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SALUTO AL PRINCIPE.

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E’ morto Vittorio Emanuele di Savoia, figlio dell’ultimo Re d’Italia Umberto II e della Regina Maria del Belgio. Il principe, 86 anni, non ha mai regnato e ha trascorso gran parte della sua vita in esilio per colpe non sue. Accusato di tutto ma sempre assolto, Vittorio Emanuele resterà noto per il carattere controverso. I guai giudiziari, il matrimonio “ineguale” con Marina Doria senza il consenso paterno, le esternazioni kamikaze, il pugno al cugino Amedeo e la tragedia dell’isola di Cavallo, hanno reso la sua immagine fragile al punto che persino molti sostenitori della corona dicono che se ci fosse la monarchia in Italia Vittorio Emanuele non ne sarebbe il Re.

In realtà nessuno sa cosa sarebbe accaduto se il 2 giugno 1946 avesse vinto la corona e come la biografia dell’allora piccolo principe avrebbe potuto essere diversa. Quando Vittorio nacque il 12 febbraio 1937 l’Italia monarchica e fascista era all’ apogeo. Mussolini pochi mesi prima aveva proclamato l’Impero. Hitler non aveva ancora annesso l’Austria e non esistevano le infami leggi antiebraiche. Da anni mancavano libertà e democrazia, da anni l’Italia seguiva una sua via verso la modernità e la potenza a dire poco sui generis, eppure ancora tutto poteva accadere. Quel 12 febbraio Casa Savoia e il popolo erano pieni di gioia per la nascita del principino. Il vecchio Re aveva un giovane erede che portava il suo nome mentre l’Italia si avviava a divenire nell’immaginario collettivo una grande potenza. Poco importa se dietro quella parvenza, immortalata dalla voce stentorea dei cinegiornali dell’epoca, si nascondeva una società che negando la complessità in nome di un’ idea tutta astratta di forza, era prossima a collassare dietro i deliri collettivi e i fanatismi. La realtà presenta il suo conto l’8 settembre del 1943. Vana la dignitosa luogotenenza di Umberto , che forse avrebbe voluto morire in battaglia. Le ferite della guerra e della dittatura, la tragica esperienza del nord Italia hanno la meglio e con la nascita della repubblica inizia una nuova pagina della nostra storia nazionale.

Il principe aveva allora 9 anni. La separazione tra i genitori, con Umberto in Portogallo e Maria Josè in Svizzera, lo allontana dal padre. Non educato da governanti militari, Vittorio Emanuele ha una formazione da broker e mediatore finanziario più che da ufficiale e statista. Principe banchiere al pari dei sovrani di Lussemburgo e Liechtenstein , Vittorio Emanuele, che ha poco dei re soldati suoi avi, tenta di ridare lustro al casato non sui campi di battaglia ma con gli affari. Troppo illustre per una vita tranquilla e riservata, il principe più volte sfiorò la storia senza riuscire però mai ad esserne protagonista, come durante la guerra quando i liberaldemocratici pensano a lui come “Re bambino” e a sua madre come reggente mentre Hitler ordina il suo rapimento. Cattivo comunicatore, la stampa non gli ha mai voluto bene e probabilmente anche per questo ha dovuto attendere 56 anni prima di poter tornare in Italia.

La sua vita complessa da figlio di un Re esule merita rispetto ma non va confusa con l’ eredità simbolica, legata al nome della sua famiglia. Una frase attribuita a Umberto II dice “ le monarchie sono come i sogni della notte: o tornano subito alla mente o mai più”; vero forse , ma lo è anche quella che insegna che i popoli che non sanno comprendere il loro passato non hanno futuro.

Sintesi tra l’Italia democratica di Garibaldi e Mazzini e la destra dei notabili e il liberalismo di Cavour, la monarchia dei Savoia fu l’anima del Risorgimento ghibellino e liberalnazionale. Furono questi re montanari senza fantasia, ma armati di sciabole e disciplina, a portare a compimento la nostra unità nazionale. Furono loro a costruire ancor prima di uno stato , un senso dello stato e aver ricordato, anche quando le nostre forze armate erano embrionali, l’onore militare.

I maestri di De Amicis e le bande militari, la grande marina con a vessillo la croce sabauda sul tricolore, le trincee della guerra e l’anima d’acciaio dell’ “ Italietta” giolittiana così come Giovannino Guareschi, l’antifascismo di Fenoglio e l’eroismo di Borsellino, Ambrosoli e Dalla Chiesa rendono ricordo e merito ad un epoca che non fu solo oblio.

Vittorio Emanuele in questa trama si inserisce come uno dei tanti principi di una dinastia fondata nel 1003 da Umberto Biancamano. Il tempo ci dirà come sarà ricordato, ma i Savoia restano e resteranno sempre parte integrante della nostra storia. La repubblica, da anni in crisi di identità e desiderosa di conciliarsi con tutto, dovrebbe ricordarlo e agire di conseguenza.

Per quanto ci riguarda rendiamo saluto ad un principe e ad una casa reale sconfitti perché la misura degli uomini non è nel loro potere ma nella complessità della loro vite e delle suggestioni che lasciano tra cui ”l’Italia innanzitutto” .

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