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Ancora violenza nelle carceri.

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Il coronavirus accende la miccia, ma sono i problemi atavici di tutte le carceri italiane, primo il sovraffollamento, a far esplodere la rivolta di metà dei detenuti di San Vittore con una ventina di loro che per ore salgono sui tetti della casa circondariale, mentre un gruppo di anarchici e qualche parente fa il tifo da fuori. La protesta termina solo dopo una lunga e delicata trattativa con i carcerati diretta personalmente dai pm Alberto Nobili e Gaetano Ruta.

Gli stranieri sul tetto

La protesta comincia intorno alle 9.30, mentre nelle celle si rincorrono dalla sera prima le notizie sulle rivolte in altri istituti di pena. Un centinaio di detenuti del terzo raggio, quasi tutti stranieri, riescono a raggiungere il quarto piano. Gran parte degli italiani restano in cella, probabilmente perché hanno troppo da perdere in termini di benefici penitenziari se non mantengono una buona condotta.

Gli anarchici a sostegno della protesta

Dal finestrone del quarto piano, quello dove vengono trattate le tossicodipendenze, qualcuno brucia giornali e stracci causando una colonna di fumo, altri battono oggetti contro le sbarre gridando «libertà! libertà!». Non ci sarebbero gli ospiti della «Nave» che, invece, avrebbero aiutato gli operatori ad uscire dal reparto e a mettersi al sicuro. Circa venti detenuti raggiungono il tetto dove continuano ad urlare. Qualcuno lancia tegole mentre tra viale Papiniano e piazza Aquileia, nonostante i rischi di contagio da Covid-19, si raduna una folla di telecamere, curiosi, parenti dei detenuti e una trentina di anarchici tenuti sotto controllo dalla polizia e dai carabinieri in tenuta anti sommossa, che solo nel pomeriggio dovranno intervenire con una carica di alleggerimento.

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