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Aurélie Filippetti tra i libri ed Amazon

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di Stefania Paradiso

IQ. 24/03/2013 – Aurélie Filippetti, ministro della Cultura francese, vuole salvare le librerie da un concorrente sleale quale può essere il web. La politica culturale non deve essere considerata come un lusso solo perché siamo in tempi di crisi ma, al contrario, essa è una risorsa preziosa in Europa e non solo. Amazon sembra avere un peso tale da trovarsi in una posizione dominante e deleteria per gli editori e le librerie medio – piccole. Quella del ministro non è, ovviamente, una guerra ad Amazon ma semplicemente un sostegno alle librerie.

“Le librerie sono l’attività commerciale, nel centro delle nostre città, che soffre di più. In termini di redditività hanno appena lo 0,3%, contro il 2% dei fiorai e il triplo per gli ottici”. A questo si aggiungano: stagnazione nelle vendite dei libri, affitti alti, peso dei salari in un settore ad elevata presenza di “lavoro umano” e – non ultima – la concorrenza micidiale delle vendite sul web. Ecco il “Piano Filippetti” su 4 aree d’azione, di cui Gimazane ci svela alcune misure. “Soppressione del 5% di sconto che i librai possono praticare sul prezzo fissato dagli editori; creazione di un mediatore del mercato del libro che si occupi di far applicare la legge; aiuti alle librerie per creare siti internet e soppressione della consegna gratuita a casa da parte degli operatori on line”. In teoria tutto corretto. Ma, in pratica, si tralascia la non cultura dei libri e il costo di questi ultimi. Il libro, oggetto sconosciuto agli italiani, lo è ancor di più per quelli residenti al Sud. A voler trovare delle motivazioni per invogliare alla lettura ce ne sarebbero molte e tutte, volendo, valide. Leggere è un privilegio degli esseri umani. Attraverso la lettura possiamo entrare in contatto con altre vite oltre che con la nostra. Leggere è come fare un’escursione. Trascende il tempo. I libri ci trasportano in altri paesi. Addirittura essi, a volte,  possono aiutarci a trovare le risposte ai nostri quesiti. Le parole non vengono mai usate a caso, né restano semplicemente parole. Ogni termine porta con sé emozioni, ricordi, suoni, riflessioni. Chi scrive racconta, e lo fa, spesso, in maniera solitaria ed autonoma; chi legge può farlo quando vuole e dare una sua interpretazione, a seconda del suo background, stato d’animo e tanto altro. Il problema fondamentale è che tutti questi motivi trovano sì consenso, ma solo presso chi è  un lettore forte, ovvero chi legge già molto. La vera sfida diventa, quindi, quella di incentivare la lettura e far sì che diventi  un’abitudine e un piacere quotidiano e non uno sforzo o, peggio, un obbligo. Il piacere alla lettura è un bene che va insegnato ai piccoli così come ai grandi. Bisognerebbe affiancare le iniziative a una “cultura” del libro, con seminari, incontri e progetti nelle scuole, a partire dall’asilo. Fattore non secondario è anche il costo dei libri. Magari non tutti quelli che vogliono leggere possono permettersi grossi acquisti o ravvicinati nel tempo. A questo si potrebbe ovviare implementando i servizi, la qualità e la quantità offerti dalle biblioteche, garantendo così un largo accesso a chiunque ne abbia voglia. Per amare i libri e farli propri, si potrebbe iniziare a pensarli così come li descrive Erri De Luca, noto scrittore napoletano, nel suo libro “In alto a sinistra”: “I libri conoscono le nostre pene, i bisogni, gli scontenti. In ognuno di loro c’è una frase, una lettera che sembra scritta solo per noi. Sono una vita seconda, la insegna a chi non può viverla, oppure a correggere il passato. I libri insegnano ai ricordi, li fanno camminare. Bisogna leggerli anche per il piacere di girare la pagina e portare lo sguardo in alto a sinistra, dove la storia continua.”

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