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UNA MAPPA IMPOSSIBILE .

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Istanbul, anno 1929. Il Palazzo Imperiale Topkapi sta per essere trasformato in un museo per volontà della neonata Repubblica di Turchia. Durante l’inventario delle carte custodite nella biblioteca, il responsabile della catalogazione, il teologo tedesco Gustav Adolf Deissmann, si imbatte in una curiosa pergamena, dimenticata tra documenti di poca importanza: si rivelò essere una splendida mappa disegnata su pelle di gazzella e firmata dal capitano di marina e cartografo turco Hagji Ahmed Muhiddin Piri, meglio noto come Piri Reis, nel 1513. Essa reca una scritta nella quale si legge: “Composta dall’umile Pir figlio di Hagji Mehmet, noto come nipote per parte di padre di Kemal Reis – possa Dio perdonarli – nella città di Gallipoli, nel mese del sacro Muharram, nell’anno 919”. Piri sosteneva di averla elaborata a partire da una ventina di mappe più antiche, tra cui otto mappe tolemaiche, quattro portoghesi, una araba oltre ad un’altra mappa ottenuta da un prigioniero castigliano che aveva accompagnato Cristoforo Colombo nei suoi viaggi. Iniziò a disegnarla nel 1511 e la terminò nel 1513. Nel 1517 la presentò al sultano Solimano il Magnifico, che lo ricompensò con la promozione ad ammiraglio (ossia Reìs, carica militare che significa “comandante”). Datata anno islamico 919, la mappa che oggi vediamo misura 90×63 cm e dovrebbe essere un terzo o al massimo la metà dell’originale. La sua particolarità risiede in ciò che è raffigurato: parte del continente americano, all’epoca da poco scoperto, ma soprattutto la raffigurazione della costa settentrionale dell’Antartico, che sarebbe stato scoperto solo nel 1820 dalla spedizione russa di Lavarev e Bellingshausen. Come se non bastasse, ed è qui l’incredibile mistero, l’Antartide era raffigurato privo di ghiacci, ossia come appariva ben 6000 anni fa! Ad infittire il mistero fu la pubblicazione nel 1965 del libro “Maps of the Ancient Sea Kings” nel quale l’autore, il professor Charles Hapgood dell’Università del New Hampshire, esponeva la teoria secondo la quale nella mappa di Piri Reìs era stata usata la “proiezione di Mercatore”. Era questa una complicata tecnica per realizzare carte geografiche capaci di rappresentare su una superficie piana tutto ciò che si estende sul globo terrestre grazie ad una proiezione cilindrica. Ma questa tecnica non poteva essere nota a Piri perchè sarebbe stata proposta dal geografo fiammingo Gerardo Mercatore solo nel 1569! Sempre nel suo libro, Hapgood ha supposto che la mappa fosse basata su documenti risalenti al 4000 a.C., prima quindi della presenza sulla Terra di qualsiasi civiltà avanzata. La conseguente conclusione era che sarebbe esistita una civiltà preistorica in grado di navigare su lunghe rotte, con una precisa conoscenza della geografia terrestre possibile solo con la visione aerea dei continenti. Inoltre, la mappa includeva anche disegni di animali che chiaramente non potevano vivere in Antartide (per esempio uno che somigliava ad un alce) dato che, secondo gli studi climatici, l’ultima volta che il continente aveva registrato una temperatura leggermente più calda di quella attuale era stata più di 100mila anni fa. Da queste osservazioni e dal riferimento fatto da Piri Reìs a “gli antichi re del mare” (da cui il titolo del libro di Hapgood), nacque all’epoca un dibattito in merito alla possibilità che fossero esistite delle conoscenze geografiche perdute e recuperate in modo misterioso dal cartografo ottomano. Ce n’era abbastanza per definire questa mappa come “impossibile”, ma soprattutto affinchè sia Erich Von Daniken, ne parlasse nel suo libro “Chariots of Gods” (in italiano “Gli extraterrestri torneranno”), e sia Graham Hancock nel suo best seller fanta-archeologico “Impronte degli Dei”. Secondo questi autori, le mappe alle quali Piri si sarebbe ispirato vennero redatte, come abbiamo già detto, da raffigurazioni antichissime, forse addirittura risalenti ad Atlantide (e ti pareva…), oppure vennero disegnate a partire da visioni possibili solo dall’alto, quindi da aerei o astronavi extraterrestri. Sia Hapgood che Hancock affermano che la raffigurazione del continente antartico in queste mappe sarebbe precicissima e, indicando fiumi, laghi e montagne, farebbe supporre che la redazione di quell’antichissimo modello cartografico sarebbe avvenuta 15000 anni fa, grazie ad un satellite sospeso ad altissima quota sopra l’Egitto. Come al solito, tutte queste ipotesi sono innegabilmente affascinanti e non possono non scatenare fantasiosi voli pindarici. Peccato che non venga avanzato un solo straccio di prova a sostegno di quanto affermato.

Se invece vogliamo attenerci ad evidenze scientifiche, vediamo che il mistero della mappa di Piri Reìs è solo apparente. In primo luogo, nonostante quanto sostenuto da Hapgood e Hancock, la mappa non è così precisa: l’unica regione più dettagliata dell’America del Sud è la costa dell’attuale Brasile. Invece, il disegno di altre zone presenta diversi errori, come nel caso del Rio delle Amazzoni, che viene rappresentato in due diverse posizioni, oppure i Caraibi, rappresentati in modo grossolano, con evidenti errori di proporzione ed orientamento: dobbiamo infatti tener presente (ed è importantissimo farlo) che all’epoca non era ancora chiara la distinzione tra Asia ed America: veniva chiamata America (dopo i viaggi di Vespucci) solo l’attuale America del Sud, mentre tutte le terre a nord dei Caraibi erano considerate parte dell’Asia. Da ciò possiamo già affermare che la mappa si basava vagamente sulle idee del tempo su ciò che poteva esserci oltre l’Oceano. Quel che si sapeva era che esisteva una terra chiamata Cipango – il Giappone – (disegnato poco ad ovest di Cuba) e più in là la costa orientale dell’Asia, della quale non si conoscevano nè la forma precisa nè l’estensione. Inoltre, dovremmo chiederci come mai le coste di quelle che dovrebbero essere il Sud America e l’Antartide appaiono attaccate, quando in realtà sono separati da 1000 km d’acqua del canale di Drake. E ancora: ciò che viene identificato con il Sud America riporta disegni di animali fantastici, rettili antropomorfi e uomini senza testa e con il viso sulla schiena, identificabili come i “blemmi” (un popolo mostruoso stanziato in un luogo imprecisato dell’Africa Orientale) della mitologia latina. Tutto ciò induce a pensare che le coste riprodotte sul lato sinistro del disegno rappresentassero in modo generico una terra incognita di cui si conosceva l’esistenza, ma che ancora non era stata esplorata. Teniamo presente anche che le carte geografiche del Medioevo e Rinascimento erano spesso costruite in modo simbolico e non per forza realistico. Questo significa che il nord poteva essere raffigurato a sinistra e il sud a destra, una nazione più importante poteva essere disegnata più grande delle altre solo per enfatizzarne la potenza, a prescindere dalle reali dimensioni. E, poichè non ci vogliamo far mancare nulla, e per semplificarci la vita (si fa per dire), in tali mappe venivano rappresentati luoghi mitici come il Paradiso Terrestre o la Torre di Babele, oppure Gerusalemme al centro del mondo.

Veniamo quindi alla presunta rappresentazione dell’Antartide. Gli autori di fanta-archeologia sostengono che questa terra sia rappresentata in modo estremamente preciso in quanto sarebbe il risultato di una rilevazione aerea: ma allora che fine hanno fatto i 2000 km di costa dal Brasile alla Terra del Fuoco (quindi tutta l’Argentina), e come mai questa strana Antartide è attaccata al Brasile invece di trovarsi a più di 4000 km a sud? Basta osservare con attenzione quella parte di mappa per accorgersi, anche senza essere esperti cartografi, che in essa vi è rappresentata solo l’estremità del continente sudamericano, nei modi approssimativi che permettevano le scarse conoscenze dell’epoca. La raffigurazione è deformata, piegata a destra, probabilmente per adattarsi alla particolare forma della pergamena. Inoltre le carte geografiche dell’epoca servivano anche come strumenti politici: disegnare una terra da una parte o dall’altra del meridiano chiamato “La Raya” che faceva da confine tra l’area di influenza della Spagna e del Portogallo, poteva servire ad accampare pretese di possesso dell’una o dell’altra potenza marinara. Piri Reìs nelle note (chiarissime e precise e quindi per nulla misteriose) cita continuamente le mappe dei portoghesi ai quali avrebbe fatto comodo che la costa dell’America del Sud sotto il Brasile curvasse decisamente a destra, verso l’Africa, in modo da rientrare nei 180° assegnati al Portogallo dal Trattato di Tordesillas del 1494. Se osserviamo bene l’estremità inferiore a destra, quella che dovrebbe rappresentare l’Antartide, si vede il disegno di un serpente e nella nota dell’ammiraglio turco si legge: “Questa terra è disabitata. Tutto è rovina e si dice che siano stati trovati grossi serpenti. Per questa ragione gli infedeli Portoghesi non sono sbarcati in queste terre che si dice siano molto calde”. Vi sembra la descrizione dell’Antartide? Ma se ciò non bastasse, beh si potrebbe semplicemente sovrapporre i confini della mappa con quelli di una moderna carta: vedremmo che non vi è alcuna corrispondenza. Ed è strano che nessuno scrittore del mistero si sia preso la briga di fare questa verifica. L’unico dato reale è che essi hanno venduto milioni di copie dei loro libri, scritti sicuramente con uno stile accattivante e ben argomentati, ma che dinanzi ad argomentazioni scientifiche rivelano tutta la loro fragilità. Indagare il mistero con gli occhi della ragione rimane la via da seguire per non cadere nel ridicolo. E la mappa di Piri Reìs ne è un classico esempio.

Statua di Piri Reis.

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