Israele: ‘Le parole di Parolin minacciano la pace’. Il Papa: ‘La posizione del cardinale è quella della Santa Sede’.

L'ambasciata israeliana dopo l'intervista del segretario di Stato vaticano: 'Trascura il rifiuto di Hamas di rilasciare gli ostaggi'. Il cardinale: 'Il piano di pace di Trump coinvolga i palestinesi'.

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Il Cardinal Pietro Parolin EPA/JOSE SENA GOULAO

Il secondo anniversario del 7 ottobre segna un duro scontro tra Israele e Vaticano.

L’ambasciata di Tel Aviv presso la Santa Sede ha duramente criticato l’intervista rilasciata ieri ai media vaticani dal segretario di Stato Pietro Parolin, proprio in vista di questo anniversario. “Rischia di minare gli sforzi per la pace”, dice l’ambasciata.

Il Papa difende il suo Segretario di Stato: “Il cardinale ha espresso molto bene la posizione della Santa Sede”.

La questione non è nuova: la Chiesa ha sempre espresso la duplice richiesta, da una parte il rilascio degli ostaggi, dall’altra il cessate il fuoco a Gaza. E pensando proprio al popolo ebraico, il Pontefice, per esempio, oggi ha parlato dell’antisemitismo definendolo “molto preoccupante”. Lo aveva detto anche nell’Angelus di domenica scorsa, ricordando l’attentato terroristico a Manchester.

Sul 7 ottobre, prima di lasciare Castel Gandolfo, Prevost ha espresso con i giornalisti tutta la sua sofferenza, la stessa che condivide con la parrocchia di Gaza alla quale, anche ieri sera, ha mandato un messaggio di vicinanza.

“Sono stati due anni molto dolorosi. Due anni fa, in questo atto terroristico, sono morte 1.200 persone. Bisogna pensare a quanto odio esiste nel mondo – ha detto Leone – e cominciare a porci noi stessi la domanda su cosa possiamo fare. In due anni, circa 67mila palestinesi sono stati uccisi. Bisogna ridurre l’odio, bisogna tornare alla capacità di dialogare, di cercare soluzioni di pace”.

E proprio in nome della pace il Papa sceglie il Medio Oriente come meta del suo primo viaggio apostolico: partirà il 27 novembre prima alla volta della Turchia, per i 1700 anni del Concilio di Nicea, anniversario importantissimo per tutto il mondo cristiano, e poi si recherà in Libano (dal 30 novembre al 2 dicembre), quel viaggio che Papa Francesco aveva tanto desiderato e non ha mai potuto fare per la difficile situazione geopolitica.

“In Libano – ha detto – avrò la possibilità di annunciare di nuovo il messaggio di pace in Medio Oriente in un Paese che ha sofferto tanto, cercheremo di portare questo messaggio di pace e di speranza”.

Tornando alla nota dell’ambasciata israeliana presso la Santa Sede, non è la prima volta che sulla questione del conflitto si registra una tensione. A fine marzo ci fu una dura presa di posizione contro le parole di Papa Francesco all’Angelus. Nel febbraio del 2024 invece era stato ancora Parolin ad essere attaccato per una sua dichiarazione definita “deplorevole” (aggettivo poi corretto dalla stessa ambasciata, che parlò di errore di traduzione, in “sfortunata”).

Oggi la rappresentanza di Tel Aviv ha sottolineato che l’intervista di Parolin “rischia di minare gli sforzi per porre fine alla guerra a Gaza e contrastare il crescente antisemitismo. Si concentra sulla critica a Israele, trascurando il continuo rifiuto di Hamas di rilasciare gli ostaggi o di porre fine alla violenza”.

In particolare, sottolinea l’ambasciata, “ciò che più preoccupa è l’uso problematico dell’equivalenza morale laddove non è pertinente: ad esempio, l’applicazione del termine ‘massacro’ sia all’attacco genocida di Hamas del 7 ottobre sia al legittimo diritto di Israele all’autodifesa. Non esiste equivalenza morale tra uno Stato democratico che protegge i propri cittadini e un’organizzazione terroristica intenzionata a ucciderli”.

Nell’intervista Parolin, aveva parlato di una situazione a Gaza “grave e tragica”, di “una guerra devastante che ha mietuto decine di migliaia di morti”, e aveva anche usato il termine “carneficina”. “È inaccettabile e ingiustificabile ridurre le persone umane a mere vittime collaterali”, le parole del Segretario di Stato. 

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