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CyberBullismo e Fake news: anche il virtuale ha il suo peso.

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La legge 71 del 29 maggio 2017 (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/06/3/17G00085/sg) indica la definizione di CyberBullismo come «qualunque forma di  pressione,  aggressione,   molestia,   ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento  illecito  di  dati personali in danno  di  minorenni,  realizzata  per  via  telematica, nonchè la diffusione di contenuti on line aventi  ad  oggetto  anche uno o  più  componenti  della  famiglia  del  minore  il  cui  scopo intenzionale e predominante sia quello di  isolare  un  minore  o  un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco  dannoso, o la loro messa in ridicolo».

Con l’avanzata dei social media, la distribuzione di smartphone sempre più evoluti e i costi di connettività sempre più bassi, l’utilizzo di servizi di aggregazione sociali si sono diffusi soprattutto tra i giovani. Il Tema del CyberBullismo è molto delicato, in quanto si va ad indagare sul comportamento di ragazzi nel pieno sviluppo non solo psicofisico e cognitivo, ma anche della loro socialità e dei comportamenti in diversi ambienti. Quello che però si vuole evidenziare è che, con l’avanzare delle tecnologie, e della società, anche il corpo legislativo muta di conseguenza. La grande differenza, rispetto al passato però, risiede nella memoria. Anni fa’, prima di questa verticale evoluzione ed emancipazione tecnologica, gli atti malevoli tra ragazzi, rimanevano legati alla memoria dei singoli e generalmente confinati in ambiti scolastici o di vivere quotidiano tra teenager, ma difficilmente rimanevano prove fisiche intangibili. Oggi invece, tramite i Social Media, ogni foto, filmato, parola rimane salvato ed indicizzato all’interno degli archivi dei servizi usati, per tanto rimangono lì, quasi in eterno. E sono duplicabili e redistribuiti quasi all’infinito. Pensiamo ai messaggi su WhatApp, se si riceve un messaggio e possibile inviarlo ad altre persone in maniera incontrollata. Se pensiamo ai video che possono essere inviati su YouTube e inviati anche su altre piattaforme. Questa duplicazione e moltiplicazione impone che quel contenuto non sarà mai veramente rimosso dal mondo digitale. Notevoli casi di cronaca sono emersi negli ultimi anni in merito a tematiche di questo tipo, il problema del CyberBullismo è principalmente legato al fatto che l’azione non verrà mai cancellata, fisicamente, dal mondo virtuale. Questo impone un concetto di educazione, morale e civica, che deve essere introdotta principalmente nel mondo domestico e degli affetti familiari e successivamente in ambito scolastico. Se non è possibile educare sempre alla morale, è possibile invece educare a sopportare il risultato delle proprie azioni, moralmente, civicamente, legalmente.

Oggi giorno, grazie soprattutto alla legge 71 del 2017, esistono molte più pene e aggravanti in merito agli atti di CyberBullismo, si basti pensare che dei post ingiuriosi su un social network, potrebbero configurarsi nell’ipotesi di diffamazione (art 595 CP); se i messaggi racchiudono un messaggio molesto o intimidatorio possiamo cadere nel reato di molestia o disturbo della persona (art 660 CP).

Ricordiamo infine che quando si parla di CyberBullismo si tende a evidenziare che la vittima sia un minore, ma spesso questo comportamento si manifesta tra minori. Non è necessario sensibilizzare chi “subisce” questi atti, ma è necessario educare tutti, non tanto nella scelta morale di fare del male o meno, ma cosa potrebbe succedere di reazione ad un comportamento simile.

Nel contesto del CyberBullismo rientrano anche le Fake News, che in senso pragmatico rappresentano notizie completamente false.

Come per il CyberBullismo, anche il tema delle FakeNews si è venuto a generare grazie all’esplosiva espansione del dominio tecnologico nella comunicazione di tutti i giorni. L’accesso ai media e la velocità di propagazione dell’informazione, a volte non concede la possibilità di controllare e analizzare la veridicità di una certa notizia che può essere letta tramite social media. Questa velocità di propagazione a livello mondiale indica anche una moltiplicazione della quantità di notizie che un utente può leggere e assorbire. Ma come si può configurare una fake news? Prendiamo questo elenco descrittivo:

  1. Collegamento ingannevole: quando titoli, immagini o didascalie differiscono dal contenuto.
  2. Contenuto ingannatore: quando il contenuto viene spacciato come proveniente da fonti realmente esistenti.
  3. Contenuto falso al 100%: quando il contenuto è completamente falso, costruito per trarre in inganno.
  4. Contenuto manipolato: quando l’informazione reale, o l’immagine, viene manipolata per trarre in inganno.
  5. Manipolazione della satira: quando non c’è intenzione di procurare danno, ma il contenuto satirico viene utilizzato per trarre in inganno.
  6. Contenuto fuorviante: quando si fa uso ingannevole dell’informazione per inquadrare un problema o una persona.
  7. Contesto ingannevole: quando il contenuto reale è accompagnato da informazioni contestuali false.

Come riconoscere una fake news? Generalmente verificandone la fonte, ma principalmente con il buon senso. A volte si può pensare che anche la distribuzione dell’informazione possa essere un metro per capire se una notizia sia attendibile o meno, ma spesso non è un buon indice, in quanto una notizia malevola può essere ospitata su più servizi di Media Streaming. Il potere delle FakeNews è quello di manipolare il lettore, per scopi commerciali, pubblicitari, politici. Purtroppo, negli ultimi tempi, a causa anche delle vicende internazionali, è aumentato drasticamente l’espandersi di FakeNews, purtroppo anche attraverso testate giornalistiche importanti. Non è importante solo controllare, ma anche capire, analizzare e valutare ciò che si legge, perché il principale problema non è leggere una notizia falsa, ma leggere notizie che possono convincerci a manipolare il nostro pensiero.

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