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Covid19, rivolta nelle carceri.

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Se il contagio da Covid19 non è ancora entrato nelle carceri, la paura certamente sì. La prima rivolta documentata è stata quella scatenata dai detenuti di Salerno, dopo aver appreso della sospensione dei colloqui con i familiari (che potranno avvenire via Skype nei penitenziari attrezzati). Una protesta scatenata, in realtà, quando hanno iniziato a girare voci su uno stop ai colloqui sul territorio nazionale fino al 31 maggio. Il decreto li blocca invece fino al 3 aprile, ma la tensione resta molto alta. Ci sono state proteste a Frosinone, Napoli e Modena, dove i detenuti del Sant’Anna hanno appiccato il fuoco e tentato la fuga: negli scontri sono morti in tre. A Pavia, nella serata di domenica, i carcerati hanno sequestrato due guardie e solo a tarda notte la rivolta si è placata.

La tensione è alta ormai ovunque, mentre a entrare nel carcere è anche il decreto del Governo con le misure di contenimento del Coronavirus: non solo colloqui via video o al telefono fino ad aprile (la misura è adottata già da giorni in Lombardia e Veneto), ma anche stretta sui permessi e la libertà vigilata. Proprio mentre fuori dal carcere c’è chi pensa invece alle misure alternative, come possibili strumenti per limitare il contagio. È il caso dell’associazione Nessuno Tocchi Caino, che ha sottolineato l’importanza di misure come amnistia, indulto e moratoria dell’esecuzione penale. Tra informazioni che arrivano dall’esterno, divieti più stringenti e nuove aspettative, è sempre più difficile gestire la situazione.

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