.
In Italia un’aggressione motivata da questioni razziali o religiose è punita con un’aggravante specifica mentre un’aggressione motivata da odio contro un diverso orientamento sessuale no. Aggravanti per questo tipo di violenza esistono in Germania, Francia, Spagna, Inghilterra o Svezia.
“L’omosessualità non è un detersivo – dice Paola Concia – non è una scelta, non è un capriccio ma è una condizione umana”.
Aggredire un omosessuale in quanto omosessuale non è solo una violenza che si fa all’individuo, ma un colpo inferto alla convivenza civile, alla libertà e alla democrazia di un Paese, così come ha ricordato il presidente Napolitano, che nel corso della sua vita è stato testimone diretto delle aberrazioni scatenate da certi odi discriminatori.
Il fatto che certe degenerazioni siano lontane nel tempo non deve far abbassare la guardia.
Tra il 1933 e il 1945 in Germania furono arrestati 100 mila omosessuali, metà dei quali condannati al carcere o internati nei campi di concentramento, dove venivano marchiati con un triangolo rosa e soggetti a speciali crudeltà.
La violenza omofoba ha causato migliaia di vittime e continua a creare disagi e difficoltà anche nelle nostre società. Moltissimi ragazzi nelle nostre scuole soffrono le irrisioni e le angherie dei propri compagni semplicemente perché gay.
Non deve vincere un pensiero politico, ma il rispetto e la tutela della libertà di essere se stessi.
È di per sé infinitamente triste dover introdurre una legge per difendersi dall’essere se stessi. Per tutelare una condizione che per molti è una diversità, mentre per le persone è semplicemente essere quello che sono.
Ed è ugualmente triste dover mettere insieme tutte le “categorie”. Alcune, come i disabili e gli anziani vanno semplicemente messi in grado di fare quello che sanno e possono fare, eliminando scalini, barriere mentali e rendendo accessibili le città.
Agli omosessuali che cosa bisogna togliere? Il diritto di vivere la loro vita? I loro amori?
La scelta matura e consapevole di amare non migliora se ci sono veti e divieti.
Nel rispetto di tutte le libertà ognuno deve avere la possibilità di crescere autonomamente, conscio di quello che è, vuole o potrà essere, senza pregiudizi.
Uno Stato che non tutela e valorizza le diversità, facendole passare per malattie o scelte aberranti non può essere uno definito “stato di diritto”.
Eppure siamo nel 2012 e in Occidente… e continuiamo a chiamare Terzo Mondo il resto del pianeta.

Tag Omosessualità, arretratezza, politica, discriminazione, Informazione Quotidiana

10 Novembre 2012

 

 

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