Marino , dilettante allo sbaraglio.

Di Cristiano Ottaviani (*)
Ignazio Marino è da più di due anni sindaco di Roma e la sua guida si sta mostrando non solo disastrosa ma ridicola. Intendiamoci la Città Eterna è sempre stata una fogna amministrativa, un giardino zoologico, purtroppo con poche gabbie, pullulante di vasta e variegata fauna di parassiti, ladri e papponi. Dai tempi del Papa Re, puttane e guappi ai romani sono parsi figure romantiche, rispetto alla classe dirigente capitolina per definizione infingarda, sfruttatrice ,cialtrona e baciapile.
Roma è così. Il suo incanto sta nelle sue contraddizioni. Bellissima, senza tempo, provincialmente cosmopolita, prima ancora di ogni globalizzazione; la Città Eterna sa essere umana e generosa ma anche bestiale, crudele, cinica. La Caput Mundi del resto non è propriamente occidentale, ma un ponte, dalle potenzialità ancora non del tutto esplorate, che, tra i suoi colori e la sua disordinata fisionomia, ha raggianti richiami barocchi, arcaici, e un qualcosa che contiene e contemporaneamente va oltre ogni geometria dell’ apparente divenire.
Nell’Urbe gli sprazzi di civiltà moderna, che pur ci sono stati come con il sindaco mazziniano Nathan, sono stati brevi. Inserita suo malgrado nel benessere , come una ricca signora avvenente e infedele, miracolata da un ottimo matrimonio, Roma nonostante la sua burocrazia pachidermica , arrogante e incapace ; malgrado la sua tradizionale pigrizia e il suo pressapochismo, ha avuto un suo sviluppo.
Se dovessimo indicare un anno in cui è parso possibile considerarla particolarmente inserita nella modernità questo è il 2000, data del Grande Giubileo.
Quindici anni fa Roma aveva un polo industriale specializzato nella tecnologia avanzata e nell’ informatica , un importante circuito chimico farmaceutico, un’ economia di servizi in crescita ed era sede centrale di grandi gruppi bancari. Simboli di questa illusione sono stati gli scudetti della Roma e della Lazio, il nuovo Auditorium, il festival del Cinema, la rinascita del quartiere Ostiense, la stessa gestione del Giubileo e dei funerali di San Giovanni Paolo II. Il Sindaco Veltroni, uomo di marketing, a livello politico ha incarnato questa apparente rinascita, ma anche l’ inizio del declino.Perse le grandi banche trasferite al nord, chiuso un bene dal forte valore collettivo come Cinecittà , morti Sordi, Gassman, Manfredi e con la squadra giallorossa venduta ad uno straniero che se ne disinteressa; Roma si è scoperta orfana.
Smarrito il potere politico , egemonizzato prima da Berlusconi e dalla Lega e poi dai finanzieri; la capitale con la crisi non ha saputo difendere la sua esile modernità e i poteri forti hanno continuano ad essere quelli di sempre : “i palazzinari”, i “tangentari “, i “ cravattari” e tutto il loro pingue verminaio, scroccone.
Nel 2008 con Alemanno si è tentata un cambiamento rispetto alla gestione piddina apparsa sempre più parolaia. Si sperava in un‘amministrazione maggiormente sobria e concreta, soprattutto su alcune emergenze come l’ordine pubblico, i trasporti, la spazzatura e le manutenzioni urbane. Il centro destra ha dato cattiva prova di sé. Nepotismo, debito, incapacità di risolvere minimamente i problemi ereditati hanno portato alla trionfale vittoria di Marino che è stata però, occorre ricordarlo, più lo “sciacquone” tirato a furor di popolo sui cinque anni di Alemanno, che l’adesione ad un progetto.
L’attuale Sindaco ci dice che sta facendo il possibile, ma finora però i romani hanno visto da parte del loro primo cittadino molta saccenteria, retorica ideologica, incapacità di sapersi rapportare alle persone e alle circostanze in maniera concreta e equilibrata. Ad aggravare il tutto l’austerity, il disavanzo e le vicende giudiziarie.
I risultati sono sotto gli occhi. Roma sprofonda, con gli zingari e la criminalità che fanno da padroni, l’immigrazione ingestibile e tanti altri interminabili problemi. Sono assolutamente certo che il sindaco dica la verità quando afferma di essere sotto il mirino mediatico perché ostile a potenti lobby.
Marino è onesto perché sicuramente integerrimo ma anche, e a mio avviso soprattutto, perché “al di sotto di ogni sospetto”. Dubito fortemente infatti che il sindaco di Roma, con la sua alterigia professorale e la sua vocazione ai massimi sistemi, sappia rapportarsi ai poteri leciti o illeciti che siano.
Non è un titolo di merito. Se a mio parere il primo cittadino capitolino non è capace di manovrare le forze in campo per costruire una città più ordinata e moderna, non è neanche un Don Chisciotte che sfida le forti lobby e che per la sua indole nobile, sia pur perdente, merita rispetto; Marino è semplicemente un Rain Man della politica, o meglio una persona che presa dal suo narcisismo, anche ideologico, è incapace di un vero contatto con la realtà e conseguentemente non sa agire su di essa.
Il suo problema alla fine però politico,ma di ruolo e di scena. I romani agli incapaci sono abituati dai tempi di Caligola , ma sulla arena non transigono. Come ai tempi in cui chiunque poteva esibirsi all’Ambra Jovinelli Marino, sfiatato primo attore , raccoglie fischi, pernacchie e noccioline perché i suoi concittadini lo considerano uno stralunato e stonato dilettante forestiero allo sbaraglio, non un mattatore con il sangue loro. Questa è Roma dai tempi di Nerone imperatore, la realtà è niente, il Circo tutto.
(*) Giornalista Pubblicista – Vicecaporedattore Informazione Quotidiana
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