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Inps. Con pandemia -2,8% occupati.

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Da qualunque prospettiva lo si analizzi, il 2020 è caratterizzato da una brusca caduta del fabbisogno di lavoro: ad una riduzione degli occupati del 2,8% si affianca un calo delle unità di lavoro del 7,1% e delle ore lavorate del 7,7%, a suggerire una riduzione allargata del contributo lavorativo. E’ quanto rileva l’Inps nel suo XX Rapporto annuale. Una parte, spiega se pur ridotta anche a seguito del blocco dei licenziamenti, ha perso il lavoro, ma molti hanno lavorato e guadagnato meno. Il lavoro dipendente prima della pandemia aveva recuperato i livelli del 2007 in termini di occupati (+3,5%) ma non in termini di ore lavorate (-1,7%) anche per la continua crescita del part-time; con la pandemia si registra una riduzione degli occupati (-2,1%) e delle ore lavorate (-6,9%). Per il lavoro indipendente gli indici si presentano tutti negativi. Tra il quarto trimestre 2019 e il primo trimestre 2021 la contrazione per gli occupati è pari a -5,1% e per le ore lavorate -9,8%. Con blocco si dimezzano licenziamenti, salvati 330mila posti di lavoro I posti di lavoro preservati con il blocco dei licenziamenti nel periodo marzo 2020-febbraio 2021, rispetto alla fisiologia del mercato del lavoro, possono essere valutati in circa 330mila e per oltre due terzi riconducibili alle piccole imprese, quelle fino a 15 dipendenti. Nei 24 mesi antecedenti la pandemia il numero medio annuo di licenziamenti, al netto di quelli disciplinari è stato pari a 560mila. Tale numero più che dimezza, 230 mila, nei dodici mesi tra marzo 2020 e febbraio 2021. Si tratterà ora di vedere “come evolverà tale saldo – ha spiegato l’Istituto – al seguito della rimozione del blocco dei licenziamenti. Va tenuto conto che negli anni precedenti la pandemia i licenziamenti di natura economica superavano il mezzo milione all’anno, a fronte tuttavia di una dinamica positiva di assunzioni”. -1000 euro retribuzioni annue, salgono per PA Gli eventi del 2020 hanno inciso pesantemente sulla dinamica delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti: la retribuzione media annua è scesa da 24.140 euro nel 2019 a 23.091 euro nel 2020, -4,3%, corrispondente a una perdita di poco più di 1.000 euro si legge ancora nel Rapporto, in cui spiega che tale contrazione è l’effetto della riduzione media delle settimane lavorate. La pandemia infatti non ha ridotto il numero assoluto di assicurati quanto il numero medio di settimane di effettivo lavoro: dal valore di 42.9 settimane nel 2019 si è scesi a 40.1 nel 2020. E ciò corrisponde ad una contrazione dell’input di lavoro pari al -6.5%. Più contenuta la flessione delle retribuzioni degli operai agricoli pari al -1,9%. I dipendenti del settore privato hanno invece lavorato full time per l’intero anno: in questo caso le retribuzioni sono cresciute da 32.668 a 36.448 euro (+11,6%). Questi due dati sono indicativi di una tendenziale divaricazione all’interno del lavoro dipendente, come conseguenza di una crescente precarizzazione. Pensioni. Spesa rallenta ma in rapporto occupati +70% “In rapporto al contesto macroeconomico la dinamica della spesa pensionistica si caratterizza per un rallentamento della crescita a partire dal 2014. Tuttavia, il rapporto tra numero di pensionati e occupati si mantiene su un livello che è tra i più elevati nel quadro europeo. Inoltre, il rapporto tra l’importo complessivo delle pensioni, in termini nominali, e il  numero degli occupati è cresciuto del 70% tra 2001 e 2020”. Lo ha sottolineato il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, illustrando la relazione annuale dell’istituto rimarcando che nella spesa pensionistica c’è una componente assistenziale la cui individuazione “può modificare significativamente analisi e posizionamento in chiave comparata con gli altri Paesi europei”. “Va allargandosi area lavoro atipico” “Va allargandosi l’area del lavoro atipico, dove l’attività di vigilanza ispettiva è più complessa. Lo sviluppo delle tecnologie digitali accompagnato alla diffusione di massa di apparecchi di telefonia mobile e smart ha portato alla nascita di una nuova tipologia di servizio online. L’Inps ha studiato, insieme ad Inail, un sistema per poter garantire ai cosiddetti gig-worker le tutele previdenziali ed assicurative che caratterizzano il rapporto di lavoro in Italia, attraverso una piattaforma centralizzata. Essa permette la corretta gestione delle informazioni legate alle posizioni previdenziali ed assicurative dei rider e sulla tracciabilità prevista dalla normativa sui rapporti di lavoro in Italia”. “Per la  quantificazione dei working poor, identificati come coloro che nell’anno hanno un reddito da lavoro non nullo ma guadagnano meno del 60% del reddito mediano la percentuale di poveri da lavoro osservata negli archivi Inps è pari al 26% nel 1990 e sale al 32,4% nel 2017”. Reddito cittadinanza: per molti leva contro regressione in povertà assoluta “Il principale obiettivo del RdC, che è un reddito minimo a tutti gli effetti, rivolto anche ai lavoratori (un quarto dei percettori ha un lavoro), è il contrasto alla povertà. La occupabilità dei percettori di RdC, purtroppo, è molto scarsa. Un gran numero di percettori di RdC/PdC – una misura la cui erogazione è pari in media a 552 euro per intero nucleo familiare – è costituito da minori (1.350.000), disabili (450.000), persone con difficoltà fisiche o psichiche non percettori di pensioni di invalidità, oltre a circa 200.000 percettori di PdC. Soprattutto per essi la misura è stata un’ancora di salvataggio, uno strumento di inclusione sociale prima di tutto, una leva contro la regressione nella povertà assoluta” sottolinea il presidente di Inps, Pasquale Tridico. –

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