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“Giovanissima e immensa”, si parla di Giuseppe Guarino e dell’Europa del Fiscal Compact.

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“Giovanissima e immensa”. Ritratto della nostra società alle soglie del new normal.

Libro di Achille Colombo Clerici ediz. Casagrande Lugano Milano. Interviste di Antonio Armano.  Nelle librerie da Natale.

Anticipiamo uno stralcio del libro in cui si parla di Giuseppe Guarino e dell’Europa del Fiscal Compact:

Il campo delle cento pertiche.

L’altr’anno l’illustre giurista Giuseppe Guarino, già ministro del governo italiano nell’1987 e nel 92/93, denunciava la illegittimità del Fiscal Compact nei termini rigidi in cui lo stesso è previsto.

Cioè del patto di stabilità contenuto, in seguito a una serie di recepimenti – di trattato in trattato – in quello finale del 1-2 marzo del 2012, sottoscritto dal ministro dell’Economia ad interim Mario Monti, il cosiddetto Fiscal Compact.

L’illegittimità deriverebbe dal fatto che il principio generale contenuto nel trattato di Maastricht istitutivo dell’Unione nel 1992 (che prevedeva una certa flessibilità ove fosse necessaria in funzione della crescita economica) sarebbe stato irrigidito da una norma di valore regolamentare, neppure ratificata dal Parlamento italiano: senza che quella norma lo potesse fare.

Voglio ricordare che quel trattato fu sottoscritto dall’Italia, rappresentata da Giulio Andreotti, Primo ministro, da Emilio Colombo e da Guido Carli, il 7 febbraio del 1992, dieci giorni prima che scoppiasse Tangentopoli, e che venne approvato dalla Camera dei Deputati italiana il 29 ottobre dello stesso anno nell’indifferenza totale del mondo politico, che evidentemente aveva altri problemi ai quali por mente.

In particolare, sulla base di quel Trattato, per quanto concerne il vincolo europeo al limite di indebitamento del 60% del Pil e all’aumento del deficit a non oltre il 3% del Pil, l’Italia sarebbe tenuta al rispetto non in termini assoluti, ma solo se non si dimostri incompatibile con esigenze eccezionali e temporanee di crescita economica che potrebbero giustificarne una deroga.

Le esigenze eccezionali sussisterebbero in ragione del fatto che la crisi economica che stiamo attraversando ne sostanzia i presupposti.

A causa di questo vincolo inteso in senso assoluto, che appunto impedisce la crescita, in quanto limita le possibilità di investimenti strutturali, l’Italia, costretta ad aumentare in modo spropositato i carichi fiscali, rischia di precipitare in una spirale depressiva.

Guarino ha scritto anche un libro, per illustrare la sua tesi, per invitare quanto meno i nostri governanti a farsi illustrare da Bruxelles in forza di quale disposizione scatterebbe la rigidità; tanto per rendersi conto del problema.

Nessuno gli ha risposto, nessuno l’ha smentito, nessuno si è presa la briga di chiarire; al di qua e al di là dei patrii confini. La sua è rimasta vox clamantis in deserto.

Nel frattempo, in una confusione di competenze – si tratta, nel caso del Fiscal Compact 2012, di una normativa che discende da un trattato e quindi non appartiene all’ordinamento dell’Unione, tanto che se ne prevede il recepimento in quest’ultimo –, di dichiarazioni di intenti da parte dei vari Stati membri, con il Parlamento europeo contrario, che non può tuttavia pronunciarsi in merito, regna la più assoluta incertezza sul se e sul quando circa la sua applicazione, la cui violazione potrebbe comportare serie conseguenze, per lo scattare delle clausole di salvaguardia e delle sanzioni.

Nel frattempo, in ottemperanza a quanto prescritto dai patti del trattato, il 17 aprile del 2012 è stata approvata in Italia una legge costituzionale che prevede il pareggio di bilancio nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea. Ma il 10 maggio del 2017 la Camera dei Deputati ha approvato una mozione nella quale, tra l’altro, si impegna il governo a opporsi alla incorporazione del Fiscal Compact nell’ordinamento giuridico della UE entro il primo semestre del 2019, come previsto. Ci sentiamo «tra color che son sospesi».

Viene in mente, al proposito, l’analisi sulle cause della decadenza del Regno di Napoli, fatta da Benedetto Croce che attribuisce alla classe avvocatesca e alla burocrazia, dilatata a dismisura nel Seicento in quella città,la maggior responsabilità nell’aver creato una perniciosa confusione di linguaggi, di cause, di distinguo, di arzigogoli giuridici.

Anche oggi siamo in una situazione di fumosità irreale degna del miglior Kafka.

Maurizio Gasparri,  Giuseppe Guarino, Corrado Sforza Fogliani, Giorgio Spaziani Testa, Achille Colombo Clerici

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