Il meglio deve ancora venire, canta Ligabue ed è il commento sintetico e sincero che riassume l’ottimismo che ha pervaso Lorenzo Musetti al termine del torneo. Il titolo perfetto per la foto conclusiva di questa edizione di Montecarlo, quella di lui e Alcaraz alla premiazione, Carlitos con il torneo tra le mani, Lorenzo con il premio di consolazione, ma la consapevolezza di aver vissuto uno dei migliori tre tornei della carriera fino ad ora. Estate magica quella del 2024 che ha consegnato il carrarino a una nuova dimensione e gli ha aperto un nuovo orizzonte di aspettative. Dopo al semifinale a Wimbledon e il bronzo alle Olimpiadi di Parigi Musetti ha capito di poter scalare la classifica, di poter ambire ai traguardi che la generazione d’oro prima di lui ha già raggiunto e quindi dopo questo torneo di Montecarlo concluso in finale nel quale si è arreso solo al numero tre -da oggi di nuovo numero due- al mondo ha ritoccato il suo best ranking che ora disegna un numero undici destinato a migliorare ancora, già dalla prossima settimana se i risultati degli altri si dovessero allineare.

Musetti in una nuova dimensione artistica
Un tennis d’autore, Musetti è un artista al quale hanno tolto dalle mani il pennello e gli hanno messo in mano una racchetta. Era destinato a restare l’eclettico e stravagante mago in grado di deliziare con il suo tennis sempre alla ricerca delle righe con un rovescio capace di far innamorare, ma mantenendo alta la percentuale di rischio e quindi il numero di errori. Lo spettacolo si paga in prima persona e spesso questi suoi colpi d’autore riempivano gli highlights ma non il bottino di punti accumulati nei tornei.Sembrava destinato quindi a restare tra gl incompiuti della generazione d’oro e invece adesso è entrato nella nuova fase della sua carriera artistica. Ha scelto la terra rossa per portare a compimento il grande salto, come passare dal surrealismo di Dalì, incantevole ma oscuro e fantasioso al manierismo di Michelangelo, semplicemente perfetto. Dal principato ha iniziato ad affrescare quella che potrebbe diventare la sua Sistina, ha superato Holger Rune e Tommy Paul e ora senza giocare a Barcellona potrebbe ritrovarsi alla decima posizione al mondo se Ruud non dovesse replicare il titolo a Barcellona già questa settimana. La stagione sulla terra rossa come trampolino di lancio, aspettando Madrid e soprattuto il ritorno tra i suoi tifosi agli internazionali e in quella che è anche un po’ la sua Parigi, quei campi in polvere di mattone che gli hanno portato al collo un premio di bronzo e che lo hanno fatto entrare di diritto nel ristretto club dei giocatori italiani in grado di vincere almeno una medaglia olimpica in singolare (ci sono solo lui e Umberto De Morpurgo).

Una settimana colorata d’azzurro, lo è sempre stata quella del Principato, da sempre considerato il torneo più italiano dopo gli Internazionali data la vicinanza con il confine e il gran numero di fan del Belpaese asserragliati sugli spalti del Country Club. Musetti ha provato a replicare l’impresa di Fognini del 2019, che se vogliamo è ancora più grande innanzitutto perchè è stata la prima volta di un italiano campione in un Masters 1000, ma anche perchè Fabio sconfisse il Re della terra rossa, Rafael Nadal di cui Carlitos Alcaraz è ormai considerato il diretto erede. Non è risucito fino in fondo a tagliare il traguardo della vittoria in un Masters 1000 diventando il terzo nuovo vincitore della categoria su tre del 2025 (dopo Jack Draper e Jakub Mensik). Il cielo si è colorato d’azzurro fin dal primo giorno quando in Riviera giungevano le notizie dagli altri tornei del circuito e l’Italia festeggiava con Cobolli e con Darderi il trofeo numero 100 e 101 dell’Era Open. Da Panatta a Senigallia 1971 alla doppietta Marrakech-Bucharest 2025, ci abbiamo messo 41 anni per vincere i primi 50 tornei fino al 2012, poi in 13 anni ne abbiamo vinti 51, ben 45 a partire dal 2018 la data spartiacque del nostro tennis, quella di Marco Cecchinato in semifinale del Roland Garros, sembrava un traguardo memorabile, oggi grazie ad un ex sciatore dai capelli rossi ci siamo quasi abituati. Il 2018 era anche l’anno dell’ultima doppietta, Cechinato Fognini che vinsero Bastad e Umago nello sesso giorno. Gli italiani si aiutano a vicenda, si caricano, siamo abituati a questa situazione in campo femminile con la nostra coppia d’oro, con Sara Errani stabile nel box di Jasmine Paolini e chissà come cambierà, se potrà stringersi ancor di più il loro rapporto ora che nel suo staff ci sarà Marc Lopez, un’altra medaglia d’oro olimpica in doppio (2016 al fianco di Nadal). Ma ci stiamo abituando anche nel maschile con Flavio Cobolli che spesso era sugli spalti per sostenere Musetti che tra gli altri ha ricevuto il tifo anche di Francesco Totti e Paulo Dybala (che tuttavia la maglia della Roma l’ha regalata a Carlitos). Pensiamo anche a Matteo Berrettini che fa un grande favore a Jannik Sinner il quale con la squalifica ha sì perso la vetta della classifica stagionale, ma grazie al successo del romano contro Zverev è sicuro di restare il padrone del Ranking mondiale almeno fino agli Internazionali di Roma, il torneo del rientro.

Musetti diesel in finale non basta
Alcaraz non aveva mai vinto una partita prima del 2025 a Montecarlo, inizia a vincere tutto d’un fiato replicando lo stesso copione al primo turno contro Francisco Cerundolo e in finale contro Lorenzo Musetti. L’artista italiano come detto ha abbracciato la perfezione tennistica, ha capito che delle volte conviene seguire i proverbi e accantonare le conoscenze artistiche apprese, ha affrontato il torneo con serietà e concretezza, consegnandoci sempre alcuni momenti di estro come ad esempio il punto vinto in finale con una veronica o il passante del nono game del terzo set contro Tsitsipas. E’ migliorato tanto nel servizio, nel 2024 a Montecarlo non è mai andato oltre il 56% di prime, quest’anno si è mantenuto con regolarità al di sopra del 70%. Ha trovato l’efficacia nei momenti decisivi imparando a sfruttare i punti più importanti e la partita con Tsitsipas ne è una testimonianza, Musetti contro il Principe di Monaco che era campione in carica ha sfruttato 3 palle break su 6 mentre The Greek God ne ha convertite 3, ma su un totale di 17. “Ho imparato da Wimbledon che l’estetica conta relativamente, sono contento di aver vinto una partita sporca” è stato il suo mantra nelle dichiarazioni post partita. Ha lavorato come un diesel, lo ha detto chiaramente scrivendolo sulla telecamera dopo il successo con De Minaur, l’ennesimo che ha seguito la stessa sceneggiatura: sconfitta nel primo set, anche pesante e poi rimonta con conclusione in festa. Solo contro Berrettini è riuscito a chiudere la partita in due set, ma il romano forse era provato dalla maratona del giorno precedente contro Zverev. “Ogni giorno ripeto la stessa partita” Una strategia ad alto rischio se pensiamo che contro De Minaur e contro Lehecka si è trovato a due punti dalla sconfitta. Alcuni avranno pensato al torneo di Amburgo del 2022 quando vinse dopo aver salvato due match point al primo turno con Lajovic. Tecnica efficace si, ma che ha finito per fiaccare le forze di Musetti che in finale dopo un gran bel primo set ha dovuto convocare il Medical time out che di fatto ha messo fine alla sua partita e ha consegnato il titolo ad Alcaraz. Montecarlo è solo il primo torneo su terra rossa della stagione, Lorenzo ha ragione, il meglio deve ancora venire.