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L’impianto di protesi valvolare aortica trans-catetere (TAVI)

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L’impianto di protesi valvolare aortica trans-catetere (TAVI)IQ. 01/02/2013 – Nell’ambito delle attività di valutazione delle tecnologie sanitarie, l’Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio ha nominato una Commissione Tecnica di esperti, costituita da cardiologi clinici, cardiologi interventisti, cardiochirurghi ed epidemiologi, finalizzata all’elaborazione di un documento di indirizzo per l’utilizzo di impianto di protesi valvolare aortica trans-catetere (TAVI) in pazienti con stenosi valvolare aortica degenerativa.

La stenosi valvolare aortica degenerativa, nella sua forma più grave, è una condizione cronica altamente invalidante, caratterizzata da un corredo di sintomi che variano da quelli dispnoici, a transitorie alterazioni dello stato di coscienza, a dolori precordiali suggestivi di angina pectoris, a sintomi legati a fibrillazione atriale o a insufficienza cardiaca per ridotta gittata sistolica o a sintomi legati a una condizione ipertensiva.

La prevalenza nella popolazione con età superiore ai 75 anni è di circa il 3%, la sopravvivenza mediana dall’insorgenza dei sintomi è di circa 2-3 anni.

La sostituzione della valvola aortica con una protesi biologica o meccanica ne è il trattamento di elezione.

L’intervento cardiochirurgico, che nelle proprie casistiche è secondo per frequenza solo al bypass aortocoronarico, viene effettuato in circolazione extracorporea e anestesia generale, per sternotomia mediana. L’intervento migliora la qualità di vita e aumenta la sopravvivenza. La mortalità operatoria è nei casi elettivi intorno al 2-3%, ma anche negli ultraottantenni si ottengono apprezzabili risultati con statistiche di mortalità inferiore al 10% e morbosità fra il 5 e il 10%. Benché la sostituzione valvolare aortica rappresenti il trattamento di scelta della stenosi valvolare aortica severa, di fatto circa un terzo dei pazienti in età avanzata non viene sottoposto a intervento chirurgico per l’elevato rischio operatorio derivante dalla presenza di importanti comorbosità o a causa di condizioni anatomiche di inoperabilità. Per questi pazienti finora esclusi dai benefici dell’intervento chirurgico, è oggi disponibile una nuova tecnica di trattamento che consiste nell’impianto di una protesi biologica introdotta attraverso un catetere e quindi liberata in posizione aortica. La protesi aderisce saldamente alle pareti della radice aortica, senza punti di sutura, dislocando lateralmente i lembi della valvola aortica nativa patologica, che viene così funzionalmente sostituita dalla protesi.

La TAVI può essere realizzata attraverso quattro differenti approcci: trans-femorale, trans-apicale, transascellare e trans-aortico.

L’approccio trans-femorale è il più frequentemente utilizzato. In origine richiedeva la preparazione chirurgica dell’arteria femorale (cut-down) e l’anestesia generale; attualmente è realizzato in modo completamente percutaneo e senza anestesia generale. Ottenuto l’accesso arterioso, la protesi – compressa all’interno di un delivery system – viene avanzata in via retrograda nell’aorta, quindi posizionata e liberata a livello della valvola aortica degenerata. Il sistema di rilascio viene quindi ritirato e la breccia dell’arteria femorale suturata con un sistema interamente percutaneo.

La via trans-apicale è indicata quando la situazione anatomica non consente l’avanzamento della protesi biologica dall’arteria femorale. Viene eseguita mediante minitoracotomia sinistra, divaricando uno spazio intercostale per esporre l’apice cardiaco. A cuore battente e previo confezionamento di una “borsa di tabacco”, si pratica un foro chirurgico a livello dell’apice cardiaco e si posizione un introduttore in modo da consentire il passaggio della protesi. Questa viene quindi avanzata attraverso il ventricolo sinistro fino alla valvola aortica degenerata e qui liberata mediante l’insufflazione di un palloncino.

Infine il sistema di introduzione viene ritirato assieme alla guida e il foro all’apice del ventricolo sinistro richiuso con fili di sutura.

La via trans-ascellare viene generalmente utilizzata in caso di severa arteriopatia degli arti inferiori che precluda l’accesso trans-femorale. Viene condotta in blanda sedazione, previa preparazione chirurgica dell’arteria succlavia o ascellare (generalmente sinistra), attraverso cui la protesi viene introdotta e avanzata fino al piano valvolare aortico; questo tipo di approccio risulta attualmente “off-label” per le valvole Edwards.

La via trans-aortica è raramente effettuata e necessita di una ministernotomia in anestesia generale per accedere all’aorta ascendente.

Dopo il “first in man” effettuato nel 2002, la TAVI è stata introdotta in clinica nel 2007 e ha in breve tempo guadagnato grandi consensi (a oggi sono stati effettuati circa 50.000 impianti in 40 nazioni) ed è attualmente lo standard di cura nei pazienti con stenosi valvolare aortica severa inoperabili. L’Italia è terza in Europa in termini di numero di procedure TAVI effettuate (10% del totale), preceduta solo da Germania (43%) e Francia (13%) e seguita da Regno Unito e Irlanda (7%). Ciononostante la tecnica è ancora in fase di sviluppo e la sua applicazione pone inediti problemi perché richiede strutture dedicate e gruppi interdisciplinari che operino in concerto per la definizione delle indicazioni, delle

modalità di intervento e per il controllo dei risultati. Solo a novembre 2011, ben quattro anni dopo l’introduzione della procedura, la Food and Drug Administration ha licenziato l’uso della valvola Sapien per l’intervento con approccio trans-femorale e per quei pazienti considerati ineleggibili per la chirurgia standard; è ancora più recente (ottobre 2012) l’estensione della procedura ai pazienti eleggibili al trattamento chirurgico standard ma ad alto rischio di complicanze post-operatorie o morte.

 (Dati Asp Lazio)

 

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