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BOLOGNA E MARINEO LEGATE DALL’ARTE.

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LETTO DA PAOLO BATTAGLIA LA TERRA BORGESE IL CASTELLO “PEDAGOGO” DI ELIO CORRAO, LA MOSTRA CHE UNISCE BOLOGNA A MARINEO

INTERPRETATA DAL CRITICO D’ARTE PAOLO BATTAGLIA LA TERRA BORGESE E COMMENTATA DAL PROF. TOMMASO ROMANO E DALL’ASS. ALLA CULTURA PROF. CIRO SPATARO SUSCITA GRANDE INTERESSE A MARINEO LA MOSTRA DEL MAESTRO ELIO CORRAO INTITOLATA CASTELLO “PEDAGOGO”

ecco il testo integrale della critica di Paolo Battaglia La Terra Borgese all’artista siciliano

Particolarmente in momenti economicamente complessi come quello attuale, la produzione culturale esprime significati sostanziali all’aggregazione umana.

734 anni fa, nel lontanissimo anno 1282, in periodo pasquale, a seguito della continua tirannia francese, i siciliani davano vita alla rivoluzione nota come Vespro siciliano. La prima memoria tangibile è rappresentata qui a Marineo dalla più importante costruzione: il Castello angioino ad opera di Carlo D’Angiò successivamente ricostruito nel XVI secolo da Francesco Beccatelli. È doveroso ricordare che la Bandiera siciliana fu creata unendo il rosso di Palermo e il giallo di Corleone, prime due città a capitanare la scacciata degli spietati francesi dall’isola. I colori vennero sormontati dalla Triscele con tre gambe, millenaria allegoria dell’isola stessa, mentre invece la faccia della “Medusa”, prima accerchiata da serpenti, fu ridisegnata con spighe di grano attorno con l’ufficializzazione del drappo della regione autonoma siciliana. Vecchia o nuova versione, la bandiera rimane, insieme a quelle di Sardegna e Scozia, tra le più antiche al mondo ancora oggi utilizzate e racchiude in essa la fierezza del suo popolo!

Dalle sperimentazioni artistiche di Elio Corrao che adagiano l’accento sull’azione diretta, decifrata quale rapporto dinamico con le cose e con l’ambiente, si spiega, tra i progetti portati avanti dal Maestro, questa mostra di arte comportamentale, omaggio al Comune di Marineo, intitolata Castello “Pedagogo”.

Balaustre; gradini per salire o scendere da livelli diversi; dedali molto complessi e difficili; giochi di pennelli consistenti nel trovare il percorso di uscita in un disegno raffigurante un intrico di vie e situazioni; lastre di vetri che riflettono la luce e le immagini porgendo visioni diverse di uno stesso ambiente o soggetto; genitali: esseri umani quali semi di una prossima fioritura; prodotti dell’industria; nature; ponti; simboli e poi mari; fiori; donne; colline e ancora case; boschi; sesso e, ricorrentemente, la sua figura maschile. Tutti come strumento esegetico dal carattere interpretativo e mai circoscritto, perché neanche una volta Corrao intende un suo dipinto quale opera finita. È l’uomo del dubbio, tutt’altro che forte, umile e discreto, è colui che cerca attraverso l’osservazione terza l’arricchimento delle sue opere infinite, la spiegazione che non trova. Sì, opere infinite, sempre pronte al dialogo, all’apporto esterno. Un tempio interiore in costruzione, dove ogni spettatore aggiunge un mattone contribuendo all’opera senza limiti, sempre in edificazione, quale buon esempio di ammaestramento al bene.

Chi è dunque il Maestro Elio Corrao? È uno che cerca. Passa di esperienza in esperienza, dalla misticità alla carnalità e non pensa immutabile nessuna acquisizione, perché ciò che va bramato è il sapere universale, il misterioso tutto la cui ricerca l’Artista veste coi mille volti cangianti dei suoi colori.

Le opere sono caratterizzate dalla coerenza e da una personalissima concezione artistica dimostrata dall’architettura dei suoi quadri: dinanzi alla tela Elio comincia a predisporre i suoi dipinti e solo poi qualifica gli oggetti. L’obiettivo è creare nuove forme, diverse da quelle esistenti degli oggetti reali. Lavora con gli elementi dello spirito spinto dall’immaginazione. Concretizza ciò ch’è astratto. Il segno restituisce l’oggetto senza imitare la realtà e quando i colori sono divenuti oggetti coordina l’insieme in una nuova qualità e condizione di ciò che è reale, procedendo dal generale al particolare.

Alcune spettacolari opere del Maestro Corrao denunciano il passaggio e la ricerca dell’arte attraverso il Cubismo. In questi dipinti il Maestro parla un linguaggio cubista per enfatizzare la superficie bidimensionale del piatto pittorico e rigetta l’idea per la quale l’arte deve duplicare la realtà. Egli presenta al fruitore non l’aspetto ordinario e finito degli oggetti ma i loro frammenti mostrati da più parti contemporaneamente. Talvolta l’artista ritrae sia lo spazio interno che quello esterno, usando il metodo della cornice di una finestra aperta, o di una vetrata, per separare ma anche per unire. È una luce misteriosa che Corrao fa percepire nel colore per invigorire la duplice qualità della separazione e dell’unione, colora cose quotidiane, la cui ordinarietà sottolinea la qualità extra-ordinaria del loro processo. Fra le macchie, i tratti e le linee – secondo la volontà di Corrao – il colore è reso puro in quanto scevro da ogni riferimento alla realtà, e perfino il volume e la profondità sono negati per esservi assoggettati. I cromatismi del Maestro sono dunque liberi ancorché le composizioni restano rigorose alle interpretazioni date.

 

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