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AMMINISTRATIVE 2016- MANIFESTO ASSOEDILIZIA PER MILANO.

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2016

Elezioni Amministrative

MANIFESTO ASSOEDILIZIA PER MILANO

Spunti di riflessione per una conversazione su Milano

Assoedilizia

Assoedilizia-Associazione Milanese della Proprietà Edilizia, è in Italia la più antica (costituita nel 1894), la più rappresentativa e la più radicata nel territorio fra le organizzazioni dei proprietari di immobili. Nel 1916, con altre associazioni locali, ha costituito Confedilizia. Coordina la Federazione Lombarda della Proprietà Edilizia, presente in tutti i capoluoghi di provincia e nelle città principali della Regione con 29 tra associazioni locali e delegazioni. Solo a Milano conta 8.000 associati tra cui 1.200 investitori istituzionali nell’immobile – banche, compagnie di assicurazione, enti, società immobiliari – e 2.700 amministratori di condominio. La sua sfera di influenza si estende ad oltre 100.000 famiglie. Nel Direttivo risultano alcuni fra i maggiori esponenti del mondo della proprietà immobiliare milanese ed italiana. E’ presieduta dall’avv. Achille Colombo Clerici, che è anche vicepresidente di Confedilizia e presidente di Federlombarda – Federazione Lombarda della Proprietà Edilizia.

Rappresenta sindacalmente e assiste il piccolo proprietario come la grande società immobiliare, l’ investitore-risparmiatore immobiliare, a livello legislativo, giurisprudenziale, amministrativo, nei settori, locativo, condominiale, sindacale, fiscale, assicurativo, catastale, tecnico-edilizio, urbanistico, patrimoniale e di diritto societario, estendendo la sua sfera di azione al vasto campo delle problematiche che riguardano la proprietà edilizia; offre consulenza sulle norme di sicurezza, sugli impianti elettrici e termici-riscaldamento, di allarme e antintrusione, rumori e vibrazioni. Fornisce consulenze riguardanti i collaboratori domestici, autisti, giardinieri, portieri di stabili ed altro personale, oltre ad offrire servizi di gestione paghe e contributi per i suddetti lavoratori.

Assoedilizia interviene inoltre sui temi che riguardano il perseguimento di una efficiente politica abitativa; la protezione e la tutela dell’ambiente, il decoro urbano, lo sviluppo delle infrastrutture e dei servizi, la sicurezza nella città e nella casa e la sicurezza della casa.  Opera in stretto contatto e collaborazione con Governo, Regione, Comuni, enti, organizzazioni, istituzioni private e pubbliche anche attraverso convegni, conferenze e comunicati stampa, studi e ricerche, interventi legislativi, rubriche su organi di stampa e radiotelevisive nonché ogni altra attività utile al bene comune rappresentato dal vivere la città e nella città.

Profilo del Sindaco

Assoedilizia ritiene che obiettivo principale del Sindaco di Milano sia operare perché la città prosperi nell’ottica di un costante futuro progresso e di una gestione oculata del quotidiano, da buon pater familias, nella consapevolezza che, se una città prospera, meglio può affrontare tutti i problemi della amministrazione pubblica: cultura, sicurezza, formazione dei giovani, assistenza e salute, accoglienza, vivibilità ambientale, opportunità di socialità e di lavoro, traffico e trasporti.

Ma il Sindaco deve avere anche e soprattutto la piena coscienza che Milano da oltre un secolo anticipa i cambiamenti del Paese, ne è la capitale economica, culturale, sociale, e rappresenta l’aggancio più forte dell’Italia intera all’Europa Unita.

Con il nuovo assetto istituzionale di “città metropolitana” gode oggi di una maggiore forza, a livello nazionale ed internazionale. Ma essa non può essere semplicemente la trasformazione della vecchia “Provincia” con un nome nuovo.

Occorre uscire dalla logica della città centrale per assumere quella di territorio. Immaginare, a esempio, Milano come Londra, Parigi, Shanghai e Francoforte che sono delle vaste aree metropolitane al cui centro c’è la città che le dà il nome. La città metropolitana deve inoltre costituire il livello istituzionale più appropriato, oltre che per realizzare una migliore organizzazione dei servizi, per attuare nel modo più efficace ed equo la fiscalità e l’urbanistica.

Il sindaco deve conoscere le dinamiche europee ed internazionali anche finanziarie per cogliere le migliori opportunità (agganciandosi anche alla programmazione europea per beneficiare dei relativi finanziamenti) per la nostra città e deve saper governare la relativa complessità. In tema di giovani, deve, coordinando le eccellenze già esistenti, poter rafforzare le condizioni per formare una nuova classe dirigente atta a guidare le sorti non solo cittadine, ma dell’intero Paese. Lanciamo o, se già esiste, potenziamo un programma “Erasmus” a livello nazionale con vertice nella nostra città in modo tale da trarre giovamento dal volano di Expo 2015

Legge speciale per Milano

Milano ha caratteristiche uniche in Italia e meriterebbe perciò una “legge” speciale simile a quella riservata alla capitale politica, in grado di consentire alla metropoli di sviluppare autonomamente tutte le proprie notevoli potenzialità. Va quindi rafforzata l’identità di Milano – fatta di cultura, storia, sette università, strutture sanitarie, ricerca, moda, design, comunicazione, turismo, industria, – nei  rapporti internazionali e nei rapporti interni nazionali.

La cultura dell’efficienza si riflette anche in settori impensabili come l’agricoltura: Milano è qualitativamente, nel settore, ai primi posti in Europa nella cosiddetta green economy.

Sul piano istituzionale si impone una rinegoziazione dei rapporti con lo Stato, in primis in campo fiscale.

Milano ha il residuo fiscale più alto d’ Italia: ogni cittadino dà allo Stato, ogni anno, oltre 3.000 euro in più di quanti ne riceva. E’ un insostenibile sbilanciamento del rapporto fra contribuente milanese e contribuente italiano a sfavore del primo. La rinegoziazione in campo fiscale agevolerebbe il rientro, già in atto, del debito di Milano di poco inferiore ai 4 miliardi: una politica in tal senso libererebbe risorse utili per investimenti e servizi.

Vanno propiziate le politiche per la competitività della città. A cominciare dal turismo, la nostra principale “industria invisibile”. Dobbiamo conquistare all’estero i grandi flussi turistici emergenti dai paesi orientali e favorire la realizzazione di un’area di ricettività alberghiera di medio livello in grado di accogliere il turismo di massa, adeguandola alle esistenti ed efficienti strutture ricettive dei visitatori d’affari e di alto livello economico.

Milano deve inoltre sperimentare modalità di confronto tra pubblico e privato con un piano strategico di lungo periodo. Attuare un progetto operativo capillare ed efficiente di digitalizzazione. Rendere le periferie i luoghi di eccellenza del rinnovamento.

La questione abitativa

Ma è la questione abitativa una delle priorità di Milano. Decine di migliaia di famiglie meno abbienti sono prive di un alloggio dignitoso. Bisogna potenziare l’offerta pubblica sollevando i privati, finora i soli che rispondono alla domanda, da un onere sociale che non è loro addebitabile. Utilizzare a tale scopo i tanti immobili edificati e finora invenduti. Recuperare il patrimonio immobiliare dismesso evitando il consumo del territorio. Per chi invece la casa ce l’ha, è necessaria la revisione del regolamento edilizio, attraverso la soppressione del fascicolo del fabbricato ed il superamento del collaudo obbligatorio degli edifici, nonché del meccanismo deterrente previsto in caso di inoccupazione degli immobili.

Infine, ma non per ultimo, i milanesi chiedono più ordine in certe strade di grande flusso, soprattutto nel centro (non solo il quadrilatero ha diritto di presentarsi in ordine agli occhi dei visitatori); di limitare i fenomeni che producono l’immagine di una città-suk: presenza di strimpellatori e di musicanti da strada che usano amplificatori senza limiti di potenza, il degrado degli imbrattamenti dei muri, il volantinaggio e la movida selvaggia, gli accattoni che dormono sotto i portici e addirittura davanti alle vetrine dei negozi. L’uso della bici, di per sé lodevole se rispettoso dei pedoni, non dev’esser un mito che consenta qualsiasi abuso.

Politica nazionale della casa

La politica della “prima casa in proprietà a tutti” ha prodotto guasti gravissimi. Nel 1997, anno del decentramento regionale dell’Erp-Edilizia residenziale pubblica, c’erano 650.000 famiglie in disagio abitativo, oggi sono oltre 1,7 milioni. L’housing sociale dei fondi immobiliari cofinanziato dalla Cassa depositi e prestiti ha realizzato 3.480 case su circa 22.000 in progetto.

Ma i guasti non si fermano qui. L’Italia è un Paese ingessato in quanto l’altissima percentuale dei cittadini proprietari, la più elevata tra i Paesi avanzati – solo il 17% alloggia in locazione –  è la causa principale della ridotta mobilità abitativa: proprio in anni nei quali bisogna rincorrere il lavoro là dove c’è. Ma non è facile se prima si deve vendere la casa e acquistarne un’altra nel luogo di destinazione.

L’abnorme percentuale di alloggi in proprietà va contro l’ammodernamento del Paese perché costituisce un freno ai processi di trasformazione socio-economica (ad esempio, processi di ristrutturazione di aziende ed imprese); e va contro l’ammodernamento delle città. Il condominio è il soggetto meno dinamico fra tutti.

Ma politica della casa praticata in decenni nel nostro Paese ha portato all’irrilevanza sul piano economico e fiscale di buona parte del patrimonio abitativo italiano.

Sotto l’aspetto fiscale gli immobili abitativi sono passati in cinquant’anni dal regime di assoggettamento, al regime di indifferenza fiscale. Prima oltre il 40% delle case produceva reddito imponibile. Ora, dopo l’abolizione di Imu e Tasi, meno del 17%. Quanto ai tributi locali li paga solo il 60 % degli immobili in generale ed un terzo di quelli abitativi; sicché solo questi concorrono a finanziare i bilanci dei Comuni ed a pagare i servizi comunali.

Il gettito dell’imposizione fiscale in campo immobiliare è dunque costituito dai tributi sulle locazioni abitative e non abitative (le uniche a pagare le imposte dirette), sulle seconde case al mare e ai monti, sugli immobili commerciali. Tale squilibrio nella tassazione immobiliare (che, secondo i parametri internazionali dell’Ocse, dell’Eurostat è valutata in termini di gettito fiscale complessivo del settore) si è tradotto in un carico abnorme della fiscalità sugli immobili commerciali e su quelli dati in locazione; che sono peraltro gli unici a determinare il corso del mercato immobiliare. Inoltre. Senza la locazione non si dà lavoro a mediatori, ad artigiani, a ditte di trasloco, mobilieri, imbianchini etc.

Un tempo si diceva: la vostra casa si va rivalutando, è il vostro salvadanaio. Ora non avviene neppure questo. Dal 2008 la casa ha perso mediamente il 25-30% del valore con punte del 40%.

Dal punto di vista economico il meccanismo virtuoso sta nella locazione, la quale produce imposte erariali (oltre che pagare i servizi comunali). Con quelle si potrebbe far funzionare la macchina dell’edilizia popolare: nuove case e ristrutturazione delle vecchie.

L’azione del nostro Stato in tema di locazione si è finora tradotta in palliativi: ad esempio, il più rilevante, il meccanismo dei differenziali fiscali, premiando i contratti concordati in cambio di canoni di locazione più bassi e spesso fuori mercato in modo da andare incontro alle esigenze abitative delle fasce meno abbienti.

Meccanismo questo certamente virtuoso sul piano sociale, ma non altrettanto sul piano economico, per evidenti ed intuitive ragioni. Non produce quindi un solo euro di nuovi investimenti nella locazione residenziale. E ingenera una profonda sfiducia dei risparmiatori verso l’investimento immobiliare con conseguente crisi del mercato.

Achille Colombo Clerici Assoedilizia
Achille Colombo Clerici Assoedilizia

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