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L’ECONOMIA SOCIALE IN ITALIA: I NUMERI.

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Prima di analizzare le singole realtà dell’economia sociale nel nostro Paese è necessario fornire alcuni numeri per far comprendere la reale consistenza di questo mondo all’interno della nostra società. Nell’analisi ci aiuta il recente Rapporto, realizzato dall’European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises (Euricse) in collaborazione con l’Istituto nazionale di statistica, su “L’economia sociale in Italia. Dimensioni, caratteristiche e settori chiave”.

Lo studio, molto esaustivo, si sofferma sui dati prepandemici riferiti al periodo 2015-2017. Si tratta del primo rapporto sul settore ed è frutto di oltre due anni di lavoro di Istat e Euricse che in questo modo hanno unito analisi molto frammentate . La ricerca integra quella realizzata dai due istituti nel 2019 che però era riferita alle sole cooperative.

I soggetti presi in considerazione estendono il segmento dell’Economia alle cooperative mutualistiche oltre che a quelle strettamente sociali e amplia l’idea di no profit anche oltre il terzo settore specificamente inteso.

Tutti gli operatori esaminati( cooperative, associazioni, mutue, fondazioni e istituzioni non profit) sono definiti Organizzazioni dell’Economia Sociale ( OES).

L’analisi cerca di cogliere gli aspetti di impresa sociale delle OES dando una fotografia della forza e della dimensione dell’economia sociale italiana in termini di valore aggiunto e occupazioni in rapporto anche alle realtà regionali.

Dal rapporto emerge che l’ Economia Sociale in Italia produce 51,8 miliardi di euro l’anno ( 49 se escludiamo le controllate delle società cooperative) e che le OES presenti sul nostro territorio nazionale sono 380.000.

Il dato è significativo anche se rapportato alla media dei 28 paesi dell’ Unione Europea dove la popolazione in età da lavoro impegnata nelle OES è del 6,3% ovvero pari 13,6 milioni di persone mentre le organizzazioni che operano in questo ambito sono 2,8 milioni.

Rispetto all’economia privata italiana, le OES rappresentano l’8% delle organizzazioni in termini assoluti, il 6,7 del valore aggiunto, il 9,1% degli addetti e il 12,7% dei dipendenti mentre la ricchezza prodotta in termini di valore aggiunto nazionale è pari al 3,4%. Tre realtà su quattro dell’ Economia Sociale sono associazioni anche se i 3/ 4 degli addetti lavorano nelle cooperative che producono circa il 60% del valore aggiunto.

Se infatti il 75,7% dei soggetti dell’economia sociale sono associazioni ( 286942), le cooperative ( di cui in termini assoluti il 3,8% sono sociali) sono il 15,6% ,ma il fatturato complessivo da loro prodotto è pari a 28,6 miliardi di cui solo 8,1 realizzato dalle sociali. Le associazioni invece pur essendo nettamente prevalenti dal punto di vista quantitativo, dal punto di vista economico generano 12,5 miliardi, dato che si spiega pensando al loro particolare scopo sociale e alla maggiormente limitata attività imprenditoriale. Le altre istituzioni no profit con altra forma giuridica ( enti ecclesiastici, società di mutuo soccorso, società sportive, imprese sociali, enti con forma giuridica privata) si limitano a registrare ogni anno 4,7 miliardi mentre le Fondazioni producono circa 3,3 miliardi.

Le OES lavorano essenzialmente nel campo artistico, sportivo e dell’intrattenimento ( 37%) ma il settore che ha maggiore rilevanza dal punto di vista economico e occupazionale è quello socio-sanitario con 12,7 miliardi, pari al 25,9 del totale che impiega circa il 29,3% degli addetti delle OES ovvero 445000 persone.

Le OEC che si occupano invece di attività ricreative, della cultura e dello sport rappresentano solo il 5,3% del fatturato totale dell’economia sociale.

Nel campo socio sanitario i soggetti dell’economia sociale sono equamente ripartiti in termini di ricchezza con 6,3 miliardi prodotti dalle cooperative e 6,4 dalle altre OES, mentre il numero di addetti è diviso tra i 283.766 delle coop e i 161.304 delle altre OES.

In prevalenza le organizzazioni dell’ economia sociale sono finanziati da fonti private ( 85,5%), ma in campo sanitario il 48,2% e in quello dell’assistenza sociale e della protezione civile il 33,4% sono fornito dalla Pubblica Amministrazione.

I dipendenti delle OES sono prevalentemente donne ( 57,2%). Il livello di istruzione degli addetti è alto. La percentuale di laureati infatti è del 21,4% , rispetto al 15% di chi lavora nella realtà profit.

Il dato dei contratti part time è del 45,9% rispetto al totale ed è superiore alla media delle imprese tradizionali che hanno solo il 26,8 % del personale con orario ridotto.

Per quanto riguarda più nello specifico il peso delle OES rispetto alle organizzazioni totali dell’economia privata notiamo che rientrano in questa tipologia, il 48,1% dei soggetti operanti nel settore ricreazione, sport e cultura; il 39,3% degli altri servizi e il 17,1 delle organizzazioni che si occupano di Istruzione.

Analizzando invece il valore aggiunto e l’occupazione ,sempre in rapporto all’economia privata, le OES sono il 60% del valore aggiunto dell’istruzione e degli addetti ai lavori, il 35,9 del valore aggiunto e il 45,1% degli addetti nella sanità e nell’assistenza sociale mentre rappresentano il 25,3% del valore aggiunto delle attività culturali, sportive e ricreative con il 21% degli addetti.

Stando ai dati ancora precovid riferiti al periodo 2015-2017 , il numero totale delle organizzazioni del Terzo Settore è cresciuto a livello di dipendenti del 3,5% , mentre il numero delle organizzazioni è aumentato del 4,2%. I settori che si sono maggiormente sviluppati con l’apertura di nuove attività sono quello dell’istruzione ( +16,2%) e della cultura e dello sport ( +13,6%). L’economia sociale geograficamente è cresciuta soprattutto nel Sud. Solo nel Molise si è verificato un aumento del 14,1%. Il maggior peso dell’economia sociale in termini di valore aggiunto si ha nel Nord Est e nel Centrorispettivamente il 4,0% e il 4,3%; nelle regioni meridionali, invece, la percentuale si limita al 2,0%. Calabria, Campania e Abruzzo hanno una percentuale di valore aggiunto prodotto dall’OES inferiore al 2% . Diversamente nel Lazio e in Umbria la percentuale supera il 5% del valore aggiunto e nella provincia di Trento e in Umbria è rispettivamente del 4,7% e del 4,3%. In termini occupazionali invece l’OES sono particolarmente significative in tre regioni dove lavora quasi la metà degli addetti dell’Economia Sociale: Lombardia (che occupa il 21,1% degli addetti), Emilia-Romagna (15,1% degli addetti) e Lazio (12,6% di addetti). I dipendenti dell’ OES rispetto a quelli totale delle imprese private è invece di circa il 15% in Emilia-Romagna, Sardegna, Trentino-Alto Adige, Molise , Umbria e Basilicata; in tutte queste regioni il numero complessivo dei dipendenti delle cooperative è superiroe all’ 11% ( in Emilia Romagna è del 18,6% )

Se rapportiamo invece i dati dell’economia sociale regionale a quello del valore aggiunto dell’ economia privata troviamo che questa è intorno al 10% in EmiliaRomagna, Umbria, Sardegna, Molise e Puglia. Le sole coop del’Emilia Romagna costituiscono il 9,3% dell’ economia privata ( i restanti OES contribuiscono con l’1,3%) e in media nazionale le cooperative producono l’8,5% dell’economia privata ( le restanti OES, l’1,8%). In controtendenza il Lazio dove il valore aggiunto delle OES sull’economia privata è del 8,2% ma le cooperative si limitano a solo il 2,6%.

Importante l’apporto delle OES – soprattutto delle cooperative – al numero complessivo dei dipendenti delle imprese private nelle singole regioni.

I numeri dell’ Economia Sociale in Italia sono quindi particolarmente importanti e significativi. L’importanza delle cifre analizzate non è tanto sulla quantità della ricchezza prodotta, ma nella qualità dei servizi offerti che costituiscono la vera e propria nervatura della società civile e la principale entità dinamica dei corpi intermedi. L’Unione Europea stessa affida all’ economia sociale un ruolo strategico per la ripartenza post covid, non solo in termini di efficienza dei servizi e di crescita del Pil, ma anche come specifica realtà in grado di alleviare la sofferenza e costruire capitale umano e legami sociali ricchi di contaminazioni positive con il mond profit e le istituzioni. Per questo motivo sarà necessario “sostenere” quelli che il Presidente del Cnel Tiziano Treu ha definito “ i valori e l’entusiasmo della volontarietà” con una “ maggiori conoscenze e professionalità dei singoli, più solide capacità organizzative, minore frammentazione delle iniziative e degli enti presenti nel variegato mondo del terzo settore”.

Per leggere il rapporto: https://www.istat.it/it/files//2021/05/Leconomia-sociale-in-Italia.pdf

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