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I MANOSCRITTI DEL MAR MORTO, UN MISTERO (QUASI) RISOLTO.

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martedì, Aprile 23, 2024

È una delle scoperte più affascinanti dei nostri tempi: centinaia di manoscritti protetti per 2000 anni, contenenti circa 900 documenti, compresi testi della Bibbia ebraica, scritti in greco, aramaico ed ebraico, per lo più su pergamena e papiro. Datati tra il 150 a.C. e il 70 d.C. essi sono comunemente associati alla setta “monastica” degli Esseni. Fin dal loro ritrovamento, i manoscritti sono stati oggetto di estremo interesse da parte degli studiosi in quanto comprendono alcune delle uniche copie superstiti note dei documenti biblici prodotte prima del Secondo Tempio, ma anche di accese controversie: chi ha affermato che potessero essere dei falsi (dato il contesto storico del loro ritrovamento) e chi ha sostenuto che il loro contenuto avrebbe potuto stravolgere le basi del giudaismo e del cristianesimo, accusando gli studiosi incaricati della loro decifrazione di complottare per tenere celate alcune scomode verità scritte in questi documenti. Ma ci sono state controversie anche sugli effettivi autori dei manoscritti, nonché sullo stesso sito della setta essenica. Ci conviene procedere con ordine. Prima di affrontare l’argomento “Rotoli”, andiamo quindi nella regione del Mar Morto e addentriamoci tra le sabbie di un deserto pieno di luce e suggestioni mistiche, un luogo di cui ogni viaggiatore non può dimenticare la particolare energia, il potere magnetico che queste rocce sanno sprigionare.

Museo del Libro di Gerusalemme.

Il Mar Morto

Al viaggiatore la regione del Mar Morto si presenta da epoca immemore come un deserto di rocce, di pietre, di sabbia, di terra, il tutto coperto da incrostazioni saline che danno al lago il suo nome ebraico: yam hammélah, “Mare di Sale”. Nell’acqua, infatti, si riscontra un indice altissimo di salinità, quasi dieci volte il contenuto dei mari ordinari, per cui non è possibile alcuna forma di vita, tranne qualche microorganismo recentemente scoperto. La salinità si estende anche al terreno ed impedisce la crescita di qualsiasi tipo di vegetazione. Il Mar Morto si trova a 390 metri sotto il livello del Mediterraneo: questo fatto, unito ad un altro, che la regione è incassata tra catene di montagne ed è quindi protetta dai venti, rende il clima pesante per il gran caldo in tutte le stagioni e per l’aria immobile, carica di un’alta percentuale di umidità dovuta alla rapida evaporazione delle acque del lago, evaporazione accentuata in questi ultimi tempi in cui il cambiamento climatico ha ridotto in modo consistente l’estensione stessa del lago. Esistono, tuttavia, delle oasi dove sfociano i fiumi o sgorga l’acqua dolce in cui la vegetazione cresce rigogliosa, creando un forte contrasto con la desolazione del resto della regione.

Un luogo di leggende…

Tale contrasto tra la ricca vegetazione delle poche zone provviste di acqua dolce ed il resto arido, brullo, morto, ha fatto nascere leggende e tradizioni. Si racconta che la regione non sia sempre stata così, ma è il risultato del giudizio divino sull’uomo peccatore. Secondo la Genesi, “…prima che il Signore distruggesse Sodoma e Gomorra, essa era tutta irrigata…, come il giardino del Signore, come il paese d’Egitto”. Poi questa situazione mutò in seguito ai noti fatti riportati nella Bibbia: “Allora il Signore fece piovere dal cielo fuoco e zolfo su Sodoma e su Gomorra…, e distrusse così quelle città e tutta la vallata: gli abitanti delle città e quanto cresceva sul suolo!” E così da allora tutta la regione rimase desolata. Di questa tradizione rimangono tracce anche oggi nell’onomastica della regione: il “Monte di Sodoma” e il “Mare di Lot”.

…e di realtà

Tuttavia, questo aspetto desolato della regione non faccia pensare alla morte in senso assoluto. Fin dall’epoca dei Crociati, infatti, il Mar Morto ha svolto la funzione di importante via interna di comunicazione, che permetteva di percorrere in poche ore tragitti che sul terreno accidentato avrebbero richiesto intere giornate. Inoltre, ancora in epoca romana e bizantina, non mancavano nelle oasi piccoli insediamenti agricoli che producevano frutti pregiati e primizie. Sulla collina di Masada, presso la metà della sponda occidentale, Erode il grande fece costruire un sontuoso palazzo, delle cui vicende abbiamo già parlato e a cui vi rimandiamo. Durante il Medioevo la regione, abbandonata ormai da ogni insediamento, divenne presto lo spazio riservato ai nomadi e ai Beduini, per essere “riscoperta” solo alla fine dell’800. E dagli anni ‘30 del secolo scorso in avanti operano nel sud, a Sodoma, imprese minerarie, mentre sulla costa sud-occidentale sono sorti stabilimenti termali, convenzionati con i Servizi Sanitari Nazionali di molti Paesi, specialmente dell’Europa settentrionale, le cui cure si avvantaggiano proprio del clima estremamente caldo e dell’altro contenuto alcalino delle acque.

La scoperta dei manoscritti

Si dice che in un’epoca non precisata, ma quasi certamente nell’aprile del 1947, un ragazzo beduino di nome Muhàmmad el-Dib, “Maometto il Lupo”, della tribù dei Taamìra, rincorreva una capra appartenente al proprio gruppo, nei pressi della sorgente di Fashcha. Il gruppo si era qui accampato per fare rifornimento di acqua; proveniva dalla Transgiordania ed era diretto a Betlemme, dove ogni settimana vendeva al mercato i propri prodotti. Per evitare di pagare i diritti doganali sulle merci che importava, aveva guadato il Giordano, allora il confine tra la Transgiordania e il territorio del mandato britannico sulla Palestina (lo Stato di Israele, lo ricordiamo, non era ancora sorto). Si dirigeva quindi verso Betlemme per sentieri poco frequentati, al fine di evitare incontri spiacevoli e i controlli della polizia. Era dunque un gruppo che praticava, sia pure su scala ridotta e solo occasionalmente, il contrabbando, un mezzo per arrotondare i magri redditi. Mentre inseguiva la capra, il ragazzo, pensando che si fosse nascosta in una delle innumerevoli grotte, scagliò dei sassi al loro interno, con lo scopo di spaventarla e farla uscire. Ma un sasso, scagliato in una di esse, anziché perdersi nell’oscurità, produsse un suono di cocci infranti. Temendo di averne combinata una grossa, il ragazzo fuggì, ma poi la curiosità prevalse sul timore: ritornò con un compagno e si mise ad esplorare la grotta. La scena che apparve ai due dev’essere stata straordinaria: una serie di giare, tutte più o meno cilindriche, munite di coperchio, stavano ritte in buon ordine; altre giacevano rovesciate, mentre il suolo era ricoperto dei cocci delle giare. I due tolsero il coperchio ad una delle giare. Li investì un cattivo odore. Nella giara essi videro quello che sembrava un pacco della medesima forma delle giare; per terra, dove le giare erano rotte, se ne vedevano altri similari. I pacchi erano accuratamente imballati in un tessuto che sembrava lino ed erano ricoperti di una materia simile alla pece o alla cera. Ogni pacco conteneva, come si vide poi, un manoscritto composto su più colonne parallele, iscritto su fogli uniti l’uno all’altro mediante sottili cuciture. I ragazzi portarono il rotolo che avevano aperto alla propria gente e i Beduini lo portarono con loro a Betlemme nella speranza di poterlo vendere a qualche antiquario, ma nessuno volle acquistarlo a causa dell’esorbitante prezzo richiesto di 20 sterline. Da questo momento, le vicende successive di questi manoscritti, come la vendita illegale, il contrabbando di antiquariato, fanno catapultare la storia in un clima da Indiana Jones, finché il Metropolita della Chiesa di Gerusalemme, Athanasius Yeshue Samuel, riuscì a farsi rivelare dai Beduini la posizione della grotta e nel 1948 stabilì contatti con la American School of Oriental Research. Il dottor Trever, vicedirettore della scuola, pur non essendo un esperto in paleografia ebraica, ebbe immediatamente la sensazione che si trattasse di una scoperta importante e questa sensazione divenne certezza non appena confrontò i manoscritti con copie di altri manoscritti ebraici antichi. Un ulteriore esame dei manoscritti mostrò che uno d’essi conteneva un rotolo praticamente completo del libro del profeta Isaia, un testo connesso col libro del profeta Habakuk, un testo settario non identificato, ma chiamato più tardi “Regola della Comunità”, ed infine un rotolo le cui condizioni erano così cattive che non fu possibile srotolarlo né tanto meno fotografarlo; da un frammento che si era staccato risultò che il libro era scritto in aramaico e che vi appariva il nome di Lamec. Venne pertanto chiamato provvisoriamente “Apocalisse di Lamec”, titolo più tardi mutato in “Apocrifo della Genesi”.

L’odissea dei manoscritti

Quando il 14 maggio del 1948 le truppe inglesi lasciarono la Palestina e il 15 maggio venne proclamato lo Stato di Israele, la guerra scoppiò apertamente. Il Metropolita volle prevenire il disastro e, saggiamente, mandò all’estero i manoscritti: prima in Transgiordania, poi in Siria ed infine negli Stati Uniti, dove vennero ulteriormente studiati e dati alle stampe con un’edizione critica.

I manoscritti inviati dal Metropolita negli Stati uniti, tuttavia, sembravano spariti dalla circolazione. Ma un giorno del 1954 apparve un annuncio economico sul Wall Street Journal di New York nel quale si vendevano i quattro rotoli per 250.000 dollari. Lo stato di Israele autorizzò il professor Yadin, che si trovava a New York per una serie di conferenze, a contrarre debiti per tale somma e il 2 luglio dello stesso anno, i rotoli si trovarono nelle sue mani. Trasportati in Israele, il loro possesso venne annunciato in una conferenza stampa del 13 febbraio 1955. I rotoli così acquistati costituirono, insieme agli altri, il fondo principale di quello che doveva poi divenire il “Santuario del Libro” nel Museo d’Israele di Gerusalemme.

Un incidente internazionale

Tutta la vicenda ebbe uno strascico di politica internazionale. Il Regno Hashemita di Giordania, che si considerava il legittimo successore della potenza mandataria nei territori occupati durante la guerra del 1948-49, esigeva la restituzione dei manoscritti, rinvenuti in quello che era ormai il proprio territorio ed esportati in maniera sicuramente illegale (anche se giustificata dallo stato di necessità); non perdonò mai al Metropolita la vendita dei manoscritti, anche perché era difficile provare la sua buona fede: l’annuncio economico che abbiamo visto aveva troppo l’aspetto di un segnale convenuto. Il presule non poté quindi rientrare a Gerusalemme e rimase fino alla morte negli Stati Uniti.

I Rotoli “fanno notizia”

La situazione era abbastanza complessa quando si venne ad aggiungere l’elemento “stampa”. I rotoli, infatti, se presentati in una determinata maniera, potevano suscitare discussioni, dibattiti e polemiche. Grazie alla diffusione di articoli sull’argomento, i manoscritti erano sulla bocca di tutti negli Stati Uniti e diveniva così più facile per gli studiosi ottenere contributi finanziari da università, fondazioni ed altri enti per il proseguimento degli studi nell’ambito d’istituti specializzati, come pure ottenere sovvenzioni per la pubblicazione dei testi. Inoltre, grazie all’interesse ormai generale del quale erano circondati, cominciavano ad apparire le prime edizioni economiche, che ponevano il materiale a disposizione di chi non disponesse dei mezzi per acquistare le non economiche edizioni critiche.

Cosa contengono i Rotoli

Abbiamo visto che la scoperta dei Rotoli non è avvenuta in un contesto “ufficiale”, come quella di Tutankhamon, ma per caso ed in sordina, in un clima di contrabbando e mercato nero. Solo con l’emergere della notizia e con l’intervento degli studiosi, la faccenda ha assunto connotazioni più normali nell’ambito delle quali sono state esplorate undici grotte nel corso degli anni ‘50, risultando solo le grotte 3, 4, 5, 6 e 11 meritevoli di attenzione, avendo fornito testi di qualche rilievo. Le singole grotte nelle quali sono stati rinvenuti dei rotoli sono state numerate da 1 a 11, nell’ordine cronologico della loro scoperta e contrassegnate con la lettera Q (Qumran), per distinguere i manoscritti ivi rinvenuti da quelli trovati altrove. Queste indicazioni di provenienza sono sempre seguite da una designazione relativa al contenuto del manoscritto, per lo più con le abbreviazioni in uso nelle pubblicazioni scientifiche. Quindi, se noi vediamo una sigla come 1QIs, sappiamo che si tratta del testo del libro biblico di Isaia scoperto nella grotta numero 1 del complesso di Qumran.

Detto questo, i Rotoli del Mar Morto sono tradizionalmente divisi in tre gruppi: manoscritti “biblici” (copie di testi della Bibbia ebraica) che costituiscono circa il 40% dei rotoli identificati; manoscritti “apocrifi” o “pseudepigrafici” (documenti noti del periodo del Secondo Tempio, come Enoch, Giubilei, Tobia, Siracide, salmi non canonici che non sono stati canonizzati nella Bibbia ebraica) che costituiscono circa il 30% dei rotoli identificati; manoscritti “settari” (documenti precedentemente sconosciuti, che descrivono le norme e le credenze di un particolare gruppo o gruppi all’interno della maggioranza ebraica) come la “Regola della Comunità”, il “Rotolo della Guerra”, commento “ad Abacuc” e la “Regola della Benedizione”, che costituiscono anch’essi il 30% dei rotoli identificati.

Nonostante l’alto numero di composizioni che compongono l’insieme dei manoscritti, il loro contenuto è sorprendentemente uniforme. Comprendono solamente la letteratura religiosa e non c’è spazio per la letteratura secolare. Il lettore non vi troverà nemmeno lavori puramente storici o scientifici. Le composizioni più vicine ad essere “scientifiche” sono i calendari e i lavori astronomici che però sono pervasi da chiari scopi religiosi e sono stati scritti e preservati per ragioni liturgiche o per dare un ordine alla vita religiosa.

Alcuni testi attribuiscono una notevole importanza alla dottrina del destino o predeterminismo. Dagli scritti di Flavio Giuseppe si rileva che i tre maggiori partiti giudaici presentavano diversi orientamenti su questo tema: i Farisei affermavano che alcuni eventi derivavano dal destino, ma non tutti, perché alcuni dipendono dalle nostre azioni; gli Esseni ritenevano che fosse proprio il destino a determinare tutti gli eventi e che nulla può accadere all’uomo di diverso da quanto già in precedenza tracciato; i Sadducei, invece, non ammettevano l’esistenza del destino, affermando che tutte le azioni umane sono originate dalla nostra volontà e dal nostro comportamento, con la conseguenza che noi stessi siamo responsabili di ciò che ci accade e le sventure non sono altro che il frutto della nostra stoltezza.

Perché i Rotoli sono importanti

I Rotoli hanno aumentato le nostre conoscenze sull’ebraismo dell’epoca di Gesù sulla base di testimonianze autentiche prima di allora del tutto ignorate. Inoltre, la loro scoperta ha messo in crisi il sapere biblico tradizionale, costringendo storici ed esegeti ad una nuova rivisitazione delle ipotesi fino a quel momento ritenute attendibili, alla luce del materiale documentale che via via emergeva nel corso degli scavi. Si imponeva il vaglio di nuovi elementi che potessero fare chiarezza sul Cristianesimo primitivo, le sue figure e le sue dottrine, in particolare sui rapporti con l’ambiente giudaico d’origine.

Ciò che rende ancora più importante la scoperta è il fatto che alcuni dei manoscritti presentano varianti interpretative più simili alla traduzione dell’Antico Testamento da parte dei “Settanta”, alla base della versione biblica cristiana, evidenziando la preoccupazione dei redattori di rendere il messaggio divino più accessibile a tutti i popoli del Mediterraneo ellenistico.

Inoltre, per la prima volta gli studiosi hanno potuto avere un’intera gamma di composizioni religiose che sono arrivate a noi direttamente, assolutamente prive di ogni interferenza successiva. Visto che i testi sono stati conservati nel deserto, quindi ai margini della vita convenzionale, ci sono giunti prive delle restrizioni censorie. La censura ebraica aveva soppresso la letteratura religiosa che non osservava l’ortodossia rabbinica, e la censura cristiana aveva assimilato alcune di queste opere, ma solo dopo averle modificate per i propri scopi.

E ancora: prima della scoperta dei manoscritti, le opere più antiche della Bibbia in ebraico erano nel testo masoretico (ossia la versione ebraica della Bibbia ufficialmente in uso fra gli Ebrei, utilizzata spesso come base per traduzioni dell’Antico Testamento da parte dei Cristiani) del IX secolo, tra i quali il Codex Leningradensis. I manoscritti biblici trovati tra i rotoli del Mar Morto hanno spostato indietro la datazione fino al II secolo a.C. Prima di questa scoperta, i più antichi manoscritti esistenti del Vecchio Testamento erano in greco antico, come il Codex Vaticanus e il Codex Sinaiticus.

Il Rotolo di Isaia

Abbiamo accennato prima all’1QIs, ossia al Rotolo di Isaia, il più spettacolare dei manoscritti ritrovati e quello in migliori condizioni di conservazione. È lungo 7,34 metri e largo 26 cm, è composto da 17 fogli di pelle di buona fattura e diviso in 54 colonne, con una media di 30 righe ciascuna, incise con un righello non affilato, secondo le regole giudaiche. Le parole sono state scritte con inchiostro non metallico e sono suddivise tra loro (a differenza dei manoscritti greci) e quindi sempre chiaramente identificabili. Rispetto al testo masoretico il Rotolo di Isaia ha circa 5.857 varianti, di cui 4.500 sono di carattere ortografico. È attualmente conservato, insieme agli altri 900 manoscritti, nel Santuario del Libro, in un’ala sotterranea del Museo di Israele. Al centro della stanza, un facsimile del Grande Rotolo è esposto su una riproduzione gigante del montante di legno attorno al quale è tradizionalmente avvolto il Sefer Torah.

Il Rotolo del Tempio

E’, questo, il più lungo, datato tra la fine del I secolo a.C. e il 50 d.C. all’epoca di Erode il Grande, e viene identificato con la sigla 11Q. È considerato il testo in cui Dio avrebbe fornito a Mosè le istruzioni per edificare il Tempio del Regno di Israele. Il Rotolo descrive un complesso templare idealizzato disposto su tre cortili quadrati concentrici, simili al campo degli Israeliti nel deserto all’epoca dell’esodo. Le dimensioni indicate sono molto più grandi del Primo Tempio salomonico. Il manoscritto descrive un tempio che inizia al centro con il Kadosh Hakadashim o “Santo dei Santi”. Prosegue con la prima corte che è l’area riservata ai sacerdoti, a cui succede la seconda corte, indicata come l’area per gli “uomini cultualmente qualificati”, mentre la terza è “l’area per gli Israeliti ritualmente puri”. È presentato come una rivelazione divina e il senso implicito nel testo è che le istruzioni ricevute da Mosè furono dimenticate o ignorate quando Salomone eresse il Primo Tempio a Gerusalemme.

Rotolo di Isaia.

La misteriosa comunità degli Esseni

Poiché non tutti i rotoli ritrovati corrispondono alla fede e alle pratiche religiose ebraiche come sono state tramandate, lasciando aperta l’interpretazione a culti differenti, si è ipotizzato che essi siano l’espressione di un gruppo minoritario. Questo gruppo è stato tradizionalmente identificato come quello degli Esseni, che si ipotizza avessero una comunità proprio a Qumran. In linea generale, il motivo principale che porta a identificare i residenti di Qumran con gli Esseni consiste nel fatto che gli usi e le credenze di tale comunità, così come descritta nelle fonti storiche (Flavio Giuseppe, Plinio, Filone) coincide in gran parte con quanto emerge dai rotoli ritrovati nelle giare. Uno dei testi più importanti scoperti nelle grotte è la “Regola della Comunità”, che descrive il processo di iniziazione ed il cerimoniale dei novizi, nonché la rivelazione di alcune credenze fondamentali della comunità di Qumran e delle regole fondamentali che ne disciplinavano la vita quotidiana ed il funzionamento delle assemblee. Il fondatore era chiamato “Maestro di Giustizia” e predicava una vita di purezza e di povertà, lontana dal lusso di Gerusalemme. Di vita appartata e solitaria, si erano organizzati, fuori dal contesto sociale, in comunità isolate di tipo monastico. Per questi motivi, è stato ipotizzato che anche Giovanni Battista e lo stesso Gesù fossero Esseni o quanto meno “addestrati” e influenzati dai loro insegnamenti, dai quali sarebbe poi scaturito il Cristianesimo.

Gli scritti delle grotte hanno rivelato che la visione del futuro della comunità era orientata all’attesa di una “guerra”, forse etica, dopo la quale il culto del Tempio sarebbe stato riportato alla sua purezza originaria.

La vita degli Esseni si svolgeva, secondo alcuni studiosi, ai piedi del Wadi Qumran, dove esistono alcune antiche rovine nelle quali sono state rinvenute cisterne, usuali mezzi per il bagno rituale ebraico, cimiteri, oltre a sale da pranzo o da assemblea e rovine di un piano superiore, ritenuto da alcuni uno scriptorium per via del ritrovamento di strumenti per la scrittura. Sono state rinvenute anche stoviglie in ceramica e una torre.

Tuttavia, recenti scavi hanno fortemente messo in dubbio il fatto che il sito fosse adibito ad ospitare una comunità monastica: è troppo piccolo e la presenza di 16 vasche era dovuto più alla necessità di avere l’acqua da bere, preziosa in un deserto, quindi a semplice scopo di sopravvivenza piuttosto che a delle abluzioni di carattere religioso. Una sola vasca è stata ritenuta idonea al bagno rituale: del tutto insufficiente, dunque, per soddisfare le esigenze di una numerosa comunità. Anche il rinvenimento del materiale da scrittura non è stato giudicato probatorio dell’esistenza di uno scriptorium di tipo monastico in cui i rotoli siano stati redatti. È più probabile che il sito sia stato la residenza di una ricca famiglia o un centro di lavorazioni, forse per la produzione di ceramiche rituali o altro.

In realtà, non ci sono prove concrete che i Rotoli del Mar Morto siano stati redatti dagli Esseni ma in base a recenti test effettuati sull’inchiostro delle pergamene è stato dimostrato che essendo composto da acqua del Mar Morto, i manoscritti sono stati redatti comunque in quell’area.

Gesù un Esseno?

Come abbiamo accennato prima, molti studiosi si sono interrogati sulla possibilità che Gesù possa essere stato un seguace della comunità essenica o che, quanto meno, nella sua formazione etica e religiosa, sia venuto in contatto con essa. Anche se si possono trovare somiglianze dovute a basi teologiche simili tra i Vangeli canonici e i Rotoli del Mar Morto, le differenze sono marcate e profonde. In primo luogo, gli Esseni costituivano un gruppo riservato ai soli ebrei, mentre il messaggio di Gesù si rivolgeva anche a categorie considerate impure dalla religione giudaica, come i lebbrosi, i pubblicani, le prostitute, fino ad abbracciare l’intero mondo pagano, diventando una proposta di salvezza di carattere universale. Tuttavia, per alcuni esegeti lo stesso Gesù sarebbe stato un rabbì ortodosso, cresciuto in una comunità essenica, il cui messaggio sarebbe stato rivolto agli Ebrei, seppure abbracciando categorie ritenute impure. L’allargamento della sua dottrina ai “Gentili” sarebbe avvenuto solo in un secondo momento, ad opera di Paolo di Tarso, che non pochi esegeti ritengono il vero fondatore della religione cristiana per come si è diffusa nei primi secoli dell’Impero romano. San Paolo avrebbe quindi dato un’impronta ellenistico-mediterranea agli insegnamenti di Gesù, rendendoli compatibili con le più evolute culture dell’area geografica occidentale. Al contrario, è stato osservato come il pensiero di Gesù sia stato rivoluzionario, sia in antitesi con l’ambiente sacerdotale ortodosso giudaico, sia con la stessa comunità essenica. Non bisogna dimenticare che Egli cominciò il suo apostolato in Galilea, regione disprezzata dagli Ebrei ortodossi.

Perché le grotte?

E’, questo, un mistero. Per la sistematicità della distribuzione dei rotoli, una parte degli studiosi ha ipotizzato che le grotte costituissero vere e proprie sedi di biblioteche allestite dalla setta che vi abitava, individuando perfino alcuni reperti di scaffalature, mentre altri credono che il loro utilizzo fosse quello di rifugio nei casi di pericolo. Nello specifico si è pensato che i manoscritti fossero i resti del tesoro del Tempio di Gerusalemme dove, secondo le fonti bibliche, sarebbe stata custodita l’Arca dell’Alleanza, e le grotte, che hanno un accesso impervio e possono essere raggiunte soltanto attraversando l’intero comprensorio di Qumran, potrebbero esser servite da caveau dove riporre i manoscritti da mettere in salvo dopo la distruzione del Tempio ad opera dei Romani di Tito.

Grotte di Qumram.

Teorie del complotto

È diffusa una credenza secondo la quale una qualche misteriosa autorità politica o religiosa (il Vaticano, ovvio) avrebbe volutamente occultato alcuni frammenti dei manoscritti per non rivelarne il contenuto che avrebbe distrutto le fondamenta della religione. In realtà tutti i frammenti, perfino quelli più piccoli, sono a disposizione degli studiosi, raccolti in appositi microfilm. Soltanto alcuni frammenti di dimensioni ridottissime non sono stati ancora decifrati a causa dell’estrema difficoltà di ricompattare il testo. Per di più, gli studiosi hanno un ulteriore strumento di approfondimento: su Internet è presente un portale creato da una unità speciale del Dipartimento delle Antichità di Israele che mette a disposizione, ad altissima risoluzione, i manoscritti, mentre sul sito della Leon Levy-Dead Scroll Digital Library si possono visualizzare i dettagli grafici dei testi.

E per finire, il misterioso Rotolo di Rame

Concludiamo ricordando che nella grotta numero 3 venne ritrovato un altro rotolo. Ma a differenza degli altri, scritti su pergamena o papiro, questo era scritto su metallo e inoltre non è un’opera religiosa ma un elenco di luoghi in cui sono sepolti o nascosti vari oggetti d’oro e d’argento: forse il famoso Tesoro del Tempio. Ne parleremo nel prossimo articolo.

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