Home L'Intervista Giacomo De Rosa: canzoni che diventano dipinti

Giacomo De Rosa: canzoni che diventano dipinti

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Riflessivo, razionale, eclettico e toscano Doc, Giacomo De Rosa si avvicina alla musica fin da piccolo, cominciando a comporre testi creativi e poetici, dove la poesia incontra le note e le melodie raffinate. Nel 2019 pubblica l’album “Il cuore oltre l’Aurelia”, un disco che raccoglie otto canzoni in una combinazione perfetta di suoni e generi diversi.

Dal 2017 Giacomo è presidente di Tsunami, un’associazione che sostiene giovani artisti ed organizza eventi musicali, un creativo a 360 gradi.

Questo album segna un nuovo capitolo nella carriera artistica del cantautore italiano:si distacca dalle sue precedenti creazioni, tipiche del suo “Dero” dal pop ironico e di facciata, per approdare verso un sentiero oltre confine, si tratta di un percorso che non guarda alle mode del momento o alle logiche di mercato, ma si serve di quei melismi che fanno incrociare l’anima con la poesia, l’ironia e  l’ originalità.

 

Giacomo, cosa rappresenta per te la musica. Perché la musica?

La musica è la forma artistica che ci accompagna più da vicino: a tutti capita di fischiettare una melodia. La canzone, poi, incrocia musica e poesia (l’altra mia passione) e impone una “durata breve”, perfetta per gli incostanti come me che si arenano nei progetti più lunghi.

 

Quando canti cosa succede nella tua mente, quando trovi l’ispirazione e in quali ore del giorno ti piace cantare?

Non sono un cantante né tecnico né potente. Cerco così di interpretare le canzoni in modo sincero, calandomi nel testo e nella storia che racconta, muovendomi tra il ritmo e il suono delle parole. Da questi elementi nasce l’ispirazione. In musica, come nel resto, sono un animale serale.

 

Quali sono state le difficoltà riscontrate in questa avventura?

Ed invece, chi ti ha supportato?

Le difficoltà sono molte: oggi la canzone è divenuta un prodotto di consumo piuttosto effimero, a scapito della qualità, della creatività e della bellezza. Il supporto possono darlo amici, famiglia e colleghi, ma la vera motivazione a proseguire viene senz’altro dai fan.

 

Quali sono gli artisti che hanno influenzato il tuo percorso artistico e cantautorale?

Tra gli italiani Lucio Battisti, poi in ordine sparso Paolo Conte, De Gregori, Gaber. Tra gli artisti internazionali, oltre a Cole Porter, citerei alcuni grandi degli anni ’60-70: Bob Dylan, i Beatles, Lou Reed, i Pink Floyd. Ultimamente, poi, mi sono innamorato della musica brasiliana e portoghese.

 

Hai un cantautore preferito?

Se parliamo di cantautori in senso stretto, cioè artisti che compongono sia testo che musica, senz’altro Bob Dylan.

 

Tre aggettivi che ti caratterizzano?

Pigro, lunatico, brontolone.

 

C’è un brano del tuo album a cui sei particolarmente legato?

“Mora a Roma”, sia perché parla da vicino di sensazioni molto personali e profonde, sia perché contiene versi e immagini di cui sono molto soddisfatto. E poi è il brano che ha avuto la genesi più lunga, più di dodici anni – molti dei quali passati in un cassetto.

 

Come è nata l’idea di dar vita al tuo album “ Il cuore oltre l’Aurelia?

Sentivo l’esigenza di tirare fuori la parte più “cantautorale” della mia produzione, quella più “poetica” se vogliamo. Anche a questo allude il refrain “buttare il cuore oltre l’Aurelia”. Il resto l’hanno fatto un’ottima band e la voglia di suonare.

 

Quando un’artista può essere definito tale, secondo te?  E qual è il momento giusto per spiccare il volo?

Un artista è tale nel momento in cui esprime interamente quello che ha dentro, senza inibizioni, falsità o paure, senza adagiarsi sul divano di turno, senza piegarsi alle mode del momento. Gli altri sono artigiani, alcuni onesti e altri no. La maturità, poi, arriva quando arriva (nel mio caso, tardi).

 

Cosa non dovrebbe mai fare un giovane cantante?

Pensare di sapere tutto e, viceversa, pensare di non sapere nulla. Non è semplice, purtroppo, ma bisogna imparare a capire quando e da chi è giusto accettare un consiglio, e quando invece siamo noi a essere nel giusto.

 

Giacomo, tu sei un volto noto di Instagram. Credi che i social siano un’alternativa ai talent o una scorciatoia per avere visibilità?

Non mi definirei un volto noto, i numeri su Instagram vanno sempre presi con le pinze. Nei social è difficilissimo capire dove finisce l’apparenza e inizia la sostanza. Da soli non bastano, ma è anche vero che consentono, con la dovuta calma e dedizione, di iniziare a costruire la propria “fanbase”.

 

Parteciperesti ad un talent? Se sì, quale?

Ho già dato in passato con una minuscola sortita a Italia’s got Talent. Ritengo questi format orridi baracconi governati dalle major, ottimi per costruire una carriera e rovinarne migliaia. Non ne escono artisti, al massimo interpreti. C’è di buono che potrebbero diffondere la voglia di suonare.

 

Perché il pubblico dovrebbe seguirti?

Questo dovrebbe deciderlo il pubblico. Io posso solo promettere di continuare a fare quello che mi piace fare in piena libertà; se poi questo piace anche ad altre persone, ne sono ben felice.

 

Che consiglio  daresti ai giovani che vogliono intraprendere la tua carriera?

Dovete scegliere con molta lucidità: desiderate esprimere il vostro io artistico oppure vi interessa sfondare? Non c’è una scelta giusta e una sbagliata, si tratta di strade diverse che richiedono approcci diversi. Da un punto di vista prettamente economico, mi sento di sconsigliare la prima.

 

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Ho iniziato a lavorare al nuovo disco, che si intitolerà probabilmente “Segnali di fumo”. Mi piacerebbe un giorno riuscire a suonare dal vivo con più continuità, ma è molto difficile.

 

Su quali canali possiamo seguire Giacomo De Rosa?

Mi trovate su Instagram come @derostello, su Facebook e YouTube come Giacomo De Rosa. Potete ascoltare la mia musica, oltre che sul tubo, su Spotify, Apple Music e su tutte le altre piattaforme di streaming.

a cura di Matteo Spagnuolo

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