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La scrittura passa dal call center

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IQ – 24/02/2013 di Stefania Paradiso

L’idea c’è, la trama e i personaggi vanno solo un po’ aggiustati ma la scrittura non riesce a procedere e a dar vita ad un libro vero e proprio. Basta rivolgersi ad un call center della scrittura e il problema è risolto. L’industria degli scrittori fantasma, o solo fantasmi come si dice in gergo, è nata da circa dieci anni in India, e su piattaforme digitali come Guru.com e Elance.com, che gli scrittori effettivi trovano i clienti, prevalentemente statunitensi, australiani o europei. Ruchika Sachdev, scrittrice, 45 anni, da nove anni è una scrittrice fantasma.

L’idea c’è, la trama e i personaggi vanno solo un po’ aggiustati ma la scrittura non riesce a procedere e a dar vita ad un libro vero e proprio. Basta rivolgersi ad un call center della scrittura e il problema è risolto. L’industria degli scrittori fantasma, o solo fantasmi come si dice in gergo, è nata da circa dieci anni in India, e su piattaforme digitali come Guru.com e Elance.com, che gli scrittori effettivi trovano i clienti, prevalentemente statunitensi, australiani o europei. Ruchika Sachdev, scrittrice, 45 anni, da nove anni è una scrittrice fantasma.

 Scrive per conto di numerosi clienti, tenuta per contratto a mantenere l’anonimato e a non rivelare l’identità dei suoi committenti. Ha cominciato per incrementare il suo stipendio di reporter e nel 2010 è diventata un “fantasma” freelance a tempo pieno. E’ un lavoro e quindi nel suo svolgimento perde quell’aurea che gli danno gli scrittori veri e propri. Non si parla di ispirazione, estro, talento e creatività, ma è un percorso pianificato, controllato e retribuito. Sachdev non ha interesse ad allargare il suo business, cosa che invece ha fatto Pinaki Ghosh ch nel 2005 ha fondato Writer4me, un’agenzia di scrittori fantasma che si autodefinisce “la più popolare del mondo” in base al traffico web che il suo sito riceve. “È l’elemento economico che mi ha dato lo stimolo principale a iniziare – dice Ghosh. – Avevo letto su un giornale che gli americani stavano delocalizzando la produzione di informazioni in India perché lì è costoso è così è iniziato il tutto”. Ed è proprio il termine della delocalizzazione a dare l’idea del call center: mentre un call center misura la produttività degli impiegati in numero di chiamate per giorno, l’agenzia di Ghosh conta le pagine – da sei a dieci in una giornata lavorativa di dieci ore. Anche noi italiani siamo un popolo di aspiranti scrittori e grafomani. Poco importa se ancora leggiamo poco, sembrerebbe comunque che tutti vogliono scrivere. Ma per scrivere non bisogna solo essere bravi nel raccontare, nell’usare il linguaggio e la fantasia, ma bisogna innanzitutto avere qualcosa da raccontare. Scrivere è un po’ come fotografare. Le parole devono rendere le immagini, i suoni, i gesti; è la storia che vogliamo raccontare che deve arrivare ai lettori con la stessa passione ed emozione con la quale l’abbiamo scritta noi. Gli stessi individui, a loro volta, se tutto ciò trasparirà dal testo, l’arricchiranno di passione ed emozione propria. Ma cos’è che da sempre spinge le persone a scrivere? Quasi tutti hanno avuto un diario, un amico di penna o anche solo un momento in cui per non sentire troppo forte il dolore, per comunicare la gioia, le notizie, hanno avuto il bisogno di metterlo prima nero su bianco ed, oggi, su Word e, se si vuole renderlo pubblico, sul Web. Primo Levi, scrittore italiano del Novecento, conosciuto soprattutto per aver scritto della deportazione nei campi di sterminio tedeschi,  aveva individuate nove motivazioni profonde che spingono l’essere umano a scrivere e, tra queste, le più importanti erano lo scrivere per impulso o bisogno, per divertire o divertirsi, per insegnare qualcosa a qualcuno oppure per migliorare il mondo. La motivazione fondamentale egli però la ritrova nello scrivere per “sfogarsi”, vedendo nell’atto della scrittura una sorta di catarsi, quasi un antidoto alla psicanalisi. Qualunque sia la motivazione che ci spinge a scrivere, bisogna comunque sottolineare come le nuove tecnologie siano in grado, ancora una volta, di dare spazio e voce a tutti, senza vincoli né limiti. Il problema è che scrivere è un bisogno in attesa di realizzazione se è un’esigenza personale e che nasce dalla creatività dello scrittore. Se per scrivere bisogna commissionare le pagine ad un cal center si potrebbe anche pensare di cambiare bisogno e aspirazione.

 

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