Come il tedoforo alle olimpiadi di Cortina 1956 anche il più grande dell’era contemporanea è caduto al momento più bello, con tutti i riflettori addosso. Attraversare l’inferno e uscirne ricoperti di gloria non è da tutti, come Dante Mathieu Van der Poel ha trovato la via d’uscita dall’ultimo girone toccando il paradiso, gustando ancora quello che per lui è ormai il familiare sapore del successo. Mancava dal 2015 al via un vincitore del Tour e addirittura dal 1991 no partecipava la maglia gialla in carica, Tadej Pogacar ha cercato ancora una volta di saziare la sua fame di record, ma questa volta si è dovuto inchinare con il sorriso a quella che ha capito essere la corsa più difficile insieme alla Sanremo. Voleva eguagliare Merckx anche al velodromo, è lui l’ultimo campione in carica del tour de France ad aggiudicarsi la Parigi Roubaix e lo rimarrà anche dopo questo 2025. Si conferma per la terza volta consecutiva Mathieu Van der Poel che pone fine all’Odissea di Tadej, al braccio di ferro tra lo sloveno e la sua squadra che lo avrebbe spinto a più miti consigli magari affrontando Harlebeke e non l’inferno del Nord temendo una caduta, un infortunio in vista del grande giro estivo. Ha avuto ragione per metà Pogacar che comunque conclude secondo, ma sarà balzato un colpo al cuore ai dirigenti della UAE quando lo hanno visto andare lungo nella curva e franare a terra. Non si prepara l’inferno del Nord in pochi mesi, la ricognizione nella Foresta di Arenberg non poteva essere sufficiente per affrontare e sconfiggere chi ha anni di esperienza e potenza sul piatto pavè della Francia. Pogi per la verità l’aveva già fatta per due volte da junior concludendo trentesimo nel 2015 e tredicesimo nel 2016, VDP prima della tripletta ha comunque dovuto incassare un terzo posto all’esordio e un nono nel 2022.

Caduta Pogacar, foratura Pedersen: Van der Poel senza avversari
1896 è un anno importante per lo sport, in Italia è pubblicata la prima edizione della Gazzetta dello Sport e in Grecia, ma al livello mondiale prendono il via, rinascono, le prime Olimpiadi Moderne. Intanto in Francia in quegli stessi mesi prendeva il via la prima edizione della corsa nell’inferno. Fu di Jean Stablinski l’idea di introdurre il passaggio tra gli alberi di Arenberg, la Selva oscura che apre le porte dell’inferno del Nord, da lì inizia la corsa per chi ne è rimasto indenne, li dove i minatori passavano per tornare alle loro case su quelle pietre poste da Napoleone. Niente chicane prima della foresta, sono state aggiunte delle curve a novanta gradi nel tratto minerario di Wallers che precede Arenberg. Filippo Ganna tre anni fa uscì per primo dalla foresta, questa volta un foratura lo ha messo presto fuori dai giochi. Van der Poel vince per strapotere, sono mancati gli avversari, eliminati in una corsa ad eliminazione, ma lui è anche stato bravo ad affrontare le avversità. Brivido della follia, anzi Brivido E follia: quando ormai era solo incassa un colpo da uno spettatore a brodo strada che gli tira una borraccia colpendolo in pieno viso e poi anche lui deve fare i conti con una foratura sulla Carrefour de l’Arbre dove si sarebbe dovuta decidere la corsa, ma Tadej a quel punto era troppo lontano, aveva cambiato bicicletta dopo la caduta, la seconda della stagione dopo quella della Strade Bianche. In quell’occasione però Pidcock non era riuscito a creare il vuoto, era stato ripreso e Tadej ha potuto festeggiare in piazza del campo. Stavolta van der Poel non ha avuto remore nel dare potenza alle sue gambe e approfittare dell’errore -sì anche i più grandi sbagliano- di Pogacar. Oltre a lui Pedersen, Ganna, Philipsen, van Aert, eliminati o ostacolati tutti dalle insidie continue di un percorso che si è meritato l’appellativo infernale. Nell’era moderna soltanto Moser aveva completato una tripletta come quella del nipote di Poulidor, prima di lui c’era stato Octave Lapize tra il 1909 e il 1911, prima di essere strappato via da un inferno ben più spaventoso di una corsa cicilistica, la Grande Guerra. Van der Poel alza la biciletta al cielo, abbraccia la fidanzata Roxanne per prima e poi ritrova il suo rivale, Pogacar riservando un espansivo abbraccio anche a lui, nemici quasi amici. Quest’anno ha vinto l’olandese, nelle classiche non si ritroveranno fino al 2026 e quindi il confronto termina con un 2-1 per VDP (Sanremo, Roubaix contro Fiandre). Quando a 38,1 km dal traguardo Pogi cade le prova tutte, cambia anche bici, ma ormai la sconfitta si era concretizzata, a nulla è valso quel primo attacco a 102 km dalla fine e lo scontro a viso aperto con arenberg. Ai meno 71 una foratura taglia fuori Pedersen che era l’altro grande spauracchio, il possibile terzo incomodo. Non è il settore a Mons en Pevele a decidere la Roubaix 2025, i due li si sono scambiati le posizioni come fatto alla Sanremo, ma poi è nel Pont Thibault a Ennevelin che arriva l’errore di Tadej, troppo largo, pattina sull’erba prima di impuntarsi e ritrovarsi per terra a guardare il suo nemico Monumentale allontanarsi. Rimonta fino a trovarsi a 12 secondi dall’olandese, ma quanto poi la ruota inizia a strisciare nel freno è costretto a cambiare bici. Resta Colbrelli l’unico in grado di vincere la Roubaix all’esordio. Sono a sei passi dal cadere direbbe un gruppo musicale chiamato Creed, ma anche meno potrebbe specificare Pogacar dopo aver affrontato il suo primo inferno del Nord.