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Maria  è un nome da donna

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Maria  è un nome da donna

Luigi Pellegrini Editore pubblica la prima opera di Vincenza Cavallaro, nella forma del diario e quindi del linguaggio diretto in prima persona, in cui la scrittrice dà corpo ed anima al suo elaborato, scegliendo un tipo di scrittura meno burocratica, ma persuasiva, diretta, semplice e lineare ( nella semplicità del testo, dei periodi accurati e ben punteggiati, occupano uno spazio i termini meno usati, quelli che non conoscono tutti se non abituati alla lettura); nella seconda parte del libro , invece, dà inizio ad un racconto per capitoli, tipico della narrativa.

Maria  è un nome da donna ha per protagonista Sofia, un’abitante di Roccaforte, in Sicilia, si tratta di una ragazza adolescente e donna poi, che riesce a conciliare la vita da ragazza spensierata con quella di donna matura : anche Roccaforte risente della guerra appena scoppiata in Italia, a causa degli scontri in tutta Europa e in Africa del Nord, che si sono perpetrati per molti anni, lasciando l’Italia in balìa del Duce ( la crisi democratica portò al ritorno della dittatura , e l’invasione degli americani in Italia destabilizzò l’economia e l’armonia del paese, aspetti ridotti ai minimi termini).

Sofia vive all’ombra, non riesce a capire veramente  di essere in guerra, o meglio non pensa alla cosa, sebbene i suoi genitori abbiano istruito il nucleo familiare sulle precauzioni da adottare, in caso di allarmismo in paese.

Sofia esce, incontra gente, conosce nuovi amici, in particolare Maria ( viene chiamato così dalla sorella Monica, ma il suo nome è Giammaria),per cui il titolo del libro nasce da una domanda spontanea posta da Sofia a mò di interrogativo: “ Maria  è un nome da donna”.

La figura di Maria accompagna la vita di Sofia, intrecciandosi a quella di altre vite, come la spassosa Ginevra-amica di Sofia, di Monica-ragazza estroversa e vivace dal passato orrido, o come Maryam-ragazza egiziana che leggerà il diario di Sofia « un diario che trova dopo la morte dei suoi genitori, avvenuta a causa della guerra, da cui lei ne uscirà stravolta e sconfitta».

L’autrice sembra suggerire che le cose avvenute siano “atti umani”, nella misura in cui la ferocia e l’efferatezza di una guerra possono renderci carnefici o vittime, ed anzi è forse questa la nostra reale natura. Maryam, infatti, segue la strada del bene, sebbene si trovi difronte ad un bivio imprescindibile  ( doveva scegliere se seguire il piano strategico e terroristico, suggerito da un uomo che si era legato a lei o seguire se stessa, il suo cuore e i suoi ideali di donna “integra ed intelligente”, e soprattutto umana).

Quando riuscirà a svegliarsi dal sonno profondo e dal dolore, a cui si era aggrappata per nascondere la sua triste vita -a cui ciascuno di noi può essere sottoposto, perché le cose brutte possono succedere. Ebbene, per quanto possa sembrare strano, questi sentimenti complessi e contrastanti della natura intima di  Maryam offrono una struttura estremamente compatta ed omogenea, su cui poggiare le basi del racconto.

La ragazza egiziana, sbarcata in Italia in condizioni disumane, decide poi di non partecipare all’attentato terroristico,senza pensare alle conseguenze del suo rifiuto: la complessità del racconto si traduce in un incontro inaspettato, sublime e fervido di colori ed  emozioni, un vero richiamo alle sensazioni, ai profumi, alle brezze emotive di una vita che verrà, nonostante tutto. Inoltre si percepisce l’intensità narrativa, che risiede nell’abilità dell’autrice di cambiare prospettiva, passando dalla prima alla terza persona, con l’intento di attribuire un ruolo primario all’umanesimo, simbolo del rispetto nei confronti dell’uomo, della pace e dell’intelligenza emotiva, che può subire delle variazioni a seconda del vissuto dell’individuo.

a cura di Matteo Spagnuolo

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