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Per non dimentiCarlo

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di Vladimiro Modolo

“Per non dimenticare. Per ricordarlo fuori da ogni strumentalizzazione politica. Perchè Roma sia una città dell’accoglienza e contro ogni forma di xenofobia.

Così, ieri, a un mese dalla morte, parenti e amici hanno voluto ricordare Carlo Macro, ragazzo di 33 anni, ucciso la notte del 16 febbraio con un colpo di cacciavite al cuore.

In circa 200, sono partiti in corteo nel tardo pomeriggio dalla chiesa di S.Maria in Trastevere, fiaccole in mano, percorrendo prima le vie di trastevere e poi la salita del gianicolo, fino a raggiungere il luogo in cui Carlo trovò la morte un mese fa.

Proprio lì, davanti all’ambasciata irlandese, dove quella maledetta notte del 16/02 Carlo, insieme al fratello Francesco, si era fermato per fare pipì finendo con l’imbattersi nella follia omicida di Joseph White Clifford, un senza fissa dimora che dormiva dentro una roulotte messa a disposizione dalla comunità di S.Egidio. L’uomo, di nazionalità indiana, con precedenti penali per lesioni, dimorava abusivamente su quel tratto di strada e aveva riferito alla forze dell’ordine di aver sferrato il colpo utilizzando il ferro appuntito con cui era solito chiudere la porta della sua roulotte, ferendo il giovane a morte.

Momento di commozione, quando lo zio di Carlo, ringraziando tutti i presenti, ha letto una poesia in suo ricordo.

Ma anche di denuncia, quando, sempre lo zio, ha tenuto a sottolineare l’assenza delle istituzioni nel condannare l’accaduto e le circostanze che hanno concorso a determinare il tragico evento, evidenziando l’assordante silenzio del Sindaco di Roma che, contrariamente a quanto fatto in analoghe occasione dai suoi predecessori Veltroni e Alemanno e come recentemente fatto dal sindaco di Milano, Pisapia, non ha dichiarato il lutto cittadino e non ha fatto nulla per sensibilizzare la comunità cittadina.

Al silenzio del Sindaco, denuncia lo zio di Carlo, si è aggiunta a esacerbare il dolore della madre e dei famigliari la posizione assunta dal prefetto Pecoraro il quale, in un’intervista rilasciata al Messaggero.it del 19/02, oltre a non pronunciarsi sulle evidenti illegalità delle circostanze che hanno concorso a determinare la morte di Carlo è sembrato quasi voler attribuire una parte della colpa al giovane, nell’indicare “la maleducazione e il disturbo alla quiete pubblica, seppure involontaria” tra le le cause che hanno determinato l’accaduto, oltre al gesto di “un folle”.

Lo zio di Carlo oltre ad annunciare tutte le azioni anche legali in difesa della onorabilità della memoria di Carlo e della sua famiglia, rispedisce al mittente le affermazioni del prefetto, ritenendole infondate: “Carlo non era una persona maleducata. Il prefetto, prima di fare quelle affermazioni, avrebbe fatto bene ad informarsi chiedendo agli amici, ai datori di lavoro, al Sindaco di Pescasseroli e suoi abitanti, luogo dove Carlo aveva gestito l’Albergo di famiglia, insieme alla madre. Avrebbe appreso bene di che persona e famiglia stava trattando.” E aggiunge “L’assassino non era un folle, come si vuol farlo passare ma una persona di cui si poteva facilmente presumere la sua pericolosità sociale avendo egli precedenti penali anche gravi. Il dovere all’accoglienza e alla solidarietà non può essere disgiunto dal rispetto della legalità e della sicurezza dei cittadini”

Il corteo, scortato da una volante della polizia, si è concluso intorno alle 20 e 30.

Quello di Carlo Macro, ormai noto come “L’omicidio del Gianicolo” è solo uno dei tanti, ripetuti, fatti di cronaca nera capitati a Roma negli ultimi anni, una città alle prese con più di un problema di ordine pubblico e criminalità.

 

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